Nei manuali di storia non c’è. Non solo: Matidia è citata nelle Memorie di Adriano da Marguerite Yourcenar con una certa antipatia. Invece è stata una figura chiave per l’impero romano e in particolare per gli Antonini: nipote di Traiano e suocera di Adriano, è stata la nonna della moglie di Antonino Pio (il successore di Adriano), la trisavola della moglie di Marco Aurelio e la madre di sua nonna. In sintesi: tra imperatori che erano parenti tra loro solo alla lontana, Matidia ha costituito l’elemento di continuità della dinastia. E non un elemento passivo, anzi.
Salonia Matidia era nata nel 68 d.C.: era la figlia unica di Ulpia Marciana, la sorella del futuro imperatore Traiano, e del pretore Gaius Salonius Matidius Patruinus. Morì nel 119, a 57 anni, molti per una romana. Marguerite Yourcenar racconta nel suo romanzo che aveva riportato dall’Oriente una malattia mortale e che Adriano, che le era molto affezionato, faceva di tutto per distrarla. Ammette che la casa di Matidia, ormai vedova, fosse piena di libri e l’atmosfera ricordasse quella della casa della colta Plotina, moglie di Traiano. In precedenza aveva ricordato che Matidia aveva seguito lo zio Traiano sui campi di battaglia: non in armi, ma come assistente. Tutti fatti veri.
Tra l’81 e l’82, Matidia sposò Lucius Vibius Sabinus, un senatore che morì tra l’83 e l’84, poco dopo la nascita di una bambina, Vibia Sabina. Matidia era, come spesso accadeva, madre e vedova a 16 anni. Si sarebbe poi sposata altre due volte e avrebbe avuto altre tre figlie, tra le quali, appunto la nonna di Marco Aurelio, Rupilia Faustina. Anche gli altri due mariti sarebbero morti presto.
Il suo primo capolavoro fu il matrimonio di Vibia Sabina con Adriano, verso il 100 dopo Cristo: lui aveva 28 anni, ed era un lontano parente (la famiglia era di origine iberica). Fino ad allora era stato soprattutto un giovanotto dotato per le lettere ma troppo incline al gioco, ai divertimenti e ai giovanetti, “vizietto” che condivideva con Traiano. Sabina, secondo molte fonti, aveva 12 anni. E l’avrebbe odiato per tutta la vita. Gli storici antichi sostennero che Traiano fosse contrario sia al matrimonio sia alla scelta di Adriano come suo successore (non aveva avuto figli). Plotina, sua moglie, era invece a favore. Probabilmente Traiano gli avrebbe preferito il giurista Nerazio Prisco. O forse non voleva nominare alcun successore. Le due donne, moglie e nipote, si imposero. E fu il loro secondo capolavoro. Che cosa esattamente accadde al momento della morte di Traiano, nel 117, non è chiaro: l’Historia Augusta, una raccolta di biografie imperiali, dice che Plotina fece imitare la voce di Traiano da un presente. Lo storico Cassio Dione afferma che la notizia della morte fu tenuta segreta per giorni e che l’adozione di Adriano fu annunciata al Senato romano con una falsa lettera di Traiano, scritta dalla stessa Plotina.
A creare la falsa lettera di successione, assieme a Matidia e Plotina, era stato il prefetto al pretorio Publio Acilio Attiano, ex tutore di Adriano, che fu messo presto a tacere. Non sappiamo chi abbia ordinato la sua uccisione: forse il “buon” Adriano. Certo è che l’imperatore doveva tutto alle due donne. E non si rivelò un ingrato. Matidia poté assistere alla sua opera soltanto per due anni: dal 117 alla sua morte, nel 119. Adriano tenne una commossa orazione funebre, piena di elogi per le qualità delle suocera. E le fece subito costruire un tempio a Roma. Un caso unico. Che aspetto avesse l’edificio lo sappiamo da una moneta del 120. Dove fosse, l’abbiamo dedotto da una condotta d’acqua ritrovata in via del Seminario e che porta impresso il nome del tempio. Oggi non ne rimane quasi nulla.
Nel recitare la laudatio funebris, il giorno del suo funerale (il 23 dicembre 119), Adriano parlò di una suocera “amatissima”, moglie “carissima”, “castissima” sia pure di “summa pulchritudo” (di grande bellezza), madre “indulgentissima” (del presunto “caratteraccio” di Sabina si spettegola da sempre), cognata “piissima”, che non fu mai di peso e molestia a nessuno (“nulli gravis, nemini tristis”). Ricordò che aveva sopportato con pazienza la lunga vedovanza anche dall’ultimo marito. Dell’elogio è rimasto un lungo brano inciso su pietra: forse era esposto nel foro di Tivoli. A parte gli spettacolari giochi gladiatori, Adriano ordinò che dopo la morte della suocera, già nominata Augusta dallo zio Traiano nel 107, fossero distribuite al popolo, come d’uso, sostanze aromatiche.
E dunque perché Matidia? Perché nel periodo dei cosiddetti Cinque imperatori d’oro (Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio), le donne hanno giocato un ruolo fondamentale. Per esempio, nel nuovo modo di intendere il potere dell’imperatore. E tra le donne più influenti, Salonia Matidia ha avuto un ruolo cruciale. Per eredità, per matrimoni, per le sue stesse azioni. Ma anche perché era ricchissima e seppe utilizzare i suoi soldi per numerose opere pubbliche. Quanto fosse importante lo si vide già quando, nel 117, fu attribuito a lei l’onore di deporre le ceneri di Traiano ai piedi della colonna che porta il suo nome, a Roma. Proclamata Diva, ovvero divinizzata, dal genero Adriano dopo la morte, raccolse riti e tributi ovunque poiché le sue statue erano sparse in tutto l’Impero. Soprattutto tra Asia Minore e isole greche, dove aveva viaggiato e dove, oltre che un ritratto di marmo dall’aria severa, era apparsa anche come regnante in carne e ossa. Sarà un caso, ma fu proprio Adriano ad abolire la complicatissima e umiliante procedura legale che qualsiasi donna romana doveva seguire per fare testamento.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023