Mariarosa Ferrari era stata destinata a tutt’altro, rispetto alla strada dell’arte che poi seguì; infatti il padre, che avrebbe desiderato un maschio, avrebbe voluto che lei portasse avanti l’attività del negozio di ferramenta che era stato già del nonno. Intelligente, bella e di grande personalità, ella riuscì però a sottrarsi a quel destino sgradito nel più classico dei modi, per una donna.
L’1 ottobre del 1960, infatti, si sposò col dottor Gianluigi Romanini, destinato a diventare il primario del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia dell’Ospedale Maggiore di Cremona. Cultore d’arte, oltre che medico, è proprio con lui che Mariarosa prese a viaggiare, seguendolo in occasione dei suoi convegni, e a visitare mostre e gallerie d’arte, scoprendo in tal modo un mondo che l’attrasse a sé indissolubilmente. Anche dalla famiglia d’origine, comunque, le erano venute sollecitazioni culturali non trascurabili poiché il nonno, che suonava nella banda diversi strumenti, l’aveva abituata fin da bambina ad andare all’opera, mentre il padre, che suonava il violino – strumento principe della tradizione musicale cremonese –, contemporaneamente la portava a sentire concerti consentendole, inoltre, lo studio del pianoforte. Con queste basi non le fu difficile conseguire l’attestato, rilasciato il 12 giugno del 1979 dalla Regione Lombardia, di Tecnico organologo e liutario; l’attestato registra anche l’argomento della sua tesi, incentrata sull’analisi formale di alcune sonate di Arcangelo Corelli.
Abituata al linguaggio astratto della musica, Mariarosa sentì in particolare il richiamo dell’arte contemporanea e dei suoi linguaggi spesso non figurativi, ciò che ha reso le sue scelte degne di nota poiché, se in città non mancavano gallerie d’arte, le loro proposte si situavano ancora nell’ambito del linguaggio tradizionale dell’arte figurativa, che incontrava senz’altro il gusto di un pubblico provinciale. La sua sensibilità alternativa determinò in città un’apertura culturale controcorrente, anche se certo non fu facile imporla al vasto pubblico e rimase forse elitaria.
Superati gli anni Sessanta, che videro Romanini impegnata soprattutto nel ruolo di madre – dal 1961 al 1966 ebbe tre figlie – fu nel pieno degli anni Settanta che prese corpo il suo impegno in prima persona in campo artistico, questo grazie ad un altro incontro fatale, quello con la critica d’arte Elda Fezzi, dominatrice della scena artistica cremonese della seconda metà del Novecento, prevalentemente proprio nell’ambito specifico dell’arte contemporanea. Fezzi aveva fondato nell’estate del 1974 la Galleria Il Triangolo alla conduzione della quale subentrò come gallerista proprio Mariarosa nel settembre del 1979.
L’assidua frequentazione della critica d'arte, che conosceva da anni, e la profonda amicizia che ne scaturì garantì alla Galleria il sostegno della vasta cultura di Fezzi, ma anche delle sue brillanti idee e – dato non trascurabile – l’estrema utilità dei suoi legami, ramificati su scala nazionale, e non solo, nel mondo dell’arte. Le comuni scorribande nella Penisola a visitare mostre di grido erano propedeutiche all’allestimento di nuove esposizioni nella piccola, ma sofisticata Galleria di vicolo della Stella. Vi esposero artisti di grosso calibro, a cominciare da Carrà, cui fu dedicata la mostra d’esordio, per non dire di Alberto Giacometti e Joan Mirò.
Tutto il Novecento italiano è stato adeguatamente documentato come, per citare un solo ma rappresentativo esempio, nella collettiva del febbraio del 1986 che allineava, oltre a Carrà, De Chirico, Severini, Morandi, Sironi, Casorati, De Pisis, Soffici, Tosi, Rosai, Cagli, Mafai, Morlotti, Cassinari e Mattioli. La notorietà delle mostre, della critica d'arte e della gallerista richiamarono a Cremona da tutt’Italia figure di alto profilo come Luciano Caramel, Rossana Bossaglia, Mario De Micheli, Giovanni Testori, Mario Corradini, Vittorio Sgarbi e Marco Goldin; la città, soprattutto tra gli anni Settanta e gli Ottanta, divenne così un piccolo, vivace centro vocato alla contemporaneità.
In galleria non mancarono, però, eccezioni rispetto al Novecento e sguardi rivolti al passato, giustificabili con le vaste competenze storico-artistiche della critica d'arte; ne fanno fede la mostra del marzo del 1985 sulle tavolette da soffitto, tipiche dei palazzi rinascimentali lombardi e quella sulla natura morta del Seicento europeo, quest’ultima del gennaio del 1988, pochi giorni prima della prematura morte di Elda Fezzi.
In una galleria cremonese, naturalmente, non si trascurò di proporre il meglio dell’arte locale in mostre collettive (giugno 1982, dicembre 1985) o in personali come in quella di Luigi Dragoni (novembre 1983) o nella retrospettiva di Carlo Bugada (aprile 1986) oppure nella mostra dell’incisora Federica Galli (febbraio 1987). Le straordinarie tavole di quest’ultima svelano un’altra delle preferenze della curatrice e quindi ricorrenti nelle esposizioni del Triangolo. In quest’ambito, normalmente di nicchia, gallerista e critica coalizzate riuscirono, anzi, a uscire dagli spazi ridotti della galleria e, coinvolgendo il Comune – impresa allora tutt’altro che facile nel contemporaneo – ad approdare in quelli monumentali di S. Maria della Pietà realizzando una serie di memorabili mostre, scalate tra il 1982 e il 1988, sui movimenti più rappresentativi del Novecento. Aprì la serie La grafica degli scultori e vennero poi La grafica surrealista, Gli artisti di Corrente, La grafica dell’Astrattismo e, infine, su un tema quant’altro mai eterno e trasversale, La figura umana nell’arte contemporanea.
Quest’ultima mostra chiuse i battenti il 24 gennaio del 1988, pochi giorni prima della scomparsa della Fezzi. L’evento naturalmente destabilizzò psicologicamente la gallerista, abituata a lavorare in simbiosi con la critica d'arte. Superato, però, lo shock iniziale che le fece addirittura ipotizzare la chiusura della galleria, dando prova di carattere, Mariarosa si riprese. Un decennio circa di lavoro intenso aveva lasciato un segno profondo: metodo, procedimento, occhio e rete di contatti erano ancora tutti lì a sostenerla e a consentirle di portare avanti con recuperata fiducia l’attività della galleria, trasformata in circolo culturale dal 1995.
Del trentennio che seguì, oltre alle esposizioni, realizzate col supporto della critica d'arte Tiziana Cordani, va assolutamente ricordato un memorabile ciclo di conferenze, a latere delle mostre, sul tema Arte in Italia dal 1945. Ogni conferenza comportò una pubblicazione con testo introduttivo della stessa Ferrari Romanini, ma ogni momento della storia artistica nazionale fu presentata da critici diversi di chiara fama, a conferma dell’ampiezza di respiro dell’iniziativa concepita, imperniata sulla contemporaneità. La conferenza di apertura fu tenuta da Mauro Corradini (Fronte nuovo delle Arti, Neorealismo, Realismo esistenziale), seguì poi nello stesso 2007 Luciano Caramel (Astrattismi, 1945-55); nel 2008 Claudio Cerritelli illustrò L’informale italiano anni ’50, seguito da Elena Pontiggia per Gli anni Sessanta e da Flaminio Gualdoni (Pittura-pittura e astrazione). Conclusero la rassegna nel 2009 Martina Corgnati (Transavanguardia e citazionismo) e Marco Goldin (Pittura in Italia oggi).
Va precisato che in realtà l’attività di Mariarosa fu tutt’altro che esclusivamente locale; dal 1984, infatti, aveva diretto a Parma la galleria La Sanseverina con mostre prestigiose di autori nazionali (Tornabuoni, Guccione, Morlotti, Vangi, Ferroni, Melotti e altri) e internazionali (Theimer, Baselitz, Sutherland) realizzate col supporto dello storico dell’arte Roberto Tassi. Lo stesso dicasi per la partecipazione alle più importanti fiere del settore (Bologna, Milano, Bari e Torino, ma anche Parigi e Madrid). Per motivi familiari la collaborazione con la galleria parmense si concluse nel 1992.
Si sbaglierebbe se si pensasse alla sua come un’attività incentrata esclusivamente sulla galleria d’arte. Fino al 1996, infatti, continuò la collaborazione, avviata dal 1989, con lo scultore Floriano Bodini per il quale curò l’evento per la posa della statua di Paolo VI nel Duomo di Milano, nonché l’organizzazione dell’esposizione delle sue sculture alla mostra di Arte Sacra presso il Museo della Fabbrica del Duomo. Nel 1998, invece, fece parte del comitato scientifico per la curatela del catalogo e l’allestimento della mostra Omaggio a S. Omobono, tenuta in Palazzo Vescovile a Cremona, di cui il santo è patrono. Né mancarono occasioni di collaborazione col Museo Civico Ala Ponzone, come per La notte dei Musei 2014 e 2015 quando curò, rispettivamente, l’allestimento della mostra Pathos di Giorgio Palù e Marco Nereo Rotelli e poi Storie di manna con un’installazione di Grazia Gabbini.
Al 2016 risale un’altra dolorosa perdita, quella del marito, in memoria del quale Mariarosa si fece promotrice di varie iniziative benefiche a favore dei disabili della Cooperativa Agropolis di cui il dottor Romanini era stato presidente. Ricordiamo, in particolare, in collaborazione con il Comune e Provincia di Cremona, le undici edizioni, sospese solo nel 2020 per l’epidemia di Covid-19, di DiVersamente Uguali. Sport-Cultura-Disabilità, per cui ella era responsabile della sezione Cultura.
Il profilo che emerge dalle attività promosse da Mariarosa Ferrari Romanini non è quindi quello tipico di una gallerista volta semplicemente alle transazioni mercantili, bensì quello di un’operatrice culturale completa e appassionata, benemerita, in particolare, nel campo della diffusione dell’arte contemporanea, ma non solo.
Voce pubblicata nel: 2020
Ultimo aggiornamento: 2023