Adele Woena appartiene alla schiera di donne che nell’Ottocento, con ardore e passione, si sono impegnate a diffondere con le armi della scrittura nuovi modelli di pensiero, quale l’emancipazione femminile, auspicando di superare la vergognosa arretratezza italiana che a quel tempo le teneva in una condizione intellettuale e sociale subalterna. Che cosa c’era di meglio se non pubblicare le proprie idee e quelle delle amiche de plumes?
Donne, tra cui Giulia Molino Colombini, Erminia Fuà Fusinato, Felicita Morandi, che non si limitavano, come si diceva allora ed ancora per tanto tempo, a svolgere la missione che per natura era loro riservata – cioè dedicarsi con esclusività ed abnegazione alla famiglia, legate a lei da “un filo rosa” –, svolgevano attività professionali di vario genere: erano impegnate a dirigere scuole femminili e istituti per l’infanzia; erano inclini a poetare, a scrivere romanzi d’appendice (oggi in gran parte dimenticati) o su riviste. Il fine ultimo era quello di formare, attraverso un percorso simile a quello degli uomini nella scuola pubblica, una donna nuova per garantire una parità intellettuale fra i sessi, pur nel rispetto della diversità di diritti e doveri.
Adele fonda a Modena «L’Aurora. Periodico di Istruzione e di Educazione. Libera palestra per le giovani», rivista mensile dal febbraio 1872 al dicembre 1883, la sua opera principale che la impegna per diversi anni e la cui lettura concorre a ricostruire il suo mondo, perché frammentarie sono le notizie della sua vita – che si scopre corrispondere ad un diffuso modello ottocentesco di donna. Nata nel 1833, da una ricca famiglia borghese di Pinerolo, orfana di madre in tenera età, rimane fino all’adolescenza in collegio dove riceve un’educazione religiosa “per signorine”, tuttavia moderna in quanto indirizzata a principi che riconoscevano la necessità di formare anche le giovani. Si sposa con Pietro Re, nel 1856 diventa madre di Camillo e dopo tre anni scioglie il vincolo matrimoniale che, se avesse mantenuto, causa l’autorità maritale, l’avrebbe portata a sacrificare i suoi interessi culturali per la famiglia. Nel 1863 raggiunge Modena dove un fratello, Ernesto, presta servizio presso la prestigiosa Accademia Militare e lì rimarrà ininterrottamente nonostante muoia a Roma nel giugno 1884, dove aveva trascorso lunghi periodi.
Si dedica all’insegnamento per alcuni anni, pubblica nel 1867 un libricino per le sue alunne, Nozioni elementari di sfera armillare e cosmografia, ma per la debole salute abbandona l’attività didattica per impegnarsi nella scrittura. L’amica Eleonora Reggianini, poetessa e patriota del Risorgimento italiano, probabilmente la introduce nel gruppo delle giornaliste collaboratrici di Gualberta Alaide Beccari che dirige «La Donna», manifesto del nascente femminismo. Pubblica articoli fino al 1871, trattando la rivista soprattutto di educazione popolare, diffusa nei paesi dell’Europa occidentale. L’istruzione e l’educazione sono per lei sempre temi cari, per cui non manca di scrivere articoli pieni di entusiasmo quando si apre una scuola che diventa “una nuova batteria contro i nemici della civiltà e del progresso quali sono l’ignoranza e i pregiudizi”, o quando dà notizia delle prime giovani italiane iscritte all’università, oppure informa sui traguardi di studi della pinerolese Lidia Poët, di cui Adele annuncerà come un “meritato trionfo femminile” il conseguimento della laurea in giurisprudenza.
Adele, da brava giornalista, aggiorna il suo pubblico su quanto avviene intorno a lei: dalle nuove scoperte scientifiche, all’igiene e la dietetica, agli usi e costumi femminili nei vari paesi del mondo, pubblica novelle o romanzi a puntate, tra cui il suo romanzo La lotta del cuore (Modena 1875), aggiorna sui dettami della moda attraverso Giuseppina Massara, amica sua carissima, direttrice di «Mondo Elegante», con articoli tanto dettagliati che sembrano “fotografare” gli abiti per una donna à la page. Con spirito moderno, per incentivare gli abbonamenti, usa uno stratagemma che ben conosciamo oggi: regala, od offre ad un prezzo conveniente, un’altra rivista specializzata di moda, la francese «La mode universelle», oppure la macchina da cucire, strumento molto cara alla donna fino a metà del Novecento.
L’interesse per la moda porterà Adele a dirigere nel 1875-76 «La Moda Italiana», rivista milanese riccamente illustrata di toilettes. È sorprendente come anche in questo genere di giornalismo, colga l’occasione per inserire riflessioni di natura pedagogica utili a donne impegnate a rinnovarsi in tutti i campi. Il suo è anche un giornalismo di denuncia: quella forza che mette nel realizzare i suoi ideali, viene impiegata altrettanto per incriminare l’ignobile tratta di bambini rapiti e trasferiti nelle principali città americane, messi in schiavitù, costretti all’accattonaggio dopo essere stati mutilati da uomini spregiudicati. I lettori ne verranno informati per mesi e infine uscirà, dedicato alle donne, I comprachicos nel secolo XIX ovvero la tratta dei fanciulli italiani all’estero (Modena 1880), che raccoglierà le tappe di questa vera e propria battaglia, vinta con l’emanazione di leggi per contrastare questo fenomeno e sanzionare gli schiavisti. Alla fine dell’anno Adele prepara per le lettrici, come dono per la fedeltà dimostrata (“enza di voi sono vinta, con voi vittoriosa sempre”), la Strenna, raccolta di poesie, racconti, illustrazioni, con ritratti litografici e note biografiche delle più assidue collaboratrici, ed è proprio con la Strenna dell’Aurora del 1883, l’ultima da lei firmata, che si congeda offrendo una bella immagine a colori di una figura femminile, l’Aurora appunto, che sospesa in volo irraggia luce sulla Città Eterna.
Strenna dell’Aurora, Adele Woena
Maurizia Camurani, Adele Woena tra Pinerolo, Modena e Roma, in Bollettino della Società Storica Pinerolese, Anno XXXV, Pinerolo 2018
L. Pisano (a cura di), Donne del giornalismo italiano: da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi, Milano 2004
Voce pubblicata nel: 2019
Ultimo aggiornamento: 2023