Nel processo di diffusione degli ideali egualitari della Rivoluzione francese in Italia e sopratutto al Sud, segnarono una tappa importante i sommovimenti del 1799, passati alla storia come la “Rivoluzione del ‘99”. Ed è ai fatti del ‘99 e al movimento liberale giacobino che si lega la vicenda umana di Olimpia Frangipane (o Frangipani, come compare su alcuni documenti), forzatamente cancellata dalla storia per volontà dei Borbone, tanto che di lei non ci è giunto nemmeno un ritratto o uno scritto. Vittima di una pesantissima damnatio memoriae ad opera dei Borbone, dobbiamo attendere oltre un secolo perché su di lei si tracci un coerente ritratto storico.
Ne abbozziamo qui un profilo, in riscatto della sua figura di donna forte, colta, intelligente e determinata. Sono giunte a noi pochissime sue immagini, persino i suoi ritratti hanno subito una rimozione probabilmente da collegarsi dalla furia iconoclasta filo-borbonica.

Nata probabilmente tra il 13 e il 16 luglio 1761, a Mirabello, da donna Marianna Bonocore e figlia di don Giuseppe Frangipane Ricciardi, duca di Mirabello Sannitico, nel 1781, all’età di vent’anni, andò in sposa al ben più anziano barone di Castelbottaccio, Francesco Cardone, all’epoca quarantaseienne.

Nonostante la differenza di età di ben 26 anni, Olimpia mise al mondo una numerosa prole, ben 13 figli, e tra i suoi discendenti è annoverato Benedetto Croce, poiché una sua nipote sposò il nonno del filosofo. I Frangipane avevano lontane origini romane e avevano conquistato fama e ricchezze soprattutto durante il regno di Napoli, nel periodo di dominazione angioina.

Olimpia si acculturò approfondendo gli studi storici e simpatizzando per le idee libertarie che si erano diffuse con la rivoluzione francese; idee talmente prorompenti che penetrarono anche nelle sperdute contrade del Molise, accendendo gli animi di giovani intellettuali appartenenti al nuovo ceto “borghese” che stava nascendo e che si stava formando intellettualmente per combattere e abbattere l’ancien régime.

Di tutti gli staterelli disseminati nella penisola italica, il Regno di Napoli fu certamente uno tra i più conservatori, amministrato da una nobiltà arroccata agli ormai anacronistici principi della feudalità e appoggiata dall’oscurantismo delle alte gerarchie del ceto ecclesiastico, concentrate a mantenere i privilegi assunti a partire dall’età medievale, nel lungo periodo di alleanza e servilismo alla monarchia.
Nel chiuso e statico ambiente della provincia molisana una figura come quella di Olimpia Frangipane non poteva passare inosservata: una donna di grande fascino che era riuscita non solo ad acculturarsi, ma addirittura a creare intorno a sé un importante movimento liberale, in un territorio apparentemente fermo nel tempo e incapace di galoppare la storia che incalzava.

Era donna Olimpia una donna di forme scultoree, bella oltremodo e fiorente, attraentissima, teneva a sfoggiare la cultura che si era formata col suo continuo leggere”, così la disegna lo storico Masciotta, mentre un suo grande estimatore coevo, Vincenzo Cuoco, di lei dirà: “conosceva il disegno, il ballo, la poesia e, tra tutte le altre belle arti, amava e coltivava la musica1.

Così certamente la cultura e la bellezza di questa coraggiosa e intraprendente liberale crearono preoccupazioni e mugugni nella classe nobiliare locale che mise in moto repentinamente una macchina del fango per delegittimarla. Meschinità e ignoranza del popolo fecero il resto. Iniziarono così a girare molte chiacchiere circa il fare libertino e brillante della donna, accostate all’ignoranza e all’età avanzata del suo burbero marito, per cui sfacciatamente si vociferava che i figli della Frangipane non avessero la paternità di Francesco Cardone, per il principio del “pater semper incertus”.
Ma Olimpia proseguì imperterrita nel suo cammino di affrancamento e di emancipazione sociale e civile. Iniziò a viaggiare e a far la spola tra Campobasso e Napoli, dove venne in contatto, grazie alla frequenza nei circoli letterari napoletani, con le idee illuministe, che la innamorarono ai valori di uguaglianza e libertà per tutti i popoli.

A Castelbottaccio, ospiti nella casa baronale e ancor più nel casino di campagna (secondo alcuni storici), si diedero appuntamento avvocati, medici, notai molisani (proprio quello che sarebbe diventato il nuovo ceto sociale nato dalla Rivoluzione), ma anche illuminati proprietari terrieri ed ecclesiastici che occupavano i gradini più bassi della gerarchia della Chiesa. Tra i più assidui frequentatori del cenacolo liberale dei Cardone-Frangipane vi erano Carlo Marcello Pepe, Domenico Di Gennaro, Domenico Tata, Andrea Valiante, Scipione Vincelli, Giovanni Belpulsi, Giuseppe e Vincenzo Sanchez, e soprattutto il giurista Vincenzo Cuoco.
Vincenzo, allora poco più che ventenne, entrò subito nelle grazie di donna Olimpia, per la lucidità di pensiero e l’ardore che lo contraddistingueva che lo avrebbero portato ad essere ricordato come autore del noto Saggio storico e del Platone in Italia, all’interno della qual opera pare sia stata ritratta la Frangipane nelle vesti dell’attraente Mnesilla.

Presto il cenacolo di donna Olimpia divenne il più importante punto di riferimento del giacobinismo molisano, dove “il fior fiore delle intelligenze del Molise andavano ad ossequiarla per ammirarne la grazia e la bellezza e per gettare i semi di una nuova era2. Ma ciò cominciò a infastidire la nobiltà borbonica e feudale.

Nell’estate del 1795, giunse a Castelbottaccio il duca Andrea Coppola, autorevole esponente dei giacobini napoletani, che qui ebbe l’ardire di leggere e commentare la Costituzione francese, cosa che fu subito denunciata alle autorità.

Ne partì un’inchiesta. Gli accusati si difesero affermando che le loro adunate si svolgevano per discutere di filosofia, letteratura e vicende galanti; gli inquisitori ritennero, invece, che essi affrontassero temi politici (cosa che costituiva grave reato di lesa maestà agli occhi di re Ferdinando di Borbone e della regina Maria Carolina, terrorizzati dalla recente morte per ghigliottina dei sovrani di Francia).

Quello stesso anno i Borbone fecero chiudere il cenacolo e arrestarono i suoi partecipanti che andarono a riempire le carceri di Lucera.

Donna Olimpia riuscì a scampare all’arresto; dissolto il gruppo del cenacolo di Castelbottaccio, riparò a Napoli e da qui mantenne i contatti con i molisani scampati all’arresto, soprattutto con Vincenzo Cuoco, che spesso andò a trovarla a Napoli. L’intellettuale era profondamente affascinato dalla grazia e dall’intelligenza della donna, e di lei scrisse sia in Scritti vari che nel Platone in Italia. L’opera fu rivista da un giovane Alessandro Manzoni e gli valse la sua amicizia, quella di Vincenzo Monti e di Ugo Foscolo.

Gli anni che seguirono furono durissimi per i simpatizzanti rivoluzionari. Finalmente nel 1798 il duca Andrea Coppola fu scarcerato, ma molti altri giacobini restarono a perire in carcere.

Alla fine del 1799 la rivoluzione partenopea aveva lasciato sul campo morte, squallore e distruzione, sia a Napoli che in tante città e paesi del Sud Italia.

Tra i pochi scampati alla reazione sanfedista vi fu Vincenzo Cuoco, che patì l’esilio prima in Francia e poi a Milano, e che solo nell’agosto del 1806 poté ritornare a Napoli, dove venne anche nominato consigliere di Stato.

Qui Vincenzo ritrova una donna Olimpia prostrata e caduta in disgrazia a causa di un tracollo economico. In quegli anni la donna fu, inoltre, segnata da numerosi lutti famigliari: muore il marito nel 1810, poi muoiono due dei suoi figli. Ma la baronessa non si arrende e continua a perseguire gli ideali giacobini. Nel 1823 muore di malattia anche il grande amico fidato Vincenzo Cuoco.

In un profondo declino la baronessa Olimpia Frangipane Ricciardi trascorre gli ultimi suoi anni con un nobile decaduto e povero in canna, il conte di San Biase, Francesco de Blasiis, con cui vivrà fino alla morte, nel 1830.

Note


1 G.B. Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, Cava de’ Tirreni, 1952, vol. IV, p.81.

2 A. Mucciaccio, Una donna tra i giacobini. Olimpia Frangipane, in Meteora, Campobasso, 1990, pp. 76-79


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Olimpia Frangipane

G.B. Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, Cava de’ Tirreni, 1952

A. Mucciaccio, Una donna tra i giacobini Olimpia Grangipane, in Meteora, Campobasso, 1990

A. Perrella, L’anno 1799 nella provincia di Campobasso, Caserta, Maione, 1990

V. Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione partenopea del 1799, Milano 1966



Voce pubblicata nel: 2024