Si può essere considerati «scrittori» pur avendo scritto un solo libro? Via col vento fu l'unico libro scritto da Margaret Mitchell; il poeta Dino Campana pubblicò solo i Canti orfici; la poetessa ucraina Zuzanna Ginczanka pubblicò una sola raccolta, I Centauri, essendo morta a 27 anni fucilata dai Nazisti.
Giovanna Gulli scrisse un solo libro, il romanzo Caterina Marasca, ma non fece nemmeno in tempo a vederlo pubblicare. Riuscì solo a correggerne le bozze, né poté scrivere altro, essendo morta giovanissima. Esso sarà pubblicato nel 1940 da Garzanti, a cura e con l'Introduzione di Leonida Rèpaci, dopo essere stato rifiutato da vari altri editori. Nel 2006 è stato ripubblicato da Rubbettino.
Di Giovanna Gulli si sa pochissimo; tra l'altro non si è riusciti neppure a reperire una sua fotografia. Ecco la descrizione che ne fa Repaci nell'Introduzione: “il viso asciutto, pallido e regolare, i capelli fiammei, la bocca marcata e un po' crudele, lo sguardo allucinato, la patita esilità delle braccia e delle spalle, l'ondulamento come di murena del corpo sottile ma ammirabilmente modellato”. Nata a Reggio Calabria... non si sa quando. Stando a G.A. Martino, sarebbe nata il 5 novembre 1911; la data di morte è attestata al 17 agosto 1939; tuttavia Repaci sostiene che quando morì aveva 23 anni, quindi la data di nascita dev'essere un'altra; nemmeno la sorella Carmen ha saputo fornire notizie più precise.
Giovanna è la primogenita di una famiglia benestante. Poi il padre subisce un tracollo finanziario e in casa Gulli si comincia a patire la fame. Giovanna è la maggiore di sei figli (come la protagonista del suo romanzo, Caterina) e deve mettersi alla ricerca di un lavoro. A Reggio non trova nulla. Si reca quindi a Messina con la sorella e riesce a impiegarsi in un'agenzia giornalistica. E inizia a scrivere il romanzo. Ma ben presto, a causa delle molestie sessuali del suo capufficio che la umilia anche davanti alle altre donne del giornale, lascia il lavoro. Parte per Milano, dove ci sono scrittori «che contano» (vuole finire il romanzo, in cui crede tantissimo) tra cui Rèpaci, che è suo corregionale. C'è da chiedersi cosa fece Repaci, scrittore già affermato e fondatore del Premio Viareggio, in concreto per aiutare “una ragazza di quel talento” a non morire “di stenti”, oltre ad aver scritto l'Introduzione di Caterina Marasca.
Di lei non si sa quasi più nulla: si sa che morì di tubercolosi polmonare, in realtà anche di fame. È ancora Repaci a scrivere: “Giovanna è morta di stenti. In una città grande e generosa come Milano, una ragazza di quel talento non ha trovato il minimo necessario per campare”. Le due cose sono collegate: non avendo di che “campare”, vivendo di “stenti”, non poté neppure curarsi la malattia.
Caterina Marasca è un romanzo particolare: Gulli alterna – e spesso fonde – la narrazione vera e propria, la forma diaristica, il dialogo diretto con il Lettore, la digressione storica, l'autobiografismo. Caterina è proiezione di Giovanna, ma il libro non è l'autobiografia dell'Autrice (o non sarebbe un romanzo). Esso evidenzia:
“1) che per una donna è più facile finire al margine della vita che diventare scrittrice e 2) che l'Autrice esprime la condizione psicologica femminile meridionale in confronto alla tradizione, all'ideologia dominante e al problema della disoccupazione. Il Romanzo di Giovanna Gulli si svolge durante la stretta della fame e della disoccupazione, quando la facciata imperiale non riesce a nascondere la povertà endemica delle Regioni meridionali” (A. Piromalli).
“Giovanna interiormente, si trasformava in Caterina, le affidava i suoi sentimenti rimossi o repressi. Ma ciò che importa, soprattutto, è il comportamento della Gulli, che è un comportamento antitetico al volgo disordinato, all'aristocrazia danarosa, alla borghesia egocentrica, viziosa e ipocrita. Il mondo della miseria metropolitana durante gli anni ruggenti del fascismo, è descritto crudamente e senza alcun compiacimento folcloristico. Tutti gli uomini che si incontrano nel romanzo sono maschilisti, egocentrici. Il mondo descritto da Giovanna è uno squallido spaccato di società meridionale cittadina: borghese e aristocratica, che vede la donna come sesso, come preda. Caterina esprime la protesta contro questa mediocrità umana. Non c'è da meravigliarsi se, nel clima idealistico e razionalista del fascismo, il romanzo della Gulli non ebbe fortuna” (Id.).
Secondo Giuseppe Antonio Martino “Caterina Marasca è anche uno dei primi manifesti del femminismo in Italia, in cui la scrittrice calabrese agita problemi veramente seri ed impegnativi”, anche se sappiamo bene che la strada è ancora lunga. Se Caterina Marasca fu l'unico romanzo scritto da Gulli, prima aveva scritto anche altro: citiamo due racconti, pubblicati, lei vivente, su una rivista: uno s'intitola Memmo, dal nome del Protagonista.
Memmo è uno scugnizzo di 9 anni, abbandonato a sé stesso (un po' come il “Gavroche” dei Miserabili di Victor Hugo), che passa la giornata vagando per i campi, rubacchiando qua e là, divertendosi a seviziare coleotteri e a fare “grande olocausto di lucertole gialle come l'itterizia”. O così le vede lui: Memmo infatti non vede come gli altri: è nato con una malattia congenita agli occhi. Memmo è nato anche con un ritardo mentale... o forse è l'ambiente in cui vive, degradato, che lo rende così. E puzza di erbe selvatiche. E con ritardo è anche Rosa, la mamma. Per esempio, Rosa non sa cos'è il pudore: quando si cambia i vestiti, si spoglia e si veste con grande disinvoltura davanti al figlio, che la osserva “ebete, con un un ringhio di deferenza inconscia”. E nella sua "beata ingenuità" Rosa si accoppia con tutti quelli che vengono a "trovarla". Né, “rude etera”, si cura degli epiteti che le “paesane” le lanciano contro: forse neanche sa cosa significhino. Anche “il Padroncino” viene a trovarla quand'è “la stagione della caccia”. Il Padroncino è il figlio del Padrone: il proprietario dei terreni che il Padre di Memmo (e marito di Rosa) lavora (curandogli anche il bestiame).
Il secondo racconto s'intitola Un cane. Con una scrittura piuttosto rude, ma fresca e immediata (si direbbe naïf, tipica anche del primo Racconto) Giovanna narra di un cagnetto: “Tuffolo”: così chiamato perché “i ragazzi scalzi e prepotenti della mezzadria gli hanno insegnato a furia di pedate, che si chiama Tuffolo”. Tuffolo vive, agisce e «pensa» come gli umani. “Gli parve il sole la più bella cosa del mondo. Sebbene non riflettesse. Le idee erano piccole, labili, eteree”. “Le idee, piccole o grandi, lievi o forti, prendevano nel suo cervello un principio di intensa coalizzazione”. Specularmente, i protagonisti umani di questo secondo racconto si comportano come gli animali. O quasi. I personaggi dei due racconti, anche quelli di Memmo, ma in particolare quelli di Un cane, sembrano interagire empateticamente tra loro, e tutti insieme interagiscono con l'ambiente che li circonda.
Ecco altri passaggi di Un cane: “il Cucciolo, perplesso, cercava l'idea che fluttuava vagamente nell'occhio mansueto. Ma forse solo ad un cane intelligente è dato di cogliere a volo i pensieri saldi e fermi e di riflettere che la cinofobia è detestabile, e che al mondo esistono uomini chiusi impunemente nella misoginia”. E un altro: “ ...il suo cervello era spoglio... Tuffolo cercava di capire il perché di quel silenzio e di quella tetra solitudine”. A volte “cercava di afferrare un'idea che si coordinava, ma poi sfuggiva implacabilmente”. Tuffolo era un saggio; “l'innata filosofia gli procacciava la calma”.
Gulli, prima del romanzo-capolavoro, aveva scritto anche testi per trasmissioni radio dedicate ai ragazzi.
Giovanna GULLI: Caterina Marasca, Introduzione di Leonida Rèpaci, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Giovanna GULLI: “Memmo”; “Un cane”, in Il Convegno: rivista di Letteratura e di tutte le Arti (s.n.), Milano 1920, 1a EDIZIONE ELETTRONICA 21 febbraio 2023, a cura di AA. VV.;
Antonio PIROMALLI: La Letteratura calabrese, Pellegrini, Cosenza 1965.
Giovanna Gulli - Liber liber
Giuseppe Antonio MARTINO: “Un autore da riscoprire. Giovanna Gulli, morta di letteratura e di stenti”, Corriere della Piana [di Gioia Tauro], n. 70, anno 2018; Maria Luisa TESTA: La narrativa di Giovanna Gulli, Brenner, Cosenza 1982.
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2024