Per la sua traiettoria di vita e poiché l’ambito della sua opera trascese le frontiere nazionali, Carmen Naranjo fu una delle donne che più influì nello sviluppo della narrativa costaricana. La sua notevole forza creativa le permise di produrre una vasta e prolifica produzione letteraria che toccò diversi generi: poesia, saggistica, romanzo, racconto e teatro; per la chiarezza e l’onestà del suo dettato fu definita mujer palabra (donna parola). La sua infanzia trascorse in un ambiente prettamente maschile; unica donna di tre fratelli, soffrendo il rifiuto materno trovò rifugio nella predilezione del padre e nella lettura precoce. Per i suoi quindici anni ricevette in dono il Diccionario de la Real Academia Española. Suo padre possedeva a Cartago un negozio di tessuti, che fallì quando Carmen aveva tre anni; per questa ragione, la famiglia si trasferì a San José e condusse una vita così austera che Carmen e i suoi fratelli dovettero lavorare fin da piccoli per contribuire al sostentamento familiare. A tredici anni si ammalò di poliomelite e fu costretta a studiare privatamente per tutto il lungo periodo di convalescenza, approfittando di questa avversità per leggere le opere di Faulkner, Whitman, Dickinson, Verne e McCullers.
Inizia la pioggia a Olo con risonanze di tamburi maya e appartengo a una tribù di selva e giada senza antenati paterni ancor meno nonni e bisnonni perché nacqui in viavai di razze conquiste e vassallaggi senz’altra consegna che incontrare il mio volto scolorito nella pioggia instancabile di Olo.
Nella Escuela República del Perú a San José frequentò le scuole primarie e nel Colegio Superior de Señoritas le secondarie, laureandosi poi in Filologia alla Universidad de Costa Rica. Frequentò corsi postlaurea alla Universidad Autónoma de México e alla University of Iowa negli Stati Uniti. Nel suo lavoro come funzionaria pubblica, ebbe l’incarico di ambasciatrice del Costa Rica in Israele, di Direttrice Amministrativa della Caja Costarricense del Seguro Social, di Assistente Direttiva dell’Instituto Costarricens de Electricidad, di Ministra della Cultura, di Direttrice della Editorial EDUCA, di Presidentessa del Consejo Nacional de Educación Física e di Direttrice del Museo de Arte Costarricense. Lavorò inoltre per le Nazioni Unite e per la Organización de Estados Americanos (OEA) in El Salvador, Repubblica Dominicana, Messico e Stati Uniti, e diresse i programmi regionali del Fondo per l’Infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF). Fu coordinatrice tecnico-amministrativa dell’Istituto Centroamericano di Amministrazione Pubblica (ICAP).
Un uomo, una donna, un bambino, una goccia che nelle giare fa sorrisi. Più in là uno specchio in cui si perdono le età. Una ricerca di frontiere intime con timori deboli che se ne vanno in somme senza fine, un affanno di spegnere luci e cogliere verdi manti nelle praterie. Non c’è storia senza un uomo, una donna, un bambino. Un uomo con i piedi sulle spine, una donna che avvolge le sconfitte, un bambino sulla luna, tenero di sogni, che sogna profili di rose sgranate nell’arena. Non c’è tavola sacra senza un uomo, non c’è culla senza un bambino, non c’è canto senza una donna.
Vinse diversi premi nazionali (Premio Aquileo J. Echeverría nel 1966 e 1971, Premio Magón nel 1986) e internazionali (Premio La Orden Alfonso X El Sabio, Spagna 1977, Medaglia Gabriela Mistral in Cile nel 1996). Nel 1991 la Universidad de Santo Domingo le conferì il Dottorato Honoris Causa. Fu la prima scrittrice a entrare nell’Academia Costarricense de la Lengua. A questi successi si aggiunse una instancabile promozione culturale, sviluppata con tenacia sia attraverso i suoi incarichi ufficiali, sia in ambito privato. Ma, soprattutto, il suo successo principale fu la sua attività di creatrice. In poesia, è senza dubbio una delle voci più chiare e importanti dell’America ispanica; a partire dagli anni Cinquanta, dopo la laurea in Filologia, emerse nella letteratura nazionale con saggi e analisi sulla società centroamericana, esordendo ufficialmente nel 1961 con il libro América, poema geográfico y sentimental, a cui fecero seguito le raccolte Canción de la ternura (1964), Hacia tu isla (1966), Misa a oscuras (1967), Idioma del invierno (1971), Mi guerrilla (1977), Homenaje a don Nadie (1981), En esta tierra redonda y plana (2001), En Olo la lluvia sabe, ve, huele, oye y toca (2002), En el círculo de los pronombres (2003), Oficio de oficios (2007).
Penso alla sostanza e vedo il cielo disabitata frontiera del tempo nella fucina di gesti invisibili che non giungono a canti né discorsi nel silente teatro senza cortine dove le ombre fantasmi di tanti davanti a un pubblico di statue cieche parlano e gemono monologhi di paura nell’idioma apatico del leggio. Il suo lavoro letterario, spesso accompagnato da filmati che denunciavano la deforestazione, la malnutrizione, la povertà e l’alcolismo, fu considerato sovversivo da alcuni critici, ma Carmen continuò a esercitare un attivismo culturale contro l’apatia e l’ipocrisia, a favore della valorizzazione della cultura in America Latina, integrando la sua ampia produzione letteraria con l’attività politica e sociale incentrata sulla difesa e sulla promozione dei diritti femminili, forgiando una figura di donna leader e creativa. Fu una scrittrice instancabile, pioniera del discorso interiore e del fluire della coscienza. Sfidante, innovatrice, eternamente inquieta, quasi iperattiva fino agli ultimi mesi di malattia, ebbe una fede incrollabile nel valore della parola, che fermenta a nostra insaputa nell’arco dei secoli. [
Penso alla sostanza e vedo il cielo disabitata frontiera del tempo nella fucina di gesti invisibili che non giungono a canti né discorsi nel silente teatro senza cortine dove le ombre fantasmi di tanti davanti a un pubblico di statue cieche parlano e gemono monologhi di paura nell’idioma apatico del leggio.
Forse la terra, questa terra dell’origine e della fine davanti alla vertigine delle stelle, questa terra dove le mani danno fiori e gli orgasmi odorano di pesche, mentre il tempo misura racconti di incontri e la solitudine svuota i suoi nidi di soliloqui. ... E la terra resta ferita, immutabile, lecca il suo sangue, cuce le sue cicatrici, piange silente la sua sterilità e con lacrime genera primavere perché è tessitrice di foglie secche per vestire di falde verdi corridoi di gola e fame. ... Oh terra madre di ventre ossequio dove abita il bozzolo, il batterio e quest’uomo che nega e oltraggia. Oh terra con mani e seni di matrona, ti vestono da prostituta, non la pecora che ti rovista con fame, non il rettile che lecca i tuoi nascondigli, non la fiera che fugge ai tuoi angoli, bensì quest’uomo che ti ruba i fianchi e negozia il tuo cuore di fertile pianto.
La sua convinzione di scrivere con un criterio di vigenza permanente nel tempo, senza considerarsi parte di una generazione letteraria, ci fa capire che il suo interesse era incentrato sull’indagare l’immaginario sociale per mostrarci dall’interno la personalità, le inquietudini, i sentimenti, le abitudini e le frustrazioni di una società, quella ispanoamericana, sempre pericolosamente in bilico tra un passato storicamente doloroso e dipendente e un anelito di affermazione e affrancamento. Carmen Naranjo ha affondato la penna nella realtà, con rara capacità di suscitare stupore, empatia e compassione nei confronti dell’essere umano, restituendoci la fotografia interiore di un continente così grande da sembrare inconciliabile, così piccolo da sembrare un’isola.
Io piovo perché amo piovo verticale il mio ritorno e non fecondo spighe a volte piovo chiacchiere quando non posso piovere tanta pioggia di tante cose gocce e gocce di miseria nella cerimonia del viaggio sulla memoria dell’acqua.
Carmen Naranjo, Lettera all’indirizzo degli uccelli, Edizioni dell’Orso dicembre 2023, cura e traduzione di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli. Carmen Naranjo Coto: modelo de creatividad y liderazgo femenino, Biblioteca Nazional Miguel Obregón Lizano, Investigación y Bibliografía, setiembre 2019. Carmen Naranjo, www.inamu.go.cr
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2024