La vita di Ginevra Canonici, attraversata da grandi rivolgimenti – Napoleone, la Restaurazione, il '48, fino all’Unità di Italia –, fu all’insegna di una forte visibilità pubblica e di un grande interesse intellettuale per la condizione e l’educazione femminile.
Di famiglia aristocratica, con la gemella Rosa, viene educata dapprima dalla madre, la marchesa Marianna Cavriani e poi, verosimilmente, le due sorelle vengono mandate per dieci anni nel collegio delle Orsoline di Parma, dove ricevono una buona formazione umanistica, oltre ad apprendere la conoscenza delle lingue straniere.
All’età di sedici anni, l’istruzione delle Canonici viene considerata conclusa e le ragazze sono pronte per un buon matrimonio. Nel frattempo l’avanzata della campagna d’Italia di Napoleone impone alla famiglia il trasferimento a Venezia, dove Ginevra e la gemella vengono introdotte nei salotti della buona società. Qui si organizza il matrimonio di Ginevra con il conte Annibale Fachini di Mantova, cittadino ferrarese: Ginevra ha diciannove anni, è il 1798.
All’età di trentacinque anni rimane vedova, senza figli e ritorna definitivamente a Ferrara. Nulla si sa della sua vita durante i sedici anni di matrimonio, se non che scrive e si dedica alla pittura e alle arti figurative e che il 10 novembre 1808 si iscrive alla Società del Casino che nel 1813 prende il nome di Circolo Unione. Questa società vantava più di trecento soci, il venti per cento dei quali donne. Ad essa erano iscritti molto carbonari che talvolta usavano i suoi ambienti per i loro incontri. E infatti il fratello Giambattista tiene rapporti con la timida e crescente Carboneria ferrarese, al contrario del padre Alessandro, che è un reazionario. Non è da escludere tuttavia l’appoggio discreto e silenzioso di Ginevra per una causa di cui condivide gli ideali. Ma non condivide la sorte di Giambattista che paga a caro prezzo il suo legame con la Carboneria: nel luglio 1820, durante la dura repressione austriaca dei moti del Lombardo-Veneto, viene arrestato a Verona e rinchiuso per cinque anni nelle dure carceri dello Spielberg. Anche il marchese, come Silvio Pellico, che conosce in quell’occasione, scrive una memoria di quegli anni, pubblicata a Bologna nel 1848: Un tratto della mia vita.
Iscritta a varie accademie scientifiche, nel 1824 Ginevra dà alle stampe il Prospetto biografico delle donne italiane rinomate in letteratura dal sec. XIV fino ai giorni nostri con una risposta alla Lady Morghan riguardante alcune accuse da lei date alle donne italiane nella sua opera l’Italie.
Sentendosi provocata da Lady Morghan su un tema a lei tanto caro come quello della condizione delle donne in Italia, scrive la difesa delle italiane, di fronte alle insinuazioni di ignoranza e di condotta morale deplorevole mosse dalla scrittrice inglese. La difesa appassionata ebbe un discreto successo, diede a Ginevra una certa notorietà e divenne la prefazione di un’opera molto impegnativa e di vasto respiro, il Prospetto Biografico delle donne italiane rinomate in letteratura dal sec. XIV ai giorni nostri.
La questione femminile non fu solo l’oggetto di quasi tutte le sue pubblicazioni e l’argomento delle sue ricerche, ma anche una premessa ai suoi interventi di politica culturale che si concretizzarono quando decise, a metà della sua vita, di agire lei stessa in maniera diretta in questo ambito, fondando il collegio dell’Immacolata Vergine Maria. Il suo programma educativo era rivolto alle ragazze di tutti i ceti sociali. La marchesa, infatti, era convinta della necessità di dare una buona educazione anche alle fanciulle di povere origini, cosa che avrebbe portato grandi vantaggi non solo alle interessate, ma anche alla Patria. Questo principio, che aveva il sapore degli ideali di eguaglianza proclamati dalla Rivoluzione Francese, conteneva, tuttavia, nel modo in cui era proposto, una dissonanza fondamentale: l’educazione era per tutte, ma alla distinzione di ceto corrispondeva un’istruzione diversa. Era un’educazione che teneva conto del differente destino delle fanciulle, che non andava messo in discussione. Infatti, le allieve di umili origini, erano preparate ad affrontare il mondo del lavoro: per loro non era dunque necessaria quella cultura musicale, linguistica o artistica, che, invece, la marchesa prevedeva per le ragazze nobili e borghesi. Ginevra, dunque non può essere considerata una rivoluzionaria, quantomeno non nell’intento, perché il suo obiettivo non era certo quello di stravolgere l’ordine costituito. Anzi, fondò di propria iniziativa una congregazione di religiose devote alla Madonna e dedite all’unico scopo di educare e custodire le ragazze e vi si mise a capo nominandosi Superiora.
Con questa nuova autorità, oltre a quella del cognome nobile che portava, cercò di aprirsi un varco nelle maglie del potere cittadino trovando appoggio presso i principali esponenti della Legazione pontificia ferrarese della Restaurazione. Cercò e ottenne, diventata ormai una religiosa cattolica, il valido sostegno del Cardinale-Legato per portare a compimento il progetto al quale da tanti anni ambiva, cioè quello di offrire non solo una buona formazione cattolica, ma anche una buona istruzione, alle giovani della città affinché imparassero, attraverso le umili virtù, a "saper bastare a se stesse". Viene da chiedersi se il cambio di orizzonte politico non fosse in realtà funzionale al mantenimento e sostegno del grande progetto pedagogico e culturale di Ginevra. Non a caso, la marchesa, sostenuta e aiutata dal potere ufficiale, divenne, allora, lei stessa una donna di potere a Ferrara: per alcuni anni (1844-1858) ottenne il controllo di tutte le scuole femminili ferraresi e si mosse con grande disinvoltura fra i potenti della città, fra cui non va dimenticata anche la carica di Gonfaloniere del fratello Ferdinando, per il raggiungimento dei suoi obiettivi educativi.
Gli anni Quaranta furono il momento di massimo prestigio per lei e per il suo Istituto. Ma i tempi stavano cambiando. La sua vecchiaia corrispose al lento declino del Collegio, che aveva crescenti difficoltà economiche. Con l’Unità d’Italia e la fine dello Stato Pontificio, Ginevra si vide sempre più messa da parte e considerata rappresentante di un potere che non aveva più diritto di esistere.
Alla marchesa Canonici va riconosciuto il merito di aver visto nell’educazione e nell’istruzione femminile un forte momento di emancipazione; un’idea di riscatto, di autonomia, che non contraddiceva nella sua visione il ruolo di moglie e madre previsto dalla chiesa o dall’ideologia borghese, ma che, tuttavia, doveva realizzarsi senza che mai le donne dimenticassero se stesse. Davanti alle difficoltà della vita, che potevano anche farle rimanere sole, dovevano essere in grado di “saper bastare a se stesse”, di lottare disponendo degli strumenti essenziali per rialzarsi sempre.
G. Canonici, Prospetto biografico delle donne italiane rinomate in letteratura dal sec. XIV fino ai giorni nostri con una risposta alla Lady Morghan riguardante alcune accuse da lei date alle donne italiane nella sua opera l’Italie, Venezia, Tip. Alvipoli 1824
G. Canonici, Della educazione dei grandi Conservatori, lettera estratta dal Giornale Araldico anno 1824
G. Canonici, Della lettura dei romanzi e dell’utile e del danno che ne deriva al gentil sesso italiano nelle diverse età. Prosa accademica presentata all’accademia degli Eleuteleiti di S.Miniato di Toscana da Ginevra Canonici Fachini (socia corrispondente di detta accademia, della Tiberina di Roma e della Virgiliana di Mantova) pubblicata in occasione delle faustissime nozze Sordi-Cavriani, Mantova Tipografia Virgiliana 1826
G. Canonici, Della prigione di Torquato Tasso. Lettera di Ginevra Canonici Fachini al Signor Giovanni Monti, Estratta dal Giornale Araldico volume di dicembre 1827
L. Bertelli, Critica alla Due Giorni in Ferrara, in Silvia Sansonetti (a cura di), Deputazione provinciale ferrarese di Storia Patria. Atti e memorie, Ferrara 1999
P. De Paoli, Ginevra, Ella e Gianna: itinerari storici ed artistici nella Ferrara del “mito” estense, della “gloria” pontificia e del “regime”, in Anna Maria Fioravanti e Francesca Mellone (a cura di), 4° Biennale Donna, Presenze femminili nella vita artistica a Ferrara tra Ottocento e Novecento, Ferrara 1990
A. Faoro, “Di umili virtù private abbisogna il nostro sesso”. Ginevra Canonici e il suo istituto in Ferrara per l’educazione femminile (1830-1870), in Analecta Pomposiana (Studi per la parrocchia di S. Bianca), Ferrara, Editai 2000
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2021