L’eroe errante dimora nel mio cuore.
Si era avvolto i fianchi di un rosso vestito, una corona
Tempestata di perle e gemme in testa.
Ero nascosta sotto un ramo di Kadamba, quando
Mohan sorrise vedendo le mie forme.
Allorché gli occhi vedono il Signore della Montagna,
Mīrā trabocca di lacrime.
1

Tra le voci poetiche dell’India medievale emerge, per eleganza e complessità, quella della poetessa Mīrābāī, le cui composizioni devozionali, bhajana, in onore del mistico sposo Kṛṣṇa giridhāra (lett. “[colui] che regge il monte”) sono ancora oggi emblema di una devozione pura e raffinata. La popolarità e il rispetto ininterrotti che la tradizione le riserva hanno, di fatto, reso difficile ricostruire una chiara vicenda biografica, distinta da elementi mistici e agiografici ispirati dalle strofe stesse. Queste elaborazioni, tuttavia, sottolineano la vitalità e la percezione della sua figura presso le numerose comunità di devoti e di intellettuali del subcontinente indiano.

Secondo la tradizione, Mīrābāī (o Mīrā) nasce a Meṛtā nel Mārvāṛ (nel Rājasthān, stato dell’India nord-occidentale) tra il 1498 e il 1504, in una famiglia di nobili guerrieri rājpūt. Sin dalla prima infanzia, la piccola Mīrā promette il suo amore e la sua esistenza al dio Kṛṣṇa, conosciuto attraverso l’incontro-visione con una sua rappresentazione come giridhāra. Appena adolescente, tuttavia, il padre le organizza il matrimonio (1516) col principe ereditario di Cittauṛ, Bhoja Rāja. L’unione col marito, mai amato veramente ma mai nemmeno sprezzato, costituisce un’esperienza distaccata, priva di una profonda partecipazione, in quanto, come testimoniato dalle sue parole, Mīrā si ritiene fedele al solo Kṛṣṇa, a lui legata da un sincero e intenso rapporto d’amore, coronato da un rito nuziale celebrato nel segreto del proprio cuore.

L’identificazione come legittima sposa e, a volte, yoginī del dio si ripercuote anche nella vita quotidiana come una devozione onnipervasiva a Kṛṣṇa, talmente esclusiva da portare Mīrābāī a rifiutarsi di rendere culto a Durgā, divinità tutelare della famiglia acquisita: azione che, venendo meno a un’usanza consolidata, contribuisce ad attirare i sospetti e le inimicizie dell’ambiente di corte.

Rimasta precocemente vedova e senza figli, Mīrābāī, anziché praticare la satī - ossia l’(auto-)immolazione delle vedove sulla pira funeraria del marito - come usuale nel gruppo di appartenenza e onorevole per la famiglia del marito, si dedica a un’intensa esperienza di devozione e amore mistico, la bhakti, verso Kṛṣṇa, quell’unico dio a cui lei stessa aveva affidato la propria vita. È a questo lungo periodo che la tradizione associa la sua profonda formazione spirituale insieme a saggi, asceti e rinuncianti, così come la composizione della maggior parte della sua opera poetica, la Padāvalī (lett. “Serie di versi”).

Da questo momento in poi, Mīrābāī viene osteggiata apertamente dalla famiglia del marito, presso cui continua a vivere, e accusata di assumere un atteggiamento indecente, irrispettoso e non consono al suo stato vedovile. Un’importante testimonianza della percezione eversiva rispetto all’ordine e alla rispettabilità sociale che di lei avevano le genti di corte è riportata dalla stessa Mīrābāī in alcune strofe. In queste la poetessa ricorda i tentativi di omicidio messi in piano dal successore del marito (o forse dal suocero), tramite serpenti, veleno e spine appuntite, tutti miracolosamente scampati grazie all’intervento salvifico di Kṛṣṇa, il Bhagavat (“divino, glorioso, beato”):

O Rāṇā, perché non m’hai ostacolato prima d’essera amata dal Signore?
Vorresti uccidermi,
Rāṇā, e far sparire, ma è troppo tardi per ostacolarmi.
Mentre ero immersa nel Signore saguṇa, tramavi contro me nel tuo cuore.
Mi mandasti,
Rāṇā, una coppa di veleno, ch’io bevvi d’impulso:
Ingannata, credevo fosse nettare dei piedi del Dio.
Ma
Śyāma. protegge i deboli e conosce le tenebre del cuore d’ogni uomo.
Egli, dalla corona di piume di pavone, dimora nel mio cuore.

Giridhāra è il Signore di Mīrā e io appartengo al bel danzatore.2

Divenuta impossibile la permanenza nella corte, Mīrābāī abbandona definitivamente Cittauṛ insieme ad alcune devote e si reca prima a Jodhpur, luogo d’origine della sua famiglia, e a Vṛndāvana, terra della giovinezza di Kṛṣṇa. In questa località, Mīrā entra in contatto col teologo Jīva Gosvāmī col quale, dopo un iniziale rifiuto da parte di questi in virtù di un voto, intraprende un profondo dialogo filosofico-spirituale.

Ripreso il suo percorso itinerante, la poetessa si reca a Dvārakā (in Gujarāt, stato dell’India occidentale affacciato sul Mar Arabico), città indicata tradizionalmente come capitale del regno terreno di Kṛṣṇa, dove prende rifugio presso il locale tempio di Raṇachoṛ in cui è presente una statua di Kṛṣṇa giridhāra. Qui, raggiunta da un gruppo di brahmani intenzionati a ricondurla nel regno di Mārvāṛ pena il loro suicidio, Mīrābāī si affida un’ultima volta al proprio Sposo, Kṛṣṇa, che, in un abbraccio supremo, l’avvolge e l’assorbe in Sé.

La Padāvalī di Mīrābāī si inserisce a pieno titolo nell’intrinseca dinamicità d’incontro col divino in una costante offerta della propria vita3, in cui la voce della poetessa può emergere realmente come protagonista. Nelle sue fervide composizioni, esalta l’amore e la devozione per il divino, in una passionale unione, attraverso espressioni semplici e delicate. Tale rapporto amoroso col trascendente, che l’autrice stessa riconduce già a meriti precedenti la nascita, è presentato sempre con la riservatezza di una sposa devota al suo giovane marito.

L’intenso amore coniugale per il divino Kṛṣṇa, espresso mediante gli stessi sistemi di norme comportamentali attribuiti al genere femminile, rappresenta una sfida implicita alle stringenti regole della corte. Mīrābāī, infatti, si raffigura come una moglie devota, desiderosa del dio-marito. Ogni aspetto che in un rapporto coniugale era previsto la moglie compisse nei confronti del marito, percepito come una sorta di dio immanente, è qui trasceso e rivolto a quello che la poetessa stessa riteneva essere il suo autentico sposo, Kṛṣṇa.

Si noti, infine, come la femminilità espressa dalla figura di Mīrābāī, una donna indipendente e autonoma, sia comunemente inaccettabile per l’India antica e medievale, ma diventi amata, addirittura sinonimo di santità e perfezione, se trascesa dalla realtà fenomenica, per abbracciare, in nome della bhakti, l’esperienza ultraterrena del divino: Mīrābāī donna inconsueta e socialmente anticonformista, mistica devota e amata nel nome di Kṛṣṇa.

Io per tutta la giungla Lo cercai,
Ma non potei veder lo
yogin.
Per richiamarTi ho smesso ogni gioiello
E per le case andai elemosinando.
O
yogin, il mio corpo ho cosparso
Delle ceneri di sandalo bruciato.
Signor di
Mīrābāī che porti il Monte,
Per Te io meditai usando il
mantram.4

Note

1 L’eroe errante dimora nel mio cuore. Tr. it. in: Filippi (2002), p. 65.
2 O Rāṇā, perché non m’hai ostacolato prima. Tr. it. in: Filippi (2002), p. 71.
3 Cfr. Rigopoulos (2005), pp. 191-192.
4 Io per tutta la giungla lo cercai. Tr. it. in: Filippi (2002), p. 182.



Fonti, risorse bibliografiche, siti su Mirabai

Traduzione italiana dell’opera poetica di Mīrābāī:
Gian Giuseppe Filippi (a cura di), Mīrābāī. La Padāvalī, Venezia 2002.
Per un’introduzione alla cultura dell’India:
Ciro lo Muzio, Marco Ferrandi, India, Milano 2008.
Cinzia Pieruccini, Mimma Congedo, Viaggio nell’India del nord, Torino 2010.

Per un’introduzione all’induismo:
Giuliano Boccali, Cinzia Pieruccini, Induismo, Milano 2008 [rist. 2019].

Per un’introduzione al tema dell’amore in India:
Giuliano Boccali, Il dio dalle frecce fiorite. Miti e leggende dell’amore in India, Bologna 2022.

Per approfondimenti:
Gavin Flood, L’induismo. Temi, tradizioni, prospettive, trad. it. di M. Congedo, Torino 2006.
Giorgio Renato Franci, La bhakti. Mistica e devozione nelle tradizioni indiane, a cura di S. Marchignoli, Milano 2020.
Antonio Rigopoulos, Hindūismo, Brescia 2005.
Stanley Woolpert, Storia dell’India. Dalle origini della cultura dell’Indo alla storia di oggi, Nuova edizione a cura di G. Boccali, trad. it. di D. Sagramoso Rossella, Milano 1992 [rist. 2022].



Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024