«Nessuno, credo, dubita, nel dubbio generale che avvolge come nebbia asfissiante ogni attività femminile, che la donna non sia nata per l'arte […] È insomma artista! […] La donna dipinge sovente, ma purtroppo facilmente si accontenta e, nel discredito generale che la circonda, ha già abituato il suo amor proprio a piegare. […] Non è ora il tempo di ritenere necessaria una sostanziale differenza fra il modo di educare l'uomo e la donna ed il contatto con l'attività. […] Non più Cenerentole!»[1]
Con queste parole Carla Celesia di Vegliasco relazionò sulla figura della donna artista al primo Congresso delle Donne Italiane, tenutosi a Roma nel 1908.
I suoi toni decisi non tradivano la sua eleganza e svolse un ruolo di rilievo in ambito sociale, politico e culturale. Il suo contributo è stato offuscato in parte dal suo coinvolgimento con il fascismo: ricevette l'incarico di commissario per l'esame dei programmi nelle scuole professionali femminili. Carla Celesia come altre nobildonne culturalmente impegnate si illuse che una partecipazione attiva alla “rivoluzione fascista” avrebbe permesso alle donne di conquistare visibilità ed esprimersi in spazi da sempre riconosciuti di pertinenza esclusivamente maschile.
Prima della Grande Guerra fu attiva in diverse associazioni laiche femminili, impegnate nella rivendicazione di maggiore libertà e della parità dei diritti nell'educazione femminile. La sua incessante attività assistenzialista si svolse parallelamente al suo impegno artistico. Fu ricordata prevalentemente per la sua attività politico- organizzativa durante la Grande Guerra, in riferimento alla sua gestione dell'Ufficio Notizie: unico tramite fra le famiglie e i soldati al fronte o prigionieri. Dal 1914 per qualche anno trascurò la pittura a causa del suo impegno nel movimento di mobilitazione femminile, in grande espansione nelle principali città italiane, in vista del conflitto e fu convinta sostenitrice della partecipazione delle donne italiane allo sforzo bellico. Partecipò al dibattito per l'abolizione dell'autorizzazione maritale e per il riconoscimento alle donne del diritto di voto amministrativo e politico.
Nacque a Firenze nel 1868, figlia del generale Emanuele Celesia di Vegliasco; nel 1877 si trasferì a Milano dove frequentò corsi privati di cultura, secondo la prassi prevista per le ragazze provenienti dalle più facoltose famiglie; tra i suoi interessi privilegiò quello della pittura e cominciò a frequentare l'atelier del maestro Carcano[2].
Nel 1911 sposò il nobile Gino Lavelli De Capitani, il quale nel 1940 le dedicò il libro Pensieri, scritti, discorsi, opere di C.C (a cura di G. Lavelli De Capitani), l'unica fonte delle principali notizie biografiche dell'artista. Molto legato alla moglie, dopo la sua morte aprì al pubblico la casa milanese di corso di Porta Vercellina, in cui i visitatori potevano ammirare i suoi dipinti.
Carla trascorse la sua esistenza tra Milano e Collesalvetti, in provincia di Livorno. Due realtà diverse, le quali rivestirono un ruolo importante nella sua esperienza artistica. Milano, uno dei centri più innovativi e dinamici, le offriva opportunità di crescita e di approfondimenti culturali. Il suo impegno sociale la portò ad assumere incarichi di rappresentanza per conto di associazioni femminili come l'Associazione Femminile Lombarda.
La maggior parte della sua produzione destinata ad amici ed illustri parenti, finì nelle lussuose residenze delle più eminenti famiglie, rimanendo poco conosciuta. Collesalvetti divenne il luogo privilegiato dove espresse tutta la sua versatilità artistica. La sua villa fu il salotto più frequentato da personalità artistiche illustri[3]. Il Monumento ai Caduti, realizzato nella località è stato un suo progetto e venne inaugurato nel 1925 per ricordare coloro che persero la vita durante la prima guerra mondiale. La responsabilità artistica della Celesia nella sua realizzazione è poco nota. Il monumento è composto da una scalinata monumentale in due rampe laterali simmetriche. Ai loro lati un muro, il quale mediante delle incisioni, dei graffiti, ricorda le varie fasi della guerra. In cima alla scalinata s'innalza la parte del monumento dedicato ai caduti: su un basamento lapideo poggia un obelisco, sovrastato da un'aquila in bronzo.
Fin dai primi anni del Novecento mostra un grande interesse per il simbolo, consapevole che «il vero con lo scopo verista di rendere quanto tutti vedono, non va più»[4], approderà ad un vero trasfigurato, «a servizio di un'idea, di un sentimento»[5]. Una recente mostra Carla Celesia di Vegliasco protagonista del simbolismo toscano, presso Villa Carmignani di Collesalvetti, ha portato alla luce gli aspetti originali e autentici della sua ricerca. Pur lavorando su generi ritenuti “tipicamente femminili” legati agli ambiti domestici (fiori, giardini, scene di vita famigliare, ritratti) gli ingredienti simbolici e formali rendevano originale la sua pittura, anticipando le sperimentazioni di molte colleghe e colleghi che si affermarono durante gli anni Trenta, in un senso piuttosto lontano da quel “ritorno all'ordine” tanto caro all'estetica fascista. La sua residenza livornese, la Villa il Poggio, ha fatto conoscere un'ulteriore evoluzione della sua pittura: un ciclo pittorico di affreschi, risalenti al 1924, riproduce quelli del cimitero monumentale di Pisa. Percorrono ogni stanza, ogni soffitto, ogni muro e sono finalizzati a far riflettere sui temi dell'esistenza[6]. Alcuni esperti hanno intravisto in questa sua opera pittorica monumentale la testimonianza della sua avvenuta adesione, durante gli anni venti, al culto dei Primitivi, diffusosi nell'area toscana. Questa parte della sua produzione rappresentò un fondamentale documento per il restauro e il recupero degli affreschi originali quasi interamente perduti.Carla Celesia di Vegliasco si spense nel 1939.
NOTE
1. C.C di Vegliasco, La donna artista, Atti del I Congresso delle Donne Italiane, 1908, Roma. In Farina, Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968.
2. Ibidem.
3. N. Spinella Capua, La modernità di Carla Celesia di Vegliasco
4. F. Cagianelli, Carla Celesia di Vegliasco protagonista del simbolismo toscano, catalogo mostra.
5. Ibidem.
6. F. Cagianelli, N. Spinella Capua, Carla Celesia di Vegliasco e il Camposanto di Pisa, Debatte, 2002.
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Carla Celesia di Vegliasco, Acqua e sole, 1912. Alessio Ponti Gallerie d'Arte. Foto di HaguardDuNord. Creative Commons Attribution 4.0 International license.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023