Cristina nacque a Stoccolma il 7 dicembre del 1626 e divenne regina a sei anni, alla morte di suo padre, Gustavo Adolfo il Grande. A diciotto anni prese nelle sue mani il governo del Paese. Abbiamo la fortuna di avere il racconto dei primi anni dalla sua stessa voce nella autobiografia: La vita scritta da lei stessa dedicata a Dio, al quale si rivolge con una certa familiarità, ringraziandolo per i molti doni che le ha concesso: in particolare ringrazia per l’ educazione paterna ‘de maschio’ che la aveva portata a disprezzare qualunque manifestazione del gusto femminile nel vestire e nel comportamento.
Aveva ricevuto anche una buona educazione politica, come dimostrò agli inizi del suo regno, ma i suoi interessi, che le valsero il nome di Minerva del Nord, erano rivolti soprattutto alle lettere, alle arti, alla filosofia. Tra la regina e il suo popolo si formò un sentimento di disagio; Cristina fu accusata di spendere troppo per le sue collezioni e di circondarsi di favoriti incapaci, ai quali lasciava i noiosi compiti del governo. Anche per il rifiuto del matrimonio, che avrebbe significato "la sottomissione ad un uomo", era assai riprovata.
La regina si sentiva stretta nella rigida cornice luterana del paese e in lei si formò la convinzione che fosse possibile una più ampia libertà intellettuale nell’ambito della religione cattolica, influenzata in questo anche da Cartesio, un cattolico fervente, suo ospite a corte, amico e mentore...
Nel 1654, vincendo la resistenza dei familiari, della corte e dei consiglieri, rinunciò al trono. Ceduta la corona al cugino Carlo Gustavo, lasciò la Svezia e iniziò il lungo viaggio verso l’ Italia: un viaggio fisico di trasferimento, un viaggio politico, ma soprattutto un viaggio spirituale che portava la neo convertita alla sua dimora naturale. A Innsbruck, nella cappella reale, fu battezzata e aggiunse al suo il nome di Alessandra in onore del papa Alessandro VII.
Il 23 dicembre del 1655 Cristina fece la sua entrata solenne nella città eterna dove fu accolta con tutti gli onori, a gloria della regina ospite e, soprattutto, della Chiesa di Roma che riconquistava una anima smarrita nella Riforma e tornata alla fede cattolica.
La Regina era giunta a Roma accompagnata da una fama, non immeritata, di persona stravagante, con un carattere bizzarro e non convenzionale: amava cavalcare in costume maschile, e non nascondeva la noia per la vita quotidiana fatta di rosari, messe, e preghiere.
Raccolse intorno a sé, nella residenza definitiva di palazzo Riario- Corsini, un’ frequentata da musicisti, letterati, poeti e diversi cardinali fra i quali emerse presto il cardinale Decio Azzolini, il quale si dedicò al riordino della sua casa, gestita in modo approssimativo e confusionario, e le rimase a fianco per trenta anni.
L’amicizia salda e duratura, quasi certamente casta, provocò non pochi pettegolezzi anche se nessuno riuscì mai dimostrarne la fondatezza. In verità Cristina fu anche accusata di dare ricetto a donne sole e di riprovevole condotta: donne fuggite di casa, teatranti, intellettuali. Anche i suoi interessi per le discipline esoteriche e la ‘discussa’ alchimia provocarono non infrequenti sospetti.
Sebbene afflitta da ricorrenti difficoltà economiche, la regina fu una vorace collezionista di opere d’ arte, manoscritti e libri, arricchì e curò il parco del palazzo, oggi Orto Botanico di Roma, con passione e competenza.
In quello che fu il suo palazzo ha sede l’ Accademia dei Lincei.
La sua biblioteca, ricca di duemila manoscritti, è divenuta parte della Biblioteca Vaticana.
Oltre agli interessi culturali la regina mantenne sempre una viva attenzione alla politica. Nel lasciare il trono svedese aveva dichiarato che “le donne non sono adatte a governare”, ma quando si resero vacanti i troni napoletano e polacco si propose come regina, senza successo. Forse era la Svezia luterana che le stava stretta: altra cosa paesi cattolici e con un clima migliore.
Fu la patrona e l’ ambasciatrice del cosiddetto Squadrone volante, un gruppo di cardinali che si proponeva di influenzare l’elezione del papa e promuovere la riforma della Chiesa: obiettivo che la regina condivideva con Azzolini.
Tramontata ogni possibilità di avere ancora un ruolo da protagonista nella politica europea, la regina organizzò la vita romana con la sua piccola corte; leggeva, scriveva: nel 1681, su richiesta del cardinale Azzolini, iniziò a scrivere la Vita. La sua Accademia rimase il centro dei suoi interessi: soddisfaceva la sua curiosità, l’ ansia di conoscere e l’ amore per la musica, eseguita sempre ad altissimo livello. Alessandro Scarlatti fu suo maestro di cappella, Arcangelo Corelli suonò per lei, e anche Angelica Quadrelli, una sua protetta, musicista assai dotata che le rimase vicino sino alla fine. Fu sempre una figura dominate nella Città eterna della quale si riteneva un “antico monumento” e dove viveva “da cattolica ma non da bigotta”.
Nella primavera del 1689, dopo un malessere che la aveva colta nell’ autunno precedente, la sua salute sembrò migliorata, ma quasi all’ improvviso tornarono le febbri; la regina, consapevole di essere vicina alla fine, si confessò, comunicò e inviò un messaggio al papa per chieder perdono per tutte le incomprensioni che li avevano divisi.
Morì il 16 aprile del 1689. Aveva vissuto a Roma per più di trenta anni.
I funerali per la regina che aveva scelto Roma e rinunciato al trono per non aver potuto riportare il suo paese alla vera fede, furono più che fastosi.
Cristina di Svezia riposa in San Pietro con due altre grandi donne, Matilde di Canossa e Maria Klementyna Sobieska. Le sole donne a cui sia toccato tale onore.
La bibliografia su Cristina è sterminata, qui diamo solo alcune indicazioni di riferimento:
Johan Arckenoltz (1695- 1777) Memoires concernnt Christine reine de Suede, pour servir…, Amsterdam, P. Mortier, 1751- 1760;
Veronica, Buckley. Christina Queen of Sweden, N. York, Harper Perennial, 2005;
Roma e Cristina di Svezia. Una irrequieta sovrana, Ebook a c. di Platania. G, Viterbo, ed. Sette Città, 2016.
Referenze iconografiche: Ritratto di Cristina di Svezia, 1670 circa, olio su tela di Jacob Ferdinand Voet, Galleria degli Uffizi. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2017
Ultimo aggiornamento: 2023