Alla metà degli anni Sessanta, una nuova generazione di ragazze stava, forse inconsapevolmente, compiendo l’ennesimo atto emancipatorio di quella stagione: coloro che erano nate durante la guerra, o poco dopo, furono le prime donne a prendere “in massa” la patente.
Tuttavia, se il numero delle guidatrici sulle strade si moltiplicava rapidamente, grazie anche alla concomitante nascita e diffusione della Fiat 500 1, una vetturetta che soddisfaceva a pieno le loro necessità di indipendenza e mobilità, il numero delle donne in pista continuava a rimanere esiguo.
La storia di Rosadele Facetti è legata a doppio filo a quella della sua famiglia. Piero Facetti, suo padre, era stato meccanico di Tazio Nuvolari, di Giovannino Lurani, di Alberto Ascari, di Juan Manuel Fangio 2 e, in seguito, uno dei più apprezzati preparatori della sua epoca. Il lavoro era il cardine della famiglia e l’officina il cuore pulsante di casa Facetti, tanto da far esclamare alla signora Irene: “Invece del salotto noi abbiamo un tornio!” 3. I tre figli, Carlo, Giuliano e Rosadele erano praticamente nati in quell’officina e, fin dalla più tenera età, avevano imparato i segreti dei motori.
La carriera automobilistica di Rosadele cominciò quasi per caso. Era il 1964 e lei, che aveva preso da poco la patente, alle corse non pensava affatto. Come i fratelli lavorava col padre: faceva il meccanico e in più teneva la contabilità e si occupava dei rapporti con i fornitori. Allora Piero era il preparatore ufficiale della Lancia e spesso capitava che qualche pilota, come Giorgio Pianta – che era anche proprietario del Jolly Club di Milano –, si trovasse nell’officina di Bresso. In quei giorni il Club aveva organizzato il suo Trofeo a Monza e Pianta era andato a ritirare la sua macchina, una bellissima Flavia coupé. “Papà Piero, porto la Rosadele con me in autodromo”.
Era solo una corsa amatoriale, ma la ragazza, con quella Fulvia blu, si classificò terza nella classe 1600 4. Il signor Piero fu così soddisfatto del risultato da decidere che si poteva provare a far gareggiare anche la sua terzogenita, come già facevano Carluccio e Giuliano 5: andò a Torino, dove la Lancia aveva approntato venticinque Fulvia 2C alleggerite, ne comprò una e con quella la giovane Facetti disputò, nel 1965, la Castellarquato-Vernasca, la sua prima “vera” corsa, classificandosi sesta di classe.
Correvo nella classe fino a 1150 cc, che era la stessa categoria delle 1000 Abarth. Il rapporto peso/potenza tra la mia macchina e queste vetture era impari, ma mio papà mi diceva: “Meglio, così si impara lo spirito sportivo. Si deve fare la gavetta!” 6.
Il padre la seguì anche nella gara successiva, la Alghero-Scala Picada: si classificò seconda, dietro una Mini Cooper. Un risultato magnifico, considerando che, anche in questo caso, non c’era paragone fra il rapporto peso/potenza della sua Fulvia e quello della vettura vincitrice. Tuttavia, ogni buona prestazione era vissuta non come un trionfo personale, ma come un motivo d’orgoglio e di prestigio per l’officina di famiglia. Rosadele si trovava a suo agio nell’ambiente delle corse; forse perché era la figlia di Piero e la sorella “del Carluccio e del Giuliano”, si sentiva coccolata dagli altri piloti con i quali si creava spesso un clima cameratesco.
Nel 1966 il primo titolo: Campionessa italiana assoluta femminile, dopo aver portato a termine tutte le gare, disputate con una Fulvia 1300, tranne la Coppa Carri, corsa con la 2C 7. Eppure le corse erano ancora qualcosa da fare nei week end, da prendere con la massima serietà, con passione, ma mai per calcolo o per denaro. E il lunedì mattina, dopo la gara, si tornava al lavoro in officina.
Allora correvo ancora con la gonna e la camicetta e in testa portavo non un casco professionale, ma un casco da polo che mi aveva fatto avere l’amministratore del conte Lurani. Credo di aver avuto la prima vera tuta, azzurra, della Dunlop, e il primo casco della Bell quando corsi la Temporada in Argentina 8.
Dopo due stagioni a buon livello, era venuto per la Facetti il momento di tentare un salto di qualità e cimentarsi con le monoposto. Carluccio si stava allora facendo un nome anche nelle formule e aveva già partecipato a cinque Temporada in Argentina. Las Temporadas, così denominate perché si correvano durante l’estate argentina, erano una serie di gare da disputare con vetture di Formula e che vedevano coinvolti i bei nomi e le promesse dell’automobilismo europeo e sudamericano.
Nel 1967 anche Rosadele fu invitata da Fangio, fra gli organizzatori della competizione e amico di famiglia, in Argentina, insieme al fratello Carlo, a Clay Regazzoni, a Giancarlo Baghetti. Da principio provò una Tecno, con buoni risultati, ma poi cedette quella vettura a Regazzoni e a lei fu assegnata una Brabham. Durante la prima corsa, a Buenos Aires, la Facetti fu “prudente”: non aveva avuto modo di provare e il suo unico obiettivo era concludere la gara. Finì ventesima 9. La seconda prova si corse invece sul tracciato cittadino di Mar del Plata, un circuito estremamente pericoloso, soprattutto per il pubblico, dal momento che non erano state previste adeguate misure di protezione e la folla si trovava a bordo pista, come in una gara ciclistica piuttosto che automobilistica. Purtroppo, a causa di una macchia d’olio, al 15° giro, Rosadele perse il controllo della vettura. Riuscì, tuttavia, a correggere la traiettoria 10:
Avevo davanti a me un muro umano. In pochi secondi pensai che se fossi uscita lì avrei fatto una strage. Sulla destra c’era un muretto – «Mi spezzerò le gambe…» – pensai – «Pazienza…». Quando corri non pensi mai di poterti fare male seriamente o di morire. Sterzai in quella direzione, ma prima del muretto c’era un marciapiede che mi fece da rampa di lancio: la macchina decollò e piombò tra il pubblico. Io non mi feci nulla, ma un uomo morì e diversi spettatori rimasero feriti 11.
Durante quella stagione delle corse, la morte era all’ordine del giorno, anche fra gli spettatori. L’incidente di Mar del Plata era stato una fatalità, causata dal mancato rispetto di un divieto a non occupare una zona pericolosa 12. Tuttavia, la stampa italiana non fu tenera con la Facetti: “La campionessa del volante falcia la folla alla Temporada” 13 era il titolo di un quotidiano, accompagnato da una foto “a sensazione”:
Quando venivano a fotografarmi o a farmi interviste, mi chiedevano sempre di “darmi una sistemata”, perché di solito mi trovavano a lavorare in officina. E così, quel fotografo dell’Ansa mi aveva ripreso mentre mi stavo mettendo il rossetto 14.
La scelta di quell’immagine sembrava quasi voler sottolineare che Rosadele non fosse un vero pilota, un pilota che aveva avuto un incidente, ma “solo” una donna o, peggio, una donnetta vanesia. L’altra circostanza a ferire Rosadele fu la didascalia della foto: “Forse non correrà più” 15. Tuttavia, lei sapeva di non essere responsabile dell’accaduto – e quella era l’unica cosa per lei veramente importante – e che il padre e i fratelli avevano piena fiducia in lei.
Fiducia in lei aveva anche la stampa specializzata. “Autosprint” scrisse che, anche se a vederla sembrava una ragazzina, era una pilota notevole, dotata di forza straordinaria, tanto più stupefacente perché accompagnata a un ottimo stile.
Nell’ambiente dell’automobilismo sportivo di lei si diceva: “Rosadele dipinge le curve” 16. Con la Temporda si concluse solo l’esperienza con le monoposto, non certo con le corse. La Facetti proseguì la stagione 1967 con la Fulvia HF 1300 e fece di tutto per vincere ancora, per vincere subito.
Quattro gare soltanto quell’anno e la conferma del Titolo assoluto femminile. Nel 1968 partecipò per la prima volta alla Targa Florio, con una Lancia HF 1400, fianco a fianco con gli assi della velocità, in una squadra ufficiale, in coppia con la campionessa britannica Pat Moss 17. Il circuito delle Madonie poteva spaventare: tornanti, curve, salite e ripide discese, strapiombi. Preziosi furono l’appoggio di Sandro Munari, che la aiutò a imparare a memoria il tracciato, e i suggerimenti della Moss che le svelò anche alcuni suoi piccoli segreti di guida. Alla fine si piazzarono diciannovesime assolute e none di classe.
Meno positiva l’esperienza del 1972 con una Opel GT a iniezione, preparata da Virgilio Conrero. Questa volta al fianco di Rosadele c’era la francese Marie-Claude “Beaumont” 18. L’ordine di scuderia era quello di arrivare in fondo, tanto più che ad assistere alla Targa c’erano i vertici della Opel-General Motors. Inoltre, un team esclusivamente femminile faceva notizia e il solo giungere al traguardo avrebbe senz’altro portato un buon rientro pubblicitario. Conrero chiese a Rosadele di prendere per prima il via e di non forzare l’andatura, ma poi, alla fine, si decise di far partire la “Beaumont”, che però, nell’ansia di primeggiare e di dimostrare quanto fosse veloce, dopo un solo giro spaccò due bielle e fu costretta al ritiro 19. La Facetti corse la sua ultima gara, una Malegno-Borno, nel settembre del 1974.
Nel febbraio dell’anno successivo sposò il collega Erasmo Bologna e lasciò il mondo delle competizioni, non senza qualche rimpianto.
Voce pubblicata nel: 2020
Ultimo aggiornamento: 2020