Simone Jacob nasce a Nizza il 13 luglio del 1927 da una famiglia benestante. Il padre, giovane architetto e con una promettente carriera davanti a sé, sceglie il sud della Francia come luogo dove far crescere la propria prole convinto che da lì a pochi anni la Costa Azzurra possa essere investita da un forte processo di espansionismo edilizio. Sebbene la scelta si riveli, ben presto, essere effettivamente vincente; questa finisce con il compromettere totalmente il futuro lavorativo della moglie, Yvonne, la quale non vive il trasloco con grande entusiasmo:
Su richiesta del marito, aveva abbandonato gli studi di Chimica che l’appassionavano per dedicarsi esclusivamente alla casa e ai figli. Adesso doveva lasciare Parigi, gli amici, la famiglia, i concerti. Però non fece storie. Possedeva una solida abnegazione personale […] Comunque non c’è dubbio che mi abbia trasmesso il desiderio di autonomia. Per me come per lei, una donna che ha la possibilità deve studiare e lavorare, anche se il marito non è d’accordo. Ne va della sua libertà e indipendenza.
Yvonne, infatti, non si stanca mai di rammentare alle proprie figlie (Madeleine, detta Milou, Denise e Simone) e anche al figlio, Jean, quanto sia importante avere un proprio lavoro e di godere di una reale indipendenza economica. E Simone a quei consigli di quella madre tanto amata, e sotto la cui gonna ama trovar riparo durante l’infanzia, presta sempre grande attenzione.
Della amorevole e premurosa madre, così come più in generale della sua infanzia, Simone conserva un tenero ricordo tanto da definire quegli anni “paradisiaci” e questo sebbene, con lo scoppio della crisi del 1929, il tenore di vita del nucleo familiare sia costretto, ed inevitabilmente, prima a ridursi e poi, con l’avvento della Seconda guerra mondiale, a ridimensionarsi sempre più. La famiglia viene indotta a scegliere un’abitazione più modesta rispetto al precedente e ben più spazioso appartamento sito nel quartiere dei musicisti e a rivedere le proprie finanze. Ma tutto ciò a Simone, nella sua ingenuità di bambina, non pesa affatto.
È solo a partire dalla fine del 1943 e l’inizio del 1944 che la giovane comincia a percepire la gravità della situazione, subendo delle discriminazioni in prima persona. Ben presto, infatti, privata del diritto di frequentare le lezioni è costretta a prepararsi, da autodidatta, agli esami di maturità che sostiene il 29 marzo 1944. Quello, anche se ancora non lo sa, è anche l’ultimo giorno “di normalità” della propria vita. Il giorno seguente, il 30 marzo del 1944, riunitasi con delle amiche per festeggiare la conclusione del percorso di studi viene fermata da alcune guardie che, appurata la non autenticità dei suoi documenti, la conducono immediatamente presso la sede operativa usata all’epoca dalla Gestapo, l’Hotel Excelsior. Per una tragica coincidenza di sfortunati eventi da lì a poco anche tutti gli altri membri della famiglia Jacob vengono catturati ed arrestati:
Si verificò però un tragico concorso di circostanze. Quel giorno, mio fratello Jean aveva appuntamento con la mamma. Non essendosi incontrati, si recarono nel palazzo in cui abitavo io e dove, a un altro piano, viveva anche mia sorella Milou. Tutti e tre, nello stesso momento, si incontrarono così sulle scale dell’edificio. E dato che il ragazzo che doveva avvertirli era stato seguito dalla Gestapo, caddero immediatamente nella rete.
Qualche giorno dopo una simile sventura coinvolge il padre, André Jacob, e qualche mese dopo anche la sorella Denise, che però viene deportata a Ravensbrück non in quanto ebrea, ma in quanto attivista nella Resistenza. Probabilmente è proprio la sua bravura, nel celare le sue origini, a consentirle di salvarsi.
Eccezion fatta per Denise, per i restanti componenti della famiglia i fatti si svolgono così. Il 7 aprile del 1944 Simone, Milou, Jean e Yvonne vengono spediti a Drancy. Una volta giunti nel campo, i nazisti fanno credere agli uomini con più di sedici anni che possano optare per la scelta di rimanere a lavorare in Francia per l’organizzazione Todt. Il fratello Jean, anche su consiglio delle tre donne della famiglia, viene così convinto a rimanere a Drancy, dove qualche giorno dopo è raggiunto dal padre. In realtà più che di un’opportunità, ma non possono saperlo, si tratta di un crudele e meschino inganno. Ed è così che Jean e suo padre, come altri giovani uomini, vengono fatti salire su di un treno senza ritorno diretto a Kaunas, in Lituania.
Simone, Milou e loro madre partono invece, il 13 aprile, alla volta di Auschwitz-Birkenau, dove giungono la sera del 15 aprile del 1944. Per delle circostanze del tutto eccezionali dettate dalla “gioia di vivere” che quella giovane donna deve far trasparire, Simone viene “miracolata” in più occasioni. Innanzitutto, appena arrivata le viene consigliato di non dichiarare la sua vera età e di spacciarsi per maggiorenne e qualche tempo dopo viene fermata da una Kapò polacca di nome Stenia, nota per essere crudele e rigida con ogni deportata, che le dice: «Tu sei davvero troppo carina per morire qui. Farò qualcosa per te mandandoti da un’altra parte».
È così che le tre donne vengono trasferite, prima, nel sottocampo di Bobrek e, dopo la sua evacuazione, presso il campo di Bergen-Belsen. Sempre nel campo di Bergen-Belsen Simone rincontra casualmente la Kapò polacca che, riconoscendola, la aiuta nuovamente: «Mi riconobbe subito e mi disse di andare da lei la mattina seguente, prima che cominciasse la giornata, cosa che io feci. Mi assegnò subito alla cucina delle SS. Con questo nuovo gesto ci evitò senza dubbio di morire di fame». Il campo viene liberato il 17 aprile 1945, esattamente un anno e due giorni dopo il loro arrivo ad Auschwitz, ma purtroppo per Yvonne, già indebolita, non c’è nulla da fare. Si spegne circa un mese prima dalla liberazione.
Quando Simone rimette piede in Francia, ed esattamente a Parigi, è il 23 maggio 1945. Da quel momento in poi si stabilisce permanentemente nella capitale parigina, non avendo più alcun senso tornare a Nizza. A Parigi inoltre si iscrive presso il prestigioso Paris Institute of Political Studies, anche noto come Sciences Po, dove studia legge e dove incontra il suo futuro marito, Antoine Veil, che sposa giovanissima nel 1946.
Dopo la nascita dei suoi tre figli – Jean, Nicolas e Pierre-François – riprende il proprio percorso lavorativo iniziando, nel 1954, un periodo di tirocinio obbligatorio per poi sostenere, e brillantemente superare, l’esame di Magistratura. Dal 1957 si specializza sulle malsane condizioni delle carceri francesi, mantenendo sempre un occhio di riguardo verso la situazione delle detenute donne. Questo fino al 1964 quando, per via delle lamentele sempre più insistenti di figli e marito, si convince a ricercare una carriera lavorativa meno logorante e gravosa.
Intanto dopo aver ottenuto alcuni prestigiosi incarichi – da René Pleven e Georges Pompidou – la sua carriera politica può effettivamente avere inizio. Storica è soprattutto la sua battaglia, come Ministra della Salute, per l’introduzione della normativa a tutela delle donne francesi per il riconoscimento dell’interruzione volontaria della gravidanza. Sono anni, parliamo della metà degli anni ’70, intensissimi e pieni di soddisfazioni che tuttavia non la lasciano indenne da una sempre più marcata sensazione di logoramento; quello strano sentimento che pare, prima o poi, ogni politico sia costretto a provare.
In quel contesto e momento le giunge inaspettatamente una proposta, che non può che lusingarla, di Valery Giscard d’Estaing. Quest’ultimo infatti – consapevole della sua competenza ma anche del valore simbolico di una sua eventuale elezione – le propone di presentarsi a nome dell’UDF (Union Démocratique française) alle elezioni europee del 1979: «Giscard ha sempre adorato i simboli che colpiscono l’immaginazione. Che un’ex deportata diventasse la prima presidentessa del nuovo Parlamento europeo gli sembrava di buon augurio per l’avvenire».
È il 17 luglio del 1979 quando Simone – primo presidente in assoluto del Parlamento europeo eletto a suffragio universale e prima donna a rivestire tale incarico – viene eletta al secondo scrutinio con 192 voti superando l’on. Mario Zagari (138 voti) e l’on. Amendola (47 voti):
Infatti per la prima volta nella storia, in una storia che li ha visti così sovente divisi, contrapposti, impegnati a distruggersi, gli europei hanno eletto, insieme, i loro parlamentari in un’assemblea comune che rappresenta oggi, in questa sala più di 260 milioni di cittadini. Queste elezioni costituiscono, senza dubbio, un evento capitale per la costruzione dell’Europa, dopo la firma dei Trattati. […] Tutti gli Stati membri si confrontano infatti oggi con tre grandi sfide, quella della pace, quella della libertà e quella del benessere; e sembra davvero che la dimensione europea sia l’unica in grado di permettere loro di superarle.
Spesso la vita sa sorprenderci, rivelandoci tutta la sua imprevedibilità: una giovane ragazza, che sembra essere destinata ad una crudele morte in un campo di concentramento, che riesce a sopravvivere e a diventare niente di meno che la prima presidente del Parlamento europeo eletto a suffragio universale. Di questo Simone ne è sempre cosciente e probabilmente, durante tutta la sua vita, deve aver continuato a domandarsi perché lei a differenza di molti altri bambini e giovani sia riuscita a salvarsi. Un pensiero, questo, che condivide anche durante un discorso pronunciato ad Auschwitz nel gennaio del 2005:
Che cosa sarebbero diventati quei milioni di bambini ebrei assassinati, ancora neonati o già adolescenti, qui o nei ghetti o in altri campi di sterminio? Dei filosofi, degli artisti, delle grandi menti o più semplicemente degli abili artigiani o delle madri di famiglia? Quello che so è che piango ancora ogni volta che penso a tutti quei bambini, che non potrò mai dimenticare.
I volti di quei bambini, ancora più che il numero 78651 tatuato sul suo braccio, rimangono indelebili nella sua memoria. Non è un caso che Simone, anche dopo il termine del periodo di presidenza al Parlamento europeo, continui a prestare il proprio servizio – nella seconda (1984-1989) e terza (1989-1993) legislatura – partecipando come deputata europea ai lavori di commissioni incentrate sulla tutela dei diritti dei cittadini come la Commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori.
Nel 1993 torna, invece, sotto invito del primo ministro francese Edouard Balladur a rivestire nuovamente l’incarico di Ministra della sanità e delle politiche sociali a cui chiede di aggiungere anche il Ministero delle aree urbane. Intanto però comincia a manifestarsi in lei una certa insoddisfazione nei confronti della politica che la porta presto a lasciare, senza rimpianti, l’UDF:
Da allora non ho più frequentato nessun partito politico, e non ci ho perso nulla. Cosa avrei potuto imparare, cosa avrei potuto fare? Niente. Non ho mai avuto il desiderio di fare carriera e intendo restare fedele ai miei principi. La politica mi appassiona, ma quando diventa fine a se stessa cessa di interessarmi.
Esattamente tre giorni dopo essere uscita dall’UDF viene contattata dal presidente del Senato René Monory che le prospetta, previo abbandono della vita politica, la nomina come membro del Consiglio costituzionale francese. Il giuramento si tiene il 3 marzo 1998 e il mandato ha una durata di nove anni.
Tra alcuni degli altri importanti incarichi che vengono affidati a Simone Veil, vi è anche la presidenza della Fondazione per la Shoah – un organismo istituito ufficialmente con decreto del governo francese del 26 dicembre 2000 – fino al 2007, anno in cui viene sostituita da David de Rothschild. La Fondazione, che è tutt’ora attiva, è volta principalmente a sostenere finanziariamente dei progetti – di vario genere, come pubblicazioni, documentari, ricerche – che rispondano a sei obiettivi primari: supportare le ricerche sulle tematiche della Shoah e dell’antisemitismo, far rivivere la memoria della Shoah, trasmettere la storia della Shoah ai giovani, valorizzare la cultura ebraica, sostenere i sopravvissuti della Shoah, contrastare la nascita di un sentimento antisemita tramite la valorizzazione del dialogo interculturale.
Simone si spegne all’età di 89 anni, il 30 giugno 2017, e il 5 luglio 2017 durante la cerimonia funebre – tenutasi presso l'Hôtel National des Invalides – il presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, esterna per la prima volta la propria volontà – che si realizza il 1° luglio 2018 – di renderle un ulteriore omaggio seppellendola, assieme all’amato marito, nel Pantheon di Parigi. Simone è stata la quinta donna a ricevere un tale autorevole onore.
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Voce pubblicata nel: 2023
Ultimo aggiornamento: 2023