Vasilij Kandinsky le aveva detto: «Sei un'allieva senza speranza, non ti si può insegnare nulla. Puoi fare solo ciò che è maturato in te. Tu hai tutto dalla natura. Quello che io posso fare per te, è proteggere il tuo talento e fare in modo che non si falsi». Il talento di Gabriele Münter non si è falsato nel tempo. Ma non per merito di Kandinsky.
Gabriele aveva 11 anni meno del suo più celebre compagno. Era di Berlino e proveniva da una famiglia benestante che aveva vissuto a lungo negli Stati Uniti. Nel 1901 si iscrisse a un corso d’arte a Monaco. L’anno successivo, poiché alle donne erano precluse le Accademie, si spostò alla Phalanx-Schule e seguì i corsi di Wilhelm Husgen e quelli di Vasilij Kandinsky. Dopo una serie di sedute all’aria aperta, tra allieva e maestro scoccò la scintilla. Lui era sposato. Ma non fu questo a rendere, con il tempo, sempre più tormentato il rapporto. Bensì il fatto che Gabriele fosse tutt’altro che “addomesticabile” e pronta a votarsi alla carriera di Kandinsky. Lui l’avrebbe scritto in seguito: «Il carattere di Gabriele Münter non poteva andare d’accordo con il mio. E io non ero disposto a fare concessioni». Neanche Gabriele. Eppure tra litigi e dissapori vissero insieme 12 anni. Non si sposarono: definirono la loro una “unione di coscienza”. E non soltanto perché Anja, la moglie di Kandisky, concesse il divorzio nel 1911. Ma perché Gabriele non accettò mai di annullarsi nel maestro come avrebbe fatto - per sua stessa ammissione - Nina Andreevskaja, la sua seconda moglie.
In compenso Gabriele e Vasilij viaggiarono moltissimo insieme. Soggiornarono a Rapallo. Passarono anche un anno, o quasi, tra Sèvres e Parigi, dove Gabriele organizzò la sua prima mostra. Nel 1907 si trasferirono a Berlino. Così salvavano anche le apparenze. Nel 1908 tornarono a Monaco: in estate trascorsero alcuni mesi di “palingenesi artistica” con Marianne von Werefkin e Alexej von Jawlensky a Murnau e sullo Staffelsee. Fu una svolta: fino al 1908 la loro pittura era stata molto simile. Benché Gabriele avesse un’ironia che Vasilij non riusciva a condividere: una volta definì i suoi lavori Spielerei, passatempi. Kandisnky si arrabbiò e le scrisse: “vedi, a prescindere dal successo e dalle vendite (cose che non sono in cima ai miei pensieri)... si tratta anche di finalità e di pensieri artistici che tu non comprendi, perché forse non riescono ancora a farsi riconoscere in modo sufficientemente energico... Tu dici: passatempo! D’accordo! Tutto ciò che fa un artista è anche e solo un passatempo... Quando io gioco così, ogni nervo in me vibra, tutto il mio corpo risuona e Dio è nel mio cuore». La verità è che la Münter non prendeva troppo sul serio il lavoro, anche perché gli altri non prendevano sul serio il suo: a cominciare dalla stessa von Werefkin, la consideravano come la giovane “fidanzata” di Kandinsky e nulla più. Lei ne soffriva moltissimo. In seguito avrebbe scritto: «Nessuno ha riconosciuto il mio ruolo determinante... Tutti hanno visto in me la signora del gruppo. Che io dipingessi era un fatto secondario». Eppure alcune sue intuizioni furono notevolissime. Nel 1909 i quattro amici-artisti (le frizioni però non mancarono mai) dipinsero lo stesso treno a vapore che passava nei pressi di casa. La Münter fu l’unica a non interessarsi alla tecnologia. Nel suo quadro non ci sono né treni né binari. Ispirandosi forse al dipinto Eisenbahnqualm di Edvard Munch, ritrasse una giornata grigia e nuvolosa. Le nuvole sono parallele al fumo della locomotiva e sfiorano le cime delle montagne. Tutto è malinconico e spento, compresi alberi e prati. Di fatto Gabriele sembrava aver fatto più suo Munch della stessa Werefkin che pure l’adorava. In quel periodo la Münter cominciò a collezionare pezzi dell’artigianato bavarese, in particolare dipinti popolari su vetro e statuine di legno di Madonne e santi: più tardi Kandinsky avrebbe fatto lo stesso con le stampe russe. Per Gabriele diventarono fonti di ispirazione, per esempio nelle sue misteriose nature morte. Nel frattempo, Vasilij stava progressivamente passando all’astrazione: lei vi si accostò in qualche opera ma ammetteva, scrivendogli, che l’astrazione «è cresciuta intimamente in te, è cosa tua; in ciò io non prendo parte».
Gabriele e Vasilij ruppero nel 1916: lui si innamorò di Nina Andreevskaja e la sposò l’11 febbraio 1917. Gabriele lo scoprì molto tempo dopo. Fu un brutto colpo. La separazione divenne subito anche artistica. La Münter avrebbe poi scritto di lui: «Ho lasciato che mi si mentisse e mi si imbrogliasse... Ora penso che perfino quello che ho guadagnato da lui come artista è stata una metà, un quarto, niente di completo, non la totalità». Nel 1922, Kandinsky chiese che lei gli restituisse le opere che le aveva lasciato. Cominciò un lungo processo: vinse Gabriele, nel 1926. E fu una fortuna: durante la seconda guerra mondiale spese il suo tempo a proteggere a Murnau i lavori dell’ex compagno, che poi regalò a un museo. Nel 1923, dopo una lunga depressione, ricominciò a dipingere: «Agli occhi di molti», annotò poi sconsolata, «sono stata solo un’appendice insignificante di Kandinsky. Che una donna possa avere un talento autonomo e sia un essere creativo, lo si dimentica volentieri».
Figuration feminine
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Ritratto di Gabriele Münter, foto di Gabriele von Arnim, 1957. Fonte: Museo cittadino di Monaco, collezione fotografica. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
Seconda immagine: Gabriele Münter, natura morta con quadro votivo, olio su tela, 1910, foto scattata alla mostra Kandinskij. L'opera 1900-1940, Palazzo Roverella, Rovigo. (collezione privata). Foto di Threecharlie. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023