L’arte del vetro non è solo Venezia: è anche Boemia. Lì, già a partire dal XIII secolo fecero la loro comparsa abilissimi artigiani che, costantemente spinti alla innovazione, permisero di ampliare lo scenario della lavorazione del vetro in Europa. Inoltre, proprio alcuni vetrai della Boemia scoprirono che, miscelando cloruro di potassio e gesso, si otteneva un vetro incolore, chiaro, ben più stabile di quello prodotto in Italia: il “cristallo di Boemia” poteva essere manipolato con un tornio da vasaio e la Boemia iniziò così a produrre esperti artigiani capaci di lavorarlo ad arte.
Quando l’arte vetraria boema venne sottoposta a forti limitazioni dal regime comunista, che dal 1948 chiuse i confini nazionali a ogni forma di libero commercio, la “forza creativa” non più libera di svilupparsi all’esterno venne orientata forzosamente al proprio interno. Forse proprio in virtù di questa chiusura e con la imposizione in Cecoslovacchia di un modello estetico basato sul realismo socialista, un gruppo di artisti si dedicò a dialogare “internamente” allo studio delle potenzialità del vetro. Dunque, in Cecoslovacchia il vetro dalla tradizionale arte applicata e decorativa si trasforma in un materiale per la realizzazione di importanti opere astratte: proprio come in pittura e scultura, le creazioni artistiche in vetro di Boemia nascono (e muoiono) come esemplari unici a sé stanti e non più come oggetti d’uso quotidiano. L’artigianato si fa arte. E il regime comunista cecoslovacco può esporre con orgoglio le produzioni vitree di artisti nazionali alle grandi esposizioni internazionali. Sono pezzi unici, prodotti nelle fornaci con maestranze del territorio.
Miluše Kytková nasce a Praga. Dopo una formazione classica, frequenta per due anni (1941-1943) la Scuola di arti applicate di Praga, dove le è maestro Jaroslav Holeček (1902-1953). Conclude gli studi all’Accademia di arti, architettura e design nel 1949 sotto la guida del pittore Josef Kaplický (1889-1962). Qui conosce René Roubíček (1922-2018), Věra Lišková (1924-1985), e anche la futura coppia formata da Stanislav Libenský (1921-2002) e Jaroslava Brychtová (1924-2020): tutti giovani destinati un giorno a diventare artisti del vetro di fama internazionale. Poi sposa René Roubíček e avranno due figlie. René è proprio colui che trasformerà la lavorazione del vetro in disciplina artistica e che diventerà una icona in Cecoslovacchia: otterrà con i suoi oggetti monumentali realizzati in vetro e metallo il plauso internazionale alla Expo di Bruxelles del 1958 (dove si presenta per la prima volta come vetraio-scultore) e alle esposizioni mondiali di Montreal del 1967 e di Osaka del 1970.
Anche Miluše diventa presto una delle figure di spicco dell’arte vetraria, dedicandosi subito dopo la laurea al design di oggetti e alla realizzazione di prototipi spesso destinati alla produzione in serie: sue le medaglie d’argento al Premio del Ministero dell’industria dei consumi del 1948 e alla XI Triennale di Milano nel 1957 (quest’ultima per un lavoro basato sul design di bicchieri). Dopo il 1965 comincia a dedicarsi al lavoro creativo libero: il passaggio al concetto di scultura in vetro è stata la sua installazione di bouquet dai colori vivaci (fiori dagli allungati steli posti in vaso) alla esposizione mondiale di Montreal del 1967 dove riceve la menzione d’onore.
Mantenendo ognuno indipendenza di artisti e autonomia di artigiani, marito e moglie per tutta la vita lavoreranno in modo differente allo stesso materiale, discuteranno i progetti, le realizzazioni e si scambieranno le proprie opinioni in un dialogo che non può che dirsi molto costruttivo. Ciascuno di loro si avvicina al vetro in modo completamente diverso: «Roubíček lavora sottilmente con lo spazio e la trasparenza del vetro. Roubíčková si affida maggiormente alla forma opaca ed è attratta dall’uso vario dei colori; si occupa principalmente di creazioni da camera, più intime e raffinate nella forma» 1.
Le sue tante creazioni in vetro – prevalentemente in vetro opaco con uso di colori vivaci – che rappresentano il quotidiano diventano presto veri e propri simboli della sua produzione artistica: dai gomitoli di lana ai rocchetti di filo, dai fiori coloratissimi o trasparenti ai cespi di lattuga, dagli ananas ai funghi, dalle borse della spesa colorate ai bastoni da passeggio, dai vasetti da conserva alla frutta che par gelatinosa e caramellata. Roubíčková dà aspetto e forma nuovi a quella frutta che a Murano si soffia da tempo e di cui alcuni splendidi pezzi settecenteschi riposano al Museo del Vetro di Murano, come “frutta con fiori vitrei chiuse parimente in un soffiato di vetro”, “grande vasca di cristallo con coperchio che racchiude varie frutta di vetro”, “simile di cristallo a bollotton con entro frutta” 2, e anche a quella frutta che, sempre nel Settecento, decorava i vasi da farmacia soffiati a Murano e «il cui coperchio è abbellito con un frutto, ognuno con il suo proprio colore: fico, prugna, arancio» 3.
Non solo per questo Miluše Roubíčková «merita un posto di primo piano non solo nella storia del vetro, ma in generale nella storia dell’arte. È stata una delle prime autrici a unire nella sperimentazione artistica una visione del mondo dichiaratamente femminile. Grazie a uno sguardo gentile, spiritoso e fortemente originale ha individuato il proprio tema privilegiato negli oggetti quotidiani, elevandoli allo status di pop art. In questo, Miluše Roubíčková è sempre stata due passi avanti rispetto alla propria epoca, anche oltre i confini nazionali: quando nel mondo cominciano ad affermarsi le prime “tendenze femministe” nell’arte, lei aveva già sviluppato il proprio stile da decenni» 4.
Guardando l’installazione “Banquet, details (1960-2012)” presente alla mostra Bohemian Glass: The Great Masters 5 – e arricchita da dodici acquarelli a penna su carta (1960-1963) appesi alla parete di fondo e dai Bouquet sistemati nella parete d’ingresso – si percepisce immediatamente la vera essenza dell’opera e della vita di questa artista la cui ricerca, nell’arte del vetro, si concentra sulla rappresentazione del mondo quotidiano femminile. Che cosa c’è da sempre di più caratterizzante del mondo femminile che la cucina, la tavola, i cibi cucinati e non, tutto quel mondo che, una volta preparato, esalta i sensi e, in particolare, la vista e il gusto. Qui a esaltarsi sono la vista e il tatto: i lavori in vetro soffiato dalle superfici lisce o scabre, nobilitano i colori vivaci e le forme perfette e sontuose. Appare al nostro sguardo una tavola “normalmente” imbandita a festa – con budini, ciambelle, caramelle, gelati, conserve e biscotti, alzate di frutta glassata, fette di torta, uova colorate in barattoli trasparenti – ma che il vetro trasforma in fantasia reale, grazie al colore, alla trasparenza, alla forma, ai delicati e giocosi dettagli. È la tavola del quotidiano che, grazie al vetro, è congelata in una fiabesca – forse fatata – visione.
Miluše Roubíčková «si muove tra il mondo della realtà e il mondo della fantasia, tra il luogo comune e la poesia. Nel suo concetto unico di pop art, l’umorismo ceco è stato combinato con la poetica femminile» 6. Da questo suo lavoro «traspare una grande gioia della creazione e una partecipe curiosità nei confronti di ogni istante della vita – in breve, vi si legge tutto il suo entusiasmo per la quotidianità. Grazie alla loro piacevole suggestività i suoi lavori saranno imitati e riprodotti anche in grandi numeri senza alcun consenso dell’autrice. Queste contraffazioni hanno finito con l’inondare i negozi di vetro decorativo nella grande distribuzione, senza riconoscere la storia dei loro prototipi, nati dalla mente di questa straordinaria donna e artista» 7. Banquet è un tributo all’opera di Miluše Roubíčková e alla sua idea della vita quotidiana e si comprende molto bene perché la gentile, riservata e spiritosa Miluše si è sempre divisa tra il suo lavoro di artista e la vita familiare, “il banale del quotidiano”. Perché questo quotidiano banale, a ben vedere, a ben creare, è invece davvero meraviglioso.
Non possiamo che essere quindi pienamente concordi con chi ha scritto che «se Roubíčková fosse vissuta nel XVII secolo, sarebbe stata probabilmente la più straordinaria pittrice di nature morte olandesi con frutta e oggetti domestici comuni. Il suo punto artistico è nel gioco dell’illusione, che può riprodurre nel vetro con creatività artistica e sottile umorismo» 8.
P. Kovač, Praga: René Roubíček e Miluše Roubíčková nel Museo Kampa, ovvero la vecchiaia non ha nulla a che fare con lo stato d’animo, [online]. Costruttori di cattedrali, 01-01-2012 http://www.stavitele-katedral.cz/praha-rene-roubicek-a-miluse-roubickova-v-muzeu-kampa-aneb-stari-nema-nic-spolecneho-se-stavem-ducha/ M. Malato, Breve video dalla mostra “Glass and why not? II”, parte 1 di 2 (2012 / 2013); Mostra: Il vetro e perché no? II, (opera di Miluše Roubíčková), parte 1 di 2 [online]. 2014-03-18 [cit. 07-06-2015]. Disponibile online
M. Malato, Breve video dalla mostra “Glass and why not? II”, parte 2 di 2 (2012 / 2013); Mostra: Il vetro e perché no? II, (opera di Miluše Roubíčková), parte 2 di 2 [online]. 2014-03-18 [cit. 07-06-2015]. Disponibile online Roubíčková Miluše, voce Wikipedia, https://cs.wikipedia.org/wiki/Milu%C5%A1e_Roub%C3%AD%C4%8Dkov%C3%A1 C. Tognon, S. Petrová (a cura di), Vetro boemo: I grandi maestri / Bohemian Glass: The Great Masters, SKIRA 2023
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2024