Evelyn è una delle letterate più interessanti della fin de siècle italiana, nonostante oggi sia quasi del tutto dimenticata. Di padre irlandese e madre inglese, nacque in Francia come Evelyn de la Touche (la famiglia era scampata alla strage degli Ugonotti nel 1572). Cresciuta bilingue (francese e inglese), studiò in Inghilterra e si trasferì in Italia in età adulta. Qui acquisì una conoscenza profonda dell'italiano e divenne narratrice, pubblicista e storica dell'arte in lingua italiana. Nella sua breve biografia della scrittrice (In memoriam, 1920) Tommaso Nediani scrive che le ragioni del trasferimento in Italia vanno cercate nel desiderio di rinvenire tesori artistici dimenticati nelle campagne umbre e toscane. L'incontro con il marito – Piero de' Franceschi Marini, discendente di Piero della Francesca – sarebbe avvenuto in seguito, quando Evelyn si era già da tempo stabilita a Fiesole. Da sposata visse nella bellissima residenza di famiglia a Sansepolcro (il Palazzo delle Laudi, oggi sede del municipio), ma usava trascorrere parte dell'anno anche a Firenze e Roma. Seguendo l'esempio di Enrico Nencioni, si impegnò a divulgare in Italia la letteratura inglese. Oltre a numerosi interventi pubblicati in rivista, fu autrice di due volumi: uno su Tennyson (Le creazioni di un poeta, 1896) ed uno sui poeti e prosatori inglesi dell'Ottocento (Su alcuni poeti e prosatori inglesi moderni, 1900). Molto importante fu il suo lavoro nel campo della storia e critica d'arte tra cui si ricorda uno studio intitolato Piero della Francesca, il monarca della pittura (1912). Fu anche molto attiva come conferenziera presso il Lyceum fiorentino, la Pro-cultura e il Circolo Filologico di Firenze. Collaboratrice regolare della «Cordelia» diretta da Ida Baccini, contribuì anche a «Scena Illustrata», «Vita Italiana», «Natura ed Arte» e «Vita Internazionale» con novelle, rubriche fisse di critica letteraria e bollettini bibliografici. Ida Baccini la ricorda, insieme a Jolanda e Silvia Albertoni, come una delle voci più valide della «Cordelia». La sua produzione di letteratura per l'infanzia comprende i volumi Il re Intelleto (1894) e Gli Dei dell'Olimpo (1896).
Come molte letterate del suo tempo, anche Evelyn contribuì al filone delle raccolte di “medaglioni” di donne illustri. Il suo Figure d'arazzo (1898) abbraccia un arco di tempo dal medioevo alla contemporaneità. Il libro contiene in tutto ventisei ritratti, tra i quali quello di Chiara D'Assisi, Olimpia Fulvia Morata, Vittoria Colonna, Madame de la Rochefoucault, la Regina Vittoria, la contessa de Ségur.
La sua opera più notevole è una raccolta di racconti e brevi saggi intitolata Acquerelli: Figure e paesaggi (1893). La prima sezione, Figure, si compone di ritratti grotteschi sullo sfondo della provincia italiana negli anni dell’unificazione; la seconda, Paesaggi, contiene descrizioni di luoghi, monumenti, oggetti d’arte e oggetti comuni a metà tra il saggio estetico e la pagina di bedecker. In entrambe le sezioni dell’opera si sente forte l'influenza dell'estetismo gotico vittoriano e soprattutto di Walter Pater e Vernon Lee. Nella prefazione alla raccolta, Ida Baccini ne apprezza l'umorismo e soprattutto l'assenza di sentimentalismo:
«Qui, non sdilinquimenti di passioni poco comprese o... troppo; qui, assenza totale di ragazze isteriche o poetesse. E, in compenso, una serena percezione degli uomini e delle cose, il sentimento vero e vivo della natura, un culto reverente per le grandezze artistiche di questa nostra bella Italia (che Ella, gentile straniera, ama con affetto di figliola); e finalmente diffuso a piene mani quell'amabile humour, segreto prezioso dei compatriotti del Dickens e che sotto la sua penna, o buona Evelyn, non diventa mai sarcasmo o ironia. [...]» (pp. IV-V).
Ciò che rende Evelyn molto speciale nell'ambito della letteratura italiana del suo tempo è proprio il suo translinguismo, il trovarsi all'incrocio di due culture diverse:
«Debbo dirle, gentile Professore, che, come avrà già indovinato, io non sono italiana, ma inglese, sono nata in Francia, educata in parte a Parigi in parte a Londra, ed infine maritata molto felicemente ad un italiano! L’insieme, com'Ella vede, è assai cosmopolitano! Del resto, ho sempre vissuto in un ambiente assai individuale, cioè in mezzo all'arte ed ai libri, [...] e soltanto da pochi anni ho preso il coraggio a pubblicare in italiano, lingua che mi è ormai cara e familiare come l'inglese e il francese[1] .»
È la scrittrice stessa dunque, con queste parole indirizzate all'amico, mentore nonché amante Angelo De Gubernatis a cogliere l’essenza di questa complessa identità che si riflette in ogni sua opera.
NOTE
1. Lettera di Evelyn ad Angelo De Gubernatis, 9 agosto 1894 (Fondo Angelo De Gubernatis, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Sala Manoscritti, Cassetta 57).
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Giovanni Canevazzi, G. Canevazzi, Evelyn de la Touche, in Profili di scrittrici italiane, Lazzeretti, Lecce 1897, 185-198
Cristina Gragnani, Il caso Evelyn, in Sottoboschi letterari: Sei case studies tra Otto e Novecento. Mara Antelling, Emma Boghen Conigliani, Evelyn, Anna Franchi, Jolanda, Flavia Steno, Firenze University Press, Firenze 2011, pp. 55-83
Roberta Masini, Nel mondo femminile di Angelo De Gubernatis: la sua corrispondenza intima, in A. Contini e A. Scattigno (a cura di), Carte di donne: per un censimento regionale della scrittura delle donne dal XVI al XX secolo, Edizioni di Storia e Letteratura, Firenze 2007, pp. 145-159
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2018