Le sculture in terracotta di Seni Camara sono state apprezzate solo di recente. inizialmente accolte con diffidenza, dai suoi conterranei senegalesi, dato che non avevano riferimenti alla tradizione locale né in quella artistica internazionale. Tra gli anni ’60 e ’70 Seni vendeva giusto ai turisti; furono loro, tuttavia, che misero in circolazione all’estero le sue opere, favorendo, nel 1989, la sua partecipazione alla collettiva di Parigi dedicata ai Magiciens de la Terre (Maghi della Terra).

Per l’occasione le opere di Camara furono esposte accanto a quelle della celebre Louise Bourgeois, che nel 1996, nel libro Contemporary Art of Africa, scrisse su Seni una recensione molto positiva, esprimendo apprezzamento e rispetto. Da alcuni decenni la considerazione nei confronti di Seni è cresciuta anche nel suo paese, che nel frattempo ha attraversato una fase molto critica durante i tentativi di secessione della Casamance, regione d’origine dell’artista.

Questo territorio, politicamente inglobato nel Senegal, prende nome dal fiume Casamance e confina con il fiume Gambia, lo Stato del Gambia e la Guinea-Bissau. Il clima è sempre stato benefico: mentre la parte nord del Senegal è in progressiva desertificazione, a sud la Casamance può contare su piogge più frequenti che favoriscono la presenza di alberi e terreni fertili. Ma pur producendo risorse in quantità e pur ospitando la principale località turistica, la maggior parte delle entrate viene incamerata dalla capitale Dakar, senza particolare vantaggio per il popolo Diola, al quale appartiene anche l’artista Seni Camara. I Diola si erano stabiliti nella Casamance a partire dal XVI secolo. Nel 1982 si costituì tra di loro un Fronte di Liberazione per contestare l’abbandono da parte del governo senegalese, che non provvedeva a infrastrutture, né a istruzione e sostegno economico. La violenta repressione delle proteste diede luogo a una guerra durata più di 30 anni, che sembra essersi conclusa nel 2004.

I Diola si sono sempre distinti dalle altre etnie locali e hanno resistito nel tempo anche all'influenza francese; considerando lo Stato del Senegal come oppressore, essi si mantengono ancora oggi isolati e conservano una lingua e tradizioni proprie. Non riconoscono capi, né caste né schiavitù; il sistema del clan guida l’intera vita del popolo Diola attraverso la cultura orale, conservando canti e danze di tipo sciamanico. Maschi e femmine vivono in edifici separati: gli uomini abitano in case rotonde e le donne in case rettangolari, di fango o cemento. La speranza media di vita non supera i 45 anni.

Nel Senegal degli anni '80, quando Seni Camara iniziò a far parlare di sé, frequentare una scuola era privilegio di pochi individui; tra questi solo il 30% era composto da donne, che negli istituti d'arte costituivano a malapena il 7% dei frequentanti. La stessa Seni non ebbe una formazione specifica, ma fu introdotta alla lavorazione della creta dal nonno e dalla madre ceramista, che le permetteva di inserire i suoi lavori nel forno mentre il vasellame destinato al mercato era in cottura. Tuttavia la giovane artista non si dedicò tanto alla produzione di stoviglie, quanto alla ricerca estetica e concettuale, trasferendo nella creta una visione animista che fino ad allora era stata trasmessa soprattutto per via patrilineare.

Ancora oggi i Diola conservano per il 20% gli antichi culti animisti, mentre il Cristianesimo è seguito dal 50% della popolazione e l’Islam dal 30%; ma la fede negli spiriti della natura spesso resiste e si infiltra anche all’interno di queste due grandi religioni. L’arte di Seni rispecchia il senso del sacro a cui sono legati i Diola, che non amano però diffondere all’esterno i propri riti e le proprie credenze. Tanto è vero che all’epoca della guerriglia alcuni gruppi più estremi fecero irruzione nella casa dell’artista e distrussero la sua produzione di quel periodo, considerata – in quanto destinata all’esportazione - come una violazione delle tradizioni più segrete. Per qualche tempo lei smise di esporre le proprie creazioni, ma poi gradualmente le ripropose.

Attualmente a Bignona, dove Seni Camara nacque intorno al 1945, è diventata persino leggendaria: l’artista dice che nella prima adolescenza furono delle entità mistiche ad avviarla alla lavorazione dell’argilla; anche molti compaesani raccontano che Seni sarebbe stata rapita insieme ai fratelli e istruita dagli spiriti della foresta, che l’avrebbero rilasciata solo dopo aver ricevuto un sacrificio di animali da parte della comunità; alcuni dicono che di Seni Camara ne esistono parecchie e che sono tutte scultrici; altri sostengono che l’artista non è più in vita, essendo stata uccisa e poi sostituita da una sua gemella. Quest’ultima inquietante narrazione echeggia la maniera particolare con cui sono visti, nei riti dell’Africa sub sahariana, coloro che nascono dal medesimo parto: se in alcuni territori orientali i gemelli sono considerati malefici e portatori di disgrazie, in diverse zone occidentali vengono adorati come divinità e ritratti in statuette di legno. Il tema del doppio genera comunque sconcerto. In effetti Seni è nata da un parto gemellare con un fratello e una sorella.

A quindici anni, costretta a sposare un uomo molto anziano, la scultrice aveva interrotto l’attività artística. Solo dopo aver lasciato questo marito Seni riprese o a modellare la creta. Il fatto di esprimersi nuovamente e poterne ricavarne un guadagno le ha permesso di rinascere in autonomia: con la vendita delle proprie opere ha ottenuto stabilità economica anche per i familiari e ha potuto costruire una casa, per quanto non fornita di acqua ed elettricità. Tuttavia gravi problemi di salute e numerosi interventi chirurgici hanno sempre tormentato la sua vita, senza permetterle di portare mai a termine le gravidanze iniziate; nemmeno durante il secondo matrimonio l’artista è riuscita a diventare madre, ma la sua famiglia è cresciuta perchè comprende anche i figli che il marito ha avuto da altri matrimoni, e tutti le sono di grande supporto.

Lo stile di Seni non rientra in nessuna categoria estetica storica, ma risponde allo scopo di tramandare storie senza tempo: poichè la credenza animista ritiene che gli avi siano in connessione con l’energia dell’universo e possano influenzare il destino delle persone, questa artista si assume il compito di mettere in comunicazione passato e presente, ritraendo i progenitori in strutture composite assimilabili a dei Totem. La varietà di personaggi si riferisce al grande assortimento dei tipi umani, sia dal punto di vista dell’aspetto esteriore che da quello caratteriale. I visi deformi vengono spiegati da Seni come reazioni da parte degli antenati, risentiti per l’atteggiamento umano a volte indifferente o ingrato.

Le statue d’argilla di Seni sono alte da pochi centimetri a diversi metri; gli antenati che vi sono rappresentati possono prendere la forma di esseri umani (a volte in scene di accoppiamento o di gioco), animali (scimmie, felini, rane, coccodrilli). Anche la realtà quotidiana trova spazio in alcune sculture, che riportano oggetti della contemporaneità come furgoncini o motociclette. Ogni figura può avere più di una testa e numerose altre figurine che scaturiscono dal corpo principale, dalla testa e dalle ginocchia. Le acconciature sono assai elaborate, i volti ridono e presentano occhi e denti sporgenti, con un effetto tra il mostruoso e il buffo; la pelle appare scarificata e decorata con tatuaggi e gioielli.

Tecnicamente il procedimento di realizzazione delle sue opere è lungo e faticoso, e richiede frequentemente la collaborazione dei familiari. Si tratta di trasportare dalle paludi dei blocchi argillosi, che devono essere macinati insieme ai residui marini fino ad ottenerne una polvere che va mescolata con l’acqua; l’impasto viene filtrato attraverso dei cestini, poi amalgamato prima con bastoni, poi con piedi e mani. I familiari osservano con rispetto il successivo lavoro di Seni, che siede per terra e modella la creta ottenuta servendosi quasi sempre della tecnica del colombino, senza mai levarsi gli anelli e i bracciali di cui è adorna. Le figure plasmate vengono quindi cotte in fornaci all’aperto e infine tinte con una sostanza rossastra ricavata dalla bollitura di grandi noci selvatiche.

Il motivo della Dea circondata di molteplici figure ritorna in molte civiltà anche lontane: esso appare per esempio nell’immagine di alcune dee indù; si ritrova anche nell’Artemide di Efeso, adorna di teste umane e animali ma soprattutto nota con l’appellativo Polymastos, perché presenta un grande numero di mammelle. Proprio come le antiche statuette di Dea Madre, le creature dell’artista africana sono spesso raffigurazioni di colei che genera e alimenta la vita. Seni ha a cuore soprattutto il tema della fertilità, perciò plasma spesso figure di donne gravide; considerando la propria arte come un dono divino, sostiene che queste immagini hanno un potere taumaturgico e cita il caso di una coppia sterile che, con la protezione degli idoli di creta, aveva avuto due gemelli.

Nella fase di ideazione di un’opera, Seni si isola per ispirarsi alle rivelazioni ricevute attraverso i sogni, alle storie tramandate e alla sua stessa fantasia, alimentata attraverso riti tenuti segreti.
L’artista-sciamana si disinteressa a tutto ciò che non rientra nel suo universo, tanto è vero che non ha mai lasciato la Casamance nemmeno per andare a Dakar o per presenziare alle mostre che di recente le sono state dedicate. Seni stabilisce un prezzo calibrato per le proprie opere e non si presta a contrattazioni; ma soprattutto considera di grande valore la propria arte in quanto ispirata da entità superiori, ne percepisce il carico di responsabilità e sostiene che tale approccio non può essere tramandato: infatti, diversamente da molte altre artiste che si sostengono anche grazie all’attività didattica, finora Seni Camara ha preferito non avere allievi.




Voce pubblicata nel: 2025

Ultimo aggiornamento: 2025