Růžena Zátková è stata una donna e un’artista che ha seguito percorsi di ricerca non scontati, anticipatori di sensibilità e caratteri di là da venire. Pittrice di origine ceca, per molto tempo è stata abbandonata dalla Storia dell’arte che quasi è arrivata a dimenticarla nonostante in vita sia stata apprezzata, stimata e celebrata da artisti e artiste delle prime avanguardie storiche. Il nuovo interesse intorno alla sua figura si deve agli studi e alle ricerche di Marina Giorgini che è riuscita a mettere ordine nelle note biografiche e artistiche della pittrice superando i problemi della dispersione di numerose opere di Zátková e di parte dei documenti d’archivio, nonché la presenza di molte notizie imprecise o inconsistenti (talvolta false) che, a forza di essere reiterate senza le necessarie verifiche, avevano formato un guazzabuglio di fraintendimenti e informazioni fuorvianti. Grazie alla rilettura della sua produzione artistica, si è giunti a ridare spessore e giusto valore a una protagonista ingiustamente lasciata nell’ombra. Nata il 2 marzo 1885 in un’influente famiglia boema desiderosa di offrire a figli e figlie una buona formazione culturale, Růžena Zátková studia in un primo momento pianoforte e composizione musicale e, in seguito, riceve lezioni di pittura in una scuola privata di Praga insieme alla sorella Sláva; nel 1909 l’arrivo Monaco di Baviera per seguire corsi di disegno e pittura nel clima vivace e stimolante della Secessione.Nel 1910 si trasferisce a Roma, giovane moglie del diplomatico Vasilij Bogdanovic Khvoschinskij di stanza presso l’Ambasciata russa, un coltissimo aristocratico appassionato d’arte e di musica che conosce e parla molte lingue. Forse il loro è un matrimonio di facciata, più saldo nelle esperienze culturali e intellettuali che in quelle private, ma dalla loro unione nel 1911 nasce l’unica figlia alla quale viene dato il nome di Maraša. Anche Růžena è poliglotta e colta, la posizione in vista del coniuge le permette di dar vita a un cenacolo culturale cosmopolita e di far conoscere ad amici e conoscenti la sua prima produzione artistica. I consensi ricevuti la inducono a prendere una decisone importante, quella di diventare artista e di dedicare la vita alla pittura. Nel clima culturale romano dei primi anni Dieci, Růžena Zátková rinnova e amplia la sua formazione grazie alla frequentazione dello scultore croato Ivan Meštrović, cui la lega un sentimento profondo, alla vicinanza dei futuristi Giacomo Balla e Marinetti, alla conoscenza di Igor Stravinskij e Sergej Diaghilev che, durante la tournée della compagnia dei Balletti Russi, il marito Vasilij incontra come diplomatico. Sono frequentazioni all’inizio introdotte dal coniuge, ma presto Růžena costruisce con loro intense relazioni culturali e personali durate tutta la vita. Emergono già i due cardini su cui si fisseranno le sue ricerche artistiche: da un lato l’innovativo linguaggio futurista, dall’altro il primitivismo della tradizione popolare russa, presto irrobustita dalla conoscenza dei pittori e scenografi Natalia Goncharova e Michail Larionov, da lei definiti «due stelle splendenti», con i quali intreccia una salda trama di rapporti personali, scambi e influssi artistici. Entrambe le tendenze d’avanguardia ‒ quella italiana futurista e quella russa di Goncharova e Larionov ‒ consentono a Zátková di superare i suoi linguaggi più tradizionali e di giungere all’astrazione con Macchina pianta-palafitte (1916), una scultura polimaterica in legno, cuoio, ferro, vetro, cartone, purtroppo andata perduta; la sperimentazione prosegue, sempre nel ‘16, con alcuni disegni astratti concepiti dalla pittrice “per esprimere situazioni psichiche difficilmente spiegabili in parola”, in cui trasferisce l’interesse per lo spiritismo e la teosofia. Se il 1916 è l’anno che segna il passaggio verso linguaggi non accademici e produzioni libere e innovative, è anche l’anno in cui Růžena contrae la tubercolosi durante un soggiorno estivo a San Sebastian, dove si incontra con gli artisti e amici al seguito della compagnia dei Balletti Russi. Il suo destino è segnato, costretta com’è a trasferirsi nel sanatorio di Leysin in Svizzera dove resterà ricoverata fino al luglio del 1919. In quei tre lunghi e sofferti anni trova la fede attraverso la lettura dei testi sacri e della storia del Cristianesimo e d’Israele e, come lei stessa scrive nel 1917, scopre “una relazione molto stretta tra la religione e l’arte, tanto che una senza l’altra non sarebbe completa”. Nascono così le 13 tavole per La vita di re David secondo le leggende bibliche, straordinari fogli dipinti su entrambi i lati ad acquerello. Ognuno presenta nella parte anteriore il testo in lingua ceca, che Zátková concepisce come elemento ordinatore dello spazio pittorico e come segno grafico, mentre sul retro le scene, quasi fossero pagine di un codice miniato, esprimono forme pittoriche e iconografiche ispirate all’arte popolare slava e orientale, mediate attraverso le opere di Goncharova e Larionov. Durante il periodo in sanatorio Růžena è alla ricerca di un nuovo linguaggio artistico e i percorsi all’apparenza possono risultare contraddittori: affronta l’espressione più spontanea e libera derivata dalle cultura popolare russa, ma anche il realismo trovando in esso “una grande bellezza. Sto anche pensando a ciò che hanno in comune i Bolscevichi e i Futuristi. A ciò che morirà in arte durante questa rivoluzione e a ciò che sopravvivrà. Sento fortemente che non tutto sopravvivrà e che la fine della guerra avrà un impatto del tutto nuovo sulle arti”. Alla fine di luglio del ‘19 lascia il sanatorio svizzero per rientrare in Italia, a Macugnaga ai piedi del Monte Rosa, dove rimane in convalescenza fino all’estate successiva. Qui prosegue la sua ricerca astratta e dà vita ai cosiddetti Quadri-sensazione o Pitture luminose, una serie di polimaterici sul cui piano bidimensionale gli elementi pittorici si uniscono a materiali eterogenei come carta stagnola, perline, lamine metalliche, vetro, cellophane ecc., a volte con parti mobili. Pur superando ogni forma di realismo, Zátková richiama nel nome del ciclo (Alta montagna) e nei titoli dei singoli manufatti la natura e i suoi elementi più grandiosi, osservati in manifestazioni di forza scatenata e travolgente nel corso del soggiorno a Macugnaga. Durante il periodo ai piedi del Monte Rosa si fanno più intensi i rapporti con Filippo Tommaso Marinetti e con Benedetta Cappa, sua cara amica da diversi anni. Il suo matrimonio con Vasilij Bogdanovic Khvoschinskij si è concluso e nella sua vita è comparsa la figura di Arturo Cappa, fratello di Benedetta, col quale intende sposarsi appena possibile. Zátková si avvicina più convintamente all’arte futurista, pur rivendicando una propria autonomia e una certa difformità col movimento d’avanguardia:
[…] il futurismo è per me cerchio io sono spirale. Sono fatta tutta di cerchi, ma cerchi aperti; non posso accettare limitazioni non voglio prendere nessuna marca e nessuna etichetta non voglio essere classificata.
Marina Giorgini, Růžena Zátková. Un’artista «senza marca» tra tradizione e sperimentazione, in Artiste a Roma. Percorsi tra Secessione, Futurismo e ritorno all’ordine, catalogo della mostra 14 giugno – 6 ottobre 2024, Roma, Museo di Villa Torlonia, Casino dei Principi, De Luca Editori d’Arte, pp. 134-136 Marina Giorgini, Růžena Zátková. Un’artista dimenticata, Peter Lang, International Academic Publisher, Bruxelles 2019 Marina Giorgini, Růžena Zátková. Una boema in Italia tra avanguardia russa e Futurismo, in “Storia dell’arte” vo. 136, n. 36, settembre-dicembre 2013, pp. 139-168
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2024