Architetta e urbanista, progettista del verde e docente universitaria, assessora al comune di Roma e militante nell’associazionismo di Italia Nostra, Vittoria Calzolari (Roma 1924-2017) è un’intellettuale di rigoroso impegno civile. Ha saputo anticipare con sensibilità il progetto delle trasformazioni territoriali a scala vasta assieme a quelle per la riqualificazione della città esistente, prestando attenzione alla dimensione collettiva degli spazi dell’abitare, formando generazioni di studenti sui temi del paesaggio e applicando un metodo di lavoro attento alle connessioni tra le ragioni del territorio e gli interessi della collettività.
Suo padre Pietro (1872-1947), è un ingegnere ferrarese laureato al Politecnico di Milano come il fratello Carlo, che subito si trasferisce a Roma per lavorare presso la Montecatini. Nel gennaio 1914 sposa Teresina Pescatori (1885-1974) originaria di Reggio Emilia. Entrambi provenienti da famiglie numerose, avranno quattro figli: Adele, Fernanda, detta Nanda, Roberto e Vittoria che nasce a Roma il 17 agosto 1924. La famiglia abita in via Parenzo, un quartiere di nuova costruzione non distante da Sant’Agnese fuori le Mura fino a quando nel 1929 arriva l’offerta di lavoro da parte del costruttore e imprenditore romano Ugo Calderai per la direzione dei lavori nel cantiere del nuovo porto di Mogadiscio. Incoraggiato dalla moglie Teresa, Pietro accetta di partire per la Somalia e tutta la famiglia si imbarca sulla nave Mazzini.
Vittoria ha appena cinque anni, non va ancora a scuola e le sue giornate trascorrono in una grande casa sul lungomare costruita dal padre, dove condivide molte esperienze con il fratello Roberto di poco più grande. I tranquilli ritmi della vita coloniale consentono una serena vita all’aperto e favoriscono il contatto con gli animali, mentre la scoperta del mare si accompagna all’incanto di una vegetazione rigogliosa, a costituire un bagaglio di esperienze radicate e indimenticabili, fondamento di successivi interessi nei confronti della natura e degli spazi aperti.
Nel 1935 la famiglia rientra a Roma per far completare in maniera adeguata gli studi superiori al figlio maschio, che verrà iscritto al liceo classico Tasso, lo stesso frequentato da Vittoria qualche anno più tardi, e si installa in una grande casa confortevole e accogliente in via Alessandro Serpieri, nel quartiere Parioli. La laurea in Ingegneria del fratello Carlo nel 1942-43 coincide con l’iscrizione di Vittoria alla facoltà di Architettura, dove è immatricolata con il numero 1494. Consegue la laurea nel 1949 e si inserisce subito nei fermenti della ricostruzione attraverso i concorsi Ina Casa che in quegli anni mobilitano le energie dei progettisti più giovani,. Collabora con i corsi di Adalberto Libera, Luigi Piccinato e Ludovico Quaroni fino a quando nel 1952 decide di candidarsi per una borsa Fulbright negli Stati Uniti e partirà per Boston dando così un’impronta determinante alla sua vita di studiosa.
È una tra le prime donne ad ottenere questa borsa nel campo dell’architettura ed è anche l’unica italiana a frequentare la Graduate School of Design di Harvard nel semestre della primavera 1953 dove segue corsi che risulteranno nodali nel caratterizzare le sue specificità di approccio al progetto e alla ricerca.
Le esperienze maturate confluiscono nel Il Verde per la città, esito di una ricerca assieme a Mario Ghio (1920-2011), collega ingegnere e compagno di vita che aveva sposato nel 1954 e dal quale avrà un figlio, Francesco (1956-2015). Il volume, tuttora di rifermento, è un’approfondita indagine sulle dotazioni di verde e di attrezzature collettive in varie città europee da cui scaturiscono indicazioni progettuali che anticipano le dotazioni di standard urbanistici. Ad esso faranno seguito riflessioni sempre più mirate sul tema degli spazi aperti e del paesaggio, al cuore di tutta la sua lunga vita di urbanista.
Condivide con Italia Nostra numerose battaglie che la vedono nel 1973 quale coordinatrice dello studio per la redazione del piano del parco al fine di ricomporre e tutelare le aree archeologiche, paesaggistiche e agricole lungo l’Appia Antica. La sua è una visione aperta e multidisciplinare nella quale coinvolge numerosi specialisti per affrontare aspetti archeologici, storici e culturali, idrogeologici e forestali, oltre a quelli urbanistici e giuridici.
Nel frattempo, intraprende la carriera universitaria con un primo incarico a Napoli e quindi a Roma Sapienza dove insegna fino al suo pensionamento nel 1999 in corsi di Urbanistica, Morfologia del paesaggio, Assetto del paesaggio, Progettazione del territorio, tutti improntati da approcci storico-geografici e ambientali in area vasta. Nel 1987 fonda il primo corso di specializzazione in progettazione paesistica e ambientale1.
Il suo impegno politico e culturale trova un importante riconoscimento quando nel 1976 le viene affidato, come “tecnico esterno” l’incarico di assessore al centro storico del comune di Roma nella giunta Argan. In un clima di grande fervore intellettuale e civile, promuove la ricucitura con le zone periferiche della città, avvia il censimento e la mappatura delle proprietà comunali, mai intrapresi fino ad allora, sostiene la residenza sociale e gestisce complesse operazioni di recupero edilizio. Nelle sue convinzioni, la conservazione del patrimonio esistente coincide con l’attività di cura e di manutenzione dove coinvolgere gli abitanti nella quotidianità affinché le case del centro storico non rappresentino più un bene esclusivo quanto piuttosto un “patrimonio culturale” collettivo. In questa direzione stringerà duratura amicizia e condivisione di idee con Françoise Choay, filosofa della città presso l’università di Paris VII Vincennes e con diversi docenti della École Nationale Supérieure de Paysage di Versailles.
La sua attività professionale sarà sempre indirizzata verso ruoli di consulenza per amministrazioni pubbliche, partecipando all’elaborazione di piani urbanistici e territoriali con visioni innovative nei confronti del sistema del verde e degli spazi aperti2. Il suo impegno etico e politico testimonia una dimensione dell’agire tecnico corroborata dal dialogo multidisciplinare e nutrita da obiettivi di salvaguardia e conservazione dello spazio fisico e sociale quale bene comune. La sua produzione scientifica, ricca di una settantina di titoli, attesta la coerenza di un percorso improntato alla ricerca e alla didattica, alimentato dall’agire progettuale e dalla militanza nell’associazionismo, corroborato da una visione sistemica del territorio nelle sue relazioni fisiche, storiche e sociali.
Principali scritti di Vittoria Calzolari
Calzolari Vittoria, Voci “Paesaggio” e “Paesistica” in Dizionario enciclopedico di Architettura e Urbanistica, Istituto Editoriale Romano, 1969, pp. 333-338.
Calzolari Vittoria, Olivieri Massimo, a cura di, Piano per il parco archeologico dell’Appia Antica, Italia Nostra Sezione di Roma,1984
Calzolari Vittoria, Storia e natura come sistema. Un progetto per il territorio libero dell’area romana, Argos, Roma 1999.
Ghio Mario e Calzolari Vittoria, Verde per la città, Funzioni, dimensionamento, costo, attuazione di parchi urbani, aree sportive, campi da gioco, biblioteche e altri servizi per il tempo libero, De Luca Editore, Roma 1961.
Alcune fonti su Vittoria Calzolari
Alfonso Alvares Mora, a cura di, Paesitica/Paisaje. Vittoria Calzolari, Edizioni Istituto Universitario di Urbanistica, Universidad de Valladolid, 2012.
Mattogno Claudia., “Vittoria Calzolari, un’urbanista militante” in Al femminile. L’architettura, le arti e la storia a cura di C. Baglione e S. Pace, Franco Angeli, 2023, pp. 202-222.
Mattogno Claudia, Vittoria Calzolari. I 100 anni di una Tecnica Sapiente. (in corso di pubblicazione)
Renzoni Cristina, “Pioniere. Vittoria Calzolari e il disegno delle città” in In-Genere, pubblicato on line il 10 agosto 2017.
Voce pubblicata nel: 2024