Essere veramente pronti a danzare: in fondo, tutto esiste già. Non si tratta di trasmettere uno stile di movimento particolare. Perché questo non mi permette di trovare me stesso ma solamente di essere qualcuno che ha imparato a muoversi in un certo modo.
Non si tratta di trasmettere uno stile di movimento particolare. Perché questo non mi permette di trovare me stesso ma solamente di essere qualcuno che ha imparato a muoversi in un certo modo.
Rosalia Chladek è considerata fra i principali pionieri della danza moderna espressionista, ovvero della danza libera.
L’ho conosciuta nel 1979 in occasione di uno stage residenziale alla Villa Cagnola di Gazzada; proponeva per la prima volta in Italia la Formazione Complementare del Sistema Chladek, che tenne a Strasburgo fino al 1994. Quella esperienza ha costituito la mia formazione di base e ne sono felice perché ha impostato il mio approccio alla danza insegnandomi la ricerca.
Rosalia Chladek era una persona carismatica; Mary Wigman la chiamava «l’aristocratica della danza» ed era famosa in tutto il mondo non solo come grande artista ma anche per il suo carattere difficile: austera, rigorosa fino all’intransigenza, perennemente insoddisfatta di sé e degli altri. Devo dire però che la sua profonda sensibilità poteva condurla anche a una tenerezza che ci sorprendeva.
Con la sua presenza, e l’intelligenza del suo lavoro, era in grado di suscitare momenti di profonda emozione, come quando accompagnava le lezioni cantando con voce bellissima; o quando, il sabato sera, alla fine di una settimana di lavoro nel luogo di ritiro dove ci «rinchiudeva» creava un «ensemble» (così lo chiamava) facendo improvvisare 70-80 persone e dando vita a un insieme che sembrava una coreografia studiata da tempo, un’esperienza magnifica e intensa. Si arrabbiava davvero, però, se qualcuno osava distrarsi o non era in grado di armonizzarsi nella sensibilità collettiva.
«Bisogna essere pronti ad ascoltare dentro di sé e attendere quello che ne uscirà.»
La sua grandezza era insieme sensibilità, complessità e forse una certa fragilità; Valerie Kratina racconta di quanto fosse esigente e scettica verso le proprie prestazioni, quasi timorosa sulla possibilità che il suo corpo così strenuamente esercitato potesse andare oltre le sue stesse intenzioni; forse fu questo a condurla verso quella che io vedo come una sua contraddizione: essere una grande sperimentatrice e ricercatrice e insieme aver creato un Sistema codificato.
«L’idea, il corpo, lo spazio: ecco i tre aspetti solidali della composizione danzata.»
Proveniva da una famiglia benestante di commercianti (formata dal padre Joseph, la madre Maria e il fratello Rudolf, di due anni più vecchio di lei), che non sosteneva il suo talento artistico; si era opposta alla sua passione per il canto né era molto favorevole alla danza.
Era stata prima ginnasta del gruppo sportivo a Brno e fra il 1918 e il 1921 prese lezioni di ritmica da Margarete Kallab, che la presentò (1921) come allieva alla Schule fur Rhytmus, Musick and Korpebildung di Hellerau (Dresda) l’importante scuola fondata da Émile Jaques-Dalcroze, musicista e pedagogo, uno dei padri della danza moderna.
Nel 1924, a soli 19 anni, Rosalia Chladek inizia la sua professione come insegnante proprio nella scuola di Hellerau, e come solista e coreografa nella compagnia di Valerie Kratina. Vi resta fino al 1928, anno in cui giunge a Basilea dove fino al ‘30 dirige scuola di danza del Conservatorio. In pochi anni arriva a dirigere la Schule di Hellerau-Laxenburg (dal 1930 al 1938), dopo che la scuola si era trasferita a Laxenburg, vicino a Vienna, e lì inizia a sviluppare il suo metodo di educazione alla danza.
Nel 1938 lascia Laxenburg per ragioni politiche - non si sottomise mai al nazismo anche se non prese una posizione ufficiale; la priorità della sua vita fu sempre l’arte, che lei considerò al di sopra di tutto.
Negli anni 1942-52 dirige la sezione Teatro del Conservatorio Municipale di Vienna.
Durante la seconda guerra mondiale la famiglia vive momenti molto difficili, poiché tedesca in Cecoslovacchia: nel 1945 mentre si trova a Brno Rosalia Chladek viene internata in un campo, lì apprende la morte di suo padre e la sparizione del fratello. Fugge a Vienna con la madre, che vivrà con lei, e riprenderà a insegnare al Conservatorio.
Dal 1952 al ’70 dirige la sezione Danza dell’accademia di Musica e Arti Drammatiche di Vienna.
Nel 1971 fonda una società internazionale per lo sviluppo e la diffusione del suo sistema di insegnamento (IGRC Internationale Gesellschaft Rosalia Chladek), presente dal 1980 anche in Italia.
«L’essenza della danza è il movimento e non l’effetto prodotto dalle immagini delle posizioni assunte»
Fu acclamata come danzatrice solista: univa una tecnica spettacolare a una presenza particolarmente intensa, a una musicalità speciale. Il suo talento di coreografa si esprime in più di 70 assolo, oltre a innumerevoli coreografie per teatro, opera, film e televisione.
Vinse il 2° premio al primo concorso internazionale di coreografia di Parigi (1932), e ancora una volta il 2° premio al primo concorso internazionale per assolo, a Varsavia (1933). Ebbe modo di raccontarmi, con la delusione per essere arrivata seconda, una idea più generale di grande interesse: un artista non dovrebbe mai partecipare a un concorso, l’essere umano è troppo coinvolto nell’atto artistico.
In considerazione dei suoi risultati artistici e pedagogici fu insignita di numerose onorificenze, fino a rappresentare l’Austria all’International Arts Program negli Stati Uniti (1950).
L’esperienza mi ha insegnato che l’educazione fisica condurrà alla padronanza del corpo solo se il lavoro ha come primo obiettivo la consapevolezza dei motori del movimento… ecco perché noi dobbiamo prima di tutto studiare le modalità dell’energia e delle sue manifestazioni nel corpo e nello spazio. Questo mi ha portato ad esplorare una nuova dimensione spaziale, un nuovo modo di aggredire lo spazio con la danza: la tridimensionalità, la “pesanteur” (quella speciale relazione alla gravità), i percorsi in ampiezza sul piano orizzontale provocati da un’energia concentrata, come non erano mai stati messi in atto nella danza accademica.
Questo mi ha portato ad esplorare una nuova dimensione spaziale, un nuovo modo di aggredire lo spazio con la danza: la tridimensionalità, la “pesanteur” (quella speciale relazione alla gravità), i percorsi in ampiezza sul piano orizzontale provocati da un’energia concentrata, come non erano mai stati messi in atto nella danza accademica.
Il Sistema Chladek non si rivolge solo ai danzatori professionisti ma si propone come percorso individuale di conoscenza e si basa su alcuni principi fondamentali:
Variazione della tensione: siamo posti tra due campi di forza: la gravità e l’energia propria. Il gioco tra queste due forze dà origine a una scala di tensione che possiamo trovare o provocare nel nostro corpo.
Spostamento del peso: insieme a questo si considera anche lo “stato” del corpo (attivo, passivo, labile, uniforme o fisso); l’effetto dello spostamento del centro di gravità corporeo (peso) cambia se cambia lo stato del corpo.
Punto di origine del movimento: può essere centrale o periferico. Se un movimento parte dal baricentro si diffonde in tutto il corpo contemporaneamente, se parte dalla periferia si diffonde per gradi successivi.
Tempo e ritmo: l’ascolto del nostro corpo in movimento ci rende consapevoli del suo ritmo, ma anche del fatto che cambiando tempo e ritmo cambierà il movimento.
L’insegnamento della danza nella visione di Chladek è imperniato sulle leggi del movimento: la forma è una conseguenza, un risultato e non ciò da cui partire. Il suo metodo pone ogni allievo di fronte ai propri mezzi, e incoraggia l’esplorazione delle proprie possibilità e dei propri limiti.
È questo che costituisce il suo valore educativo. Dato che ogni movimento può essere portatore di senso, l’esercizio tecnico e la ricerca espressiva vanno di pari passo. La danza permette di esteriorizzare dei contenuti affettivi e li depura: diventa regolatrice e liberatrice. Gli allievi devono imparare a conoscere se stessi, perché li è la chiave della propria evoluzione. Il principio di questa visione è rivoluzionario e sempre fondamentale: la danza nasce da ciascun individuo e non come modello esteriore cui avvicinarsi. L’abilità fisica è al servizio dell’espressione dello spirito, il corpo stesso è osservato dall’interno con un’esplorazione che amplifica la sensibilità e la consapevolezza del danzatore.
Rosalia Chladek realizzava questo progetto con “serietà religiosa”. E insegnava a noi allievi a ricercare; il suo metodo era basato sull’ascolto, l’osservazione, il riferimento alle leggi del movimento in relazione al corpo umano. Insegnava a comprendere un movimento osservando le persone che si muovono per capire come deve avvenire, dove sono le debolezze e dove le forze, quindi non attraverso ciò che sappiamo già, ma ricostruendo, provando, osservando, riprovando ancora...
«Quello che importa, per il movimento così come per la musica, è sviluppare il senso dei rapporti, delle relazioni.»
L’educazione del corpo o la tecnica di danza non sono dunque, in questa visione, degli obiettivi, ma sono dei mezzi per fare del corpo uno strumento con il quale poter suonare in diversi modi. Un’idea geniale, perché ciascuno può arrivare a compiere qualsiasi movimento e crearne infiniti. Credo che la contraddizione di cui si è detto sia giunta per la necessità di tesaurizzare questo grande lavoro, ancorarlo a una “scuola”, trovare una tecnica vera e propria che fosse trasmissibile e assimilabile quanto lo è quella classica. I movimenti hanno “ricevuto” un nome, e alla fine sono tornati a essere codificabili, anche se nella visione di Rosalia Chladek, il metodo non fa esercitare un repertorio ristretto di gesti e atteggiamenti, ma mira a una esplorazione globale dei mezzi tecnici. Spesso avviene, però, che in nome di una fedeltà a una “scuola” la ricerca si indirizzi verso ciò che conferma il Metodo, ancorando i risultati, piuttosto che superandoli; mentre io credo che a volte la ricerca neghi ciò che si è raggiunto perché ogni momento può orientare il lavoro in un senso del tutto imprevisto, cui bisogna far spazio senza nostalgie e condizionamenti.
Rosalia Chladek Écrits et paroles, scritti e interviste tradotti e presentati da Huguette e René Raddrizzani, Edizioni Florian Noetzel
Referenze iconografiche: Busto di Rosalia Chladek al Museum Laxenburg, Niederösterreich. Foto di Karl Gruber. a Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023