Nasce in una una famiglia di diplomatici sovietici di nazionalità ucraina impiegati presso l'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).
Studia giornalismo presso l'Università Lomonosov di Mosca dove si laurea nel 1980 con una tesi sulla poetessa Marina Cvetaeva. Nel frattempo si è sposata con il giornalista russo Aleksandr Politkovskij da cui avrà due figli: Il'ja e Vera.Anna si dedica alla carriera giornalistica, scrivendo per il giornale della compagnia aerea di bandiera Aereoflot e presso la testata giornalistica «Izvestija» dal 1982 al 1993, anno in cui passa a «Obščaja Gazeta» dove ricopre la mansione di assistente dell'allora direttore principale Igor Jakovlev.
Fin da subito collabora con radio e canali televisivi indipendenti, interessandosi soprattutto della questione del Caucaso e della politica russa in quella regione. Dal 1999 segue il secondo conflitto in Cecenia e le vicende di Daghestan ed Inguscezia per la testata indipendente di orientamento liberale «Novaja Gazeta», dalle cui colonne svolge una implacabile critica alla politica di Putin, che giudica essenzialmente antidemocratica ed aggressiva.
Negli anni della perestrojka e della prima epoca postsovietica si accendono le speranze che la Russia abbracci la democrazia e diventi uno stato di diritto allineato agli standards europei; ma il progressivo affermarsi di un modello autoritario di governo, di cui la violenta conduzione della guerra in Cecenia è lo specchio, spingono la Politkovskaja ad una critica sempre più serrata ed implacabile della politica condotta da Putin in Russia e nel Caucaso. La Politkovskaja diventa una voce scomoda, che, con i modi del giornalismo di inchiesta, porta avanti temi propri alla tradizione già sovietica del “dissenso”. Paladina dei diritti umani, sostenitrice della democrazia e delle libertà ad essa connesse, la Politkovskaja segnala il regresso in senso antidemocratico del suo paese, la spregiudicatezza della nuova “verticale di potere” posta in essere da Putin, di cui sottolinea la provenienza da quegli organi di sicurezza che erano il baluardo del sistema sovietico.
Fin dai primi pezzi dedicati alla Cecenia, riceve minacce di morte, ma continua a seguire le sorti del Caucaso per la «Novaja Gazeta», correndo alti rischi, ma cercando sempre il contatto con gli attori della guerra, sia russi sia ceceni, sia militari, sia, soprattutto, civili. In particolare, cerca di ricordare ai suoi connazionali che anche i Ceceni sono cittadini russi al pari degli altri soggetti della Federazione, anche se la spirale di violenza in cui la guerra cecena s'avviluppa porta a dimenticarlo, come ben dimostrano gli innumerevoli episodi che descrive nel libro Cecenia, il disonore russo. «Nell'arco della mia esistenza voglio riuscire a vivere una vita da essere umano in cui ogni individuo sia rispettato».
Nell'ottobre del 2002 è chiamata dai terroristi ceceni che hanno occupato il teatro Dubrovka a mediare nelle trattative con il governo russo. Il blitz delle autorità russe rende vana ogni trattativa: il gas immesso nel teatro uccide tutti i terroristi e molti degli ostaggi. Questo accentua la critica della Politkovskaja nei confronti del governo, che accusa di essere indifferente alla vita dei suoi cittadini, pur di vincere con la forza la partita con i terroristi.
Memore di questo precedente, nel 2004 cerca di raggiungere Beslan dove i terroristi hanno occupato una scuola, ma sull'aereo viene colpita da un malore che la costringe a tornare a Mosca: affermerà, senza poterlo dimostrare, d'essere stata vittima d'un tentativo d'avvelenamento.
La Politkovskaja continua nel suo impegno civile e giornalistico – nonostante le crescenti intimidazioni da cui è colpita – dalle pagine di «Novaja Gazeta» fino al 7 ottobre 2006, quando viene freddata con cinque colpi di pistola nell'ascensore di casa.
Anna Politkovskaja resta una figura scomoda, su cui si cerca di far cadere il silenzio in patria, nonostante la sua notorietà internazionale, testimoniata, fra l'altro, dai numerosi premi che ha ricevuto durante la sua carriera e anche dopo la sua morte.
I suoi figli hanno scelto di continuare a tenerne vivo il ricordo e l'esempio, e di ricercare la verità sulla sua fine lontano dalla ribalta della politica, ma con appassionata determinazione.
Anna Politkovskaja, Un piccolo angolo d'inferno, Milano, Milano, Rizzoli 2008
Anna Politkovskaja, Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin, Milano, Mondadori 2007
Anna Politkovskaja, Diario russo 2003-2005, Milano, Adelphi 2007
Anna Politkovskaja, La Russia di Putin, Milano, Adelphi 2005
Anna Politkovskaja, Cecenia. Il disonore russo, (con intr. di Roberto Saviano), Roma, Fandango Libri 2003
A. Riscassi, Anna è viva. Storia di Anna Politkovskaja. Una giornalista non rieducabile, Casale Monferrato, ed. Sonda 2009
Referenze iconografiche: Anna Politkovskaya in Prague. Foto di NoJin. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023