“...Nuora, Moglie, Madre incomparabile” questo è parte dell’epitaffio che gli affetti più cari di Henriette desiderarono lasciare in sua memoria, ma Henriette fu molto più di un semplice ruolo, molto più che la prima moglie di Alessandro Manzoni.
Henriette Blondel nacque a Casirate d’Adda l’11 luglio 1791. Il papà, Francois-Louis Blondel, era originario del cantone svizzero di Vaud; la mamma, invece, proveniva da La Voulte, nella Linguadoca: Marie-Anne Pernette Mariton, una calvinista convinta. A Casirate, Francois Louis, con il fratello Jean, aveva fondato un setificio e, successivamente, era entrato in affari con la ditta bancaria Maumary Fratelli e Montilhon Figlio.
Henriette era la terza di otto fratelli. Amata e protetta dall’amore familiare, ricambiava con la sua gentilezza e mitezza. La madre si occupava dell’educazione dei figli, il padre del benessere economico della famiglia.
La vita di Henriette cambiò all’età di sedici anni quando conobbe il giovane Alessandro Manzoni in un incontro, apparentemente casuale, voluto da Giulia Beccaria, in accordo con la cugina parigina di Henriette, Charlotte Blondel, sua amica carissima.
Era il 1807, sul lago di Como, a Blevio alla Villa Belvedere: le famiglie Blondel e Manzoni erano state invitate dalla contessa Maddalena Imbonati Sannazzari per trascorrere una giornata di svago. Alessandro e Henriette si piacquero subito e, da quel momento, la loro vita prese nuovo corso. Si sposarono con rito civile il 6 febbraio 1808 alle ore sei e trenta della sera e, subito dopo, a Palazzo Imbonati, con rito calvinista celebrato da Johann Kaspar Orelli, che i Blondel avevano fatto venire da Bergamo, per l’assenza di pastori protestanti a Casirate. Purtroppo Alessandro trascorse quel giorno senza l’affetto più caro: maman, com’era solito chiamarla, non stava bene e non poté partecipare alla cerimonia e ai festeggiamenti.
Giulia era felice per i neo sposi, ma non riusciva ad allontanare il dolore per la recente perdita del caro Carlo Imbonati e così, a maggio di quello stesso anno, tutto il nucleo familiare decise di partire per Parigi, per ritrovare la serenità di un tempo. Fu un periodo ricco di incontri, durante il quale Henriette non sempre riuscì a goderne appieno: spesso si misurava con la complessità della vita cittadina e con l’artificiosità dei salotti, non sempre a lei congeniali. Anche le giornate trascorse a Meulan, alla Maisonnette, con Claude Fauriel e Sophie de Condorcet, amici carissimi di Giulia e di Alessandro, non davano totale appagamento ad Henriette. La gioia più grande di quel periodo fu scoprire di aspettare il primo figlio e Parigi accolse la primogenita Giulietta il giorno 23 dicembre 1808.
Circa un anno dopo, la felicità di aspettare un secondo figlio si tramutò in breve nella dolorosa esperienza della perdita prematura. Henriette aveva ormai lasciato alle spalle la vita spensierata e si sentiva chiamata a fare delle scelte, per lei, per i suoi figli e per la famiglia che stava costruendo. Le creava profondo disagio la leggerezza con cui in famiglia si passava da un indirizzo religioso ad un altro, un’incoerenza inaccettabile tra calvinismo e cattolicesimo: non aveva mai tollerato l’opportunismo legato ai doveri di apparenza e di perbenismo. Quest’incoerenza divenne insostenibile in occasione del battesimo di Giulietta: il rito fu organizzato da maman e da Alessandro per dovere sociale, più che per convinzione, e in lei tutto ciò creò un profondo malessere.
Henriette iniziò, così, un percorso di ricerca spirituale, sotto la guida iniziale dell’abate Eustachio Degola (1761-1826), presentatole dal giansenista Giambattista Somis a Parigi. Alessandro accolse la scelta della sua amata consorte e, il 15 febbraio 1810, nella cappella privata di Ferdinando Marescalchi, padre Costaz, parroco della Madeleine, sposò i coniugi Manzoni con rito cattolico. Il 22 maggio 1810, giorno di Santa Giulia, infine, Henriette abiurò il calvinismo per entrare a far parte della Chiesa Cattolica, nella Chiesa di Saint Sévérin. Il 2 giugno 1810 la famiglia Manzoni decise di rientrare a Milano e Monsignor Luigi Tosi, canonico di Sant’Ambrogio, diventò da quel momento la nuova guida spirituale di Henriette e di tutta la famiglia.
La decisione di abbracciare il cattolicesimo creò una frattura insanabile con la famiglia d’origine di Henriette: se da un lato, infatti, la scelta religiosa unì in modo indissolubile il nuovo nucleo, dall’altro creò un allontanamento forzato tra Henriette e i propri genitori. La madre, in particolare, non le perdonò mai di aver tradito l’educazione ricevuta e il padre, in realtà poco incline ad ogni forma religiosa, pur avendo operato in famiglia per un riavvicinamento alla figlia, non riuscì a ricostruire quell’armonia degli affetti che Henriette avrebbe tanto desiderato. Francois Blondel morì all’improvviso nel 1812 lasciando in lei un vuoto incolmabile, un dolore profondo, irrisolto.
A questa sofferenza dell’animo, negli anni seguirono grandi patimenti fisici, dovuti ai numerosissimi parti e alle conseguenze debilitanti che questi di volta in volta comportavano: chi era dedito alle sue cure interveniva applicando sulla povera Henriette continui ed inutili salassi, che le arrecavano un ulteriore e terribile indebolimento.
La sua vita ruotava intorno al marito Alessandro e alla loro famiglia che diventava sempre più numerosa: dopo Giulia (1808-1834), nacquero Luigia Maria (1811), Pietro Luigi (1813-1873), Cristina (1815-1841), Sofia (1817-1845), Enrico (1819-1881), Clara (1821-1823), Vittoria (1822-1892), Filippo (1826-1868), Matilde (1830-1856). Dieci figli nati, due gravidanze non portate a termine, non le impedivano, se non con gli ultimi due parti di prendersi cura direttamente dei figli e della loro educazione: Henriette allattava i propri figli e, seppur affiancata dalle cure e dall’aiuto della governante Fanny, non risparmiava le proprie energie in loro favore. Inizialmente si occupò anche dell’istruzione dei ragazzi ma, con il trascorrere degli anni, sempre decidendo e verificandone il percorso formativo, sentì l’esigenza di affidarsi ad altri: prima ad un’istitutrice, la signorina de Rancé, poi all’amico di famiglia Giovanni Torti.
Quanto raccontato finora appare probabilmente come una trama noiosa di una vita monotona e di altri tempi, perché i fatti storici nella loro linearità non sono in grado di raccontare le trame sottili che la vita di questa donna determinò. Quello di Henriette è un femminismo ante litteram. Le sue scelte di sono state in grado di cambiare il corso di una famiglia intera, di creare un nuovo ordine delle cose tra persone che erano alla spasmodica ricerca di amore e di unità, quali Alessandro Manzoni e Giulia Beccaria. La storia di Henriette è una storia d’amore a senso unico, dalla quale lei stessa non riuscì a proteggersi per aver confuso l’amore con il sacrificio fine a se stesso. Henriette è stata consumata dai parti e dai salassi che l’hanno resa debole, in alcuni momenti cieca. Oggi diremmo che probabilmente Henriette avesse somatizzato la sua condizione; le sanguisughe che le venivano applicate sembrerebbero la reale metafora del nemico da cui non seppe difendersi.
Alessandro e Giulia l’amavano sinceramente, di questo ne erano entrambi convinti, ma era un amore inquinato e talvolta egoista, infantile. Senza colpe e senza accuse. Alessandro l’amava teneramente, ma non comprendeva: ogni momento difficile e ogni sofferenza di Henriette erano per lui arginabili a quel momento... tutto poi si sarebbe fiduciosamente risolto. Da parte di Henriette, per quel senso di colpa così caratterizzante il femminile, tutto ciò che faceva per lui non le sembrava mai abbastanza. Non esiste ricca corrispondenza tra Henriette e Alessandro: le loro giornate trascorrevano sempre insieme e non c’era certo la necessità di scriversi. Una lettera-testamento, datata 28 febbraio 1826, diciotto giorni prima che venisse alla luce Filippo, rivela la natura di Henriette: nell’incipit, dopo aver dichiarato il suo amore, chiede scusa al marito e alla suocera per non essere stata la moglie e la nuora che probabilmente avrebbero desiderato.
I suoi giorni su questa terra terminarono il 25 dicembre 1833, a Milano, nella casa di Via Gerolamo Morone, circondata dagli affetti più cari, ma lontana dalla dimora di Brusuglio, vero luogo del cuore, in cui aveva conosciuto la felicità.
Marta Boneschi, Quel che il cuore sapeva, Giulia Beccaria, i Verri, i Manzoni, Milano, Ledizioni 2012
Natalia Ginzburg, La famiglia Manzoni, Torino, Einaudi 1994
Alessandro Manzoni, Tutte le lettere, a cura di C. Arieti, Milano, Adelphi Edizioni 1986
Mario Pomilio, Il Natale del 1833, Milano, Bompiani 2015
Referenze iconografiche: Ritratto di Henriette Blondel, dal volume di Cesare Cantù, Alessandro Manzoni: Reminiscenze, vol.1, 7 marzo 1855. Fonte: Archive.org. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2018
Ultimo aggiornamento: 2023