"Non è un omaggio reso alla memoria della mia compagna ma corrisponde alla realtà. Opera comune nel senso totale: in quello materiale con le implicazioni di decisioni, di applicazione, di sacrifici finanziari e conseguenti rinunce in altri campi; e in quello artistico come concordanze di gusti, di indirizzi, di scelte".
Con queste parole Antonio Boschi spiegò perché la collezione di opere che decise di donare al Comune di Milano nel 1974 doveva avere il nome di entrambi: il suo e quello della moglie Marieda Di Stefano. Questo a sottolineare come la vita dei due coniugi fosse stata riempita dalla passione per l’arte e il collezionismo.
Marieda Di Stefano nacque a Milano nel 1901. Il padre Francesco, imprenditore edile, amava circondarsi di opere d’arte e probabilmente trasmise alla figlia maggiore questa passione. Marieda, dopo gli studi primari, si dedicò alla ceramica; prese lezioni dallo scultore Luigi Amigoni che le insegnò la tecnica e le permise di coltivare il suo amore per il colore esprimendo la sua indole estroversa e gioiosa. La produzione di Marieda, costituita principalmente da vasi, piatti e figure femminili, divenne un modello per le allieve della scuola che lei stessa costituì nel 1962, al primo piano della sua abitazione di via Jan 15 a Milano, e che continuò, sotto la direzione dell’amica fidata Migno Amigoni, figlia del maestro, fino al 2011.
Marieda incontrò Antonio nel 1926, durante una vacanza in Valsesia. Lui, giovane ingegnere novarese, era impiegato presso la società Pirelli. Fu amore a prima vista ma decisero di aspettare a sposarsi perché all’epoca un matrimonio improvviso avrebbe dato origine a pettegolezzi. Celebrarono le nozze nel 1927 e dopo qualche anno si trasferirono nella palazzina di via Jan che fu costruita dal padre di Marieda, tra il 1929 e il 1931, su progetto dell’architetto Piero Portaluppi. L’unione dei coniugi sfociò in una passione che trovò la propria particolare espressione nel grande amore per arte; insieme realizzarono una delle più belle e ricche collezioni del Novecento e la loro dimora diventò un’esposizione permanente delle opere dell’epoca. Insieme sceglievano i pezzi e decidevano su chi investire, organizzavano ricevimenti per dare visibilità ai giovani pittori. Dalla loro abitazione passarono i più grandi artisti del nostro Novecento: Sironi, Fontana, Soffici, Manzoni, Carrà, Funi, De Chirico; solo per citarne alcuni. Oltre alla passione per l’arte visiva in famiglia c’era l’amore per la musica. Antonio suonava il violino e Marieda il pianoforte. Lui, grazie al suo lavoro, aveva avuto l’opportunità di viaggiare per il mondo; negli Stati Uniti aveva scoperto il Jazz e aveva arricchito la sua collezione di dischi con opere ancora sconosciute in Italia. Lei lo raggiungeva a Parigi o a Bruxelles per andare alla ricerca di qualche pittore su cui investire.
Il sabato era il giorno in cui si facevano ruotare i quadri, così racconta il nipote Francesco che era un bambino che amava leggere e ascoltare musica sul finire degli anni Quaranta. In casa c’era il profumo della vernice, alcuni quadri appena arrivati erano ancora freschi e Marieda cercava il posto migliore in cui appenderli. Antonio la consigliava mentre cambiava la musica sul grammofono e il nipote si metteva nello studio a leggere Georges Simenon e a giocare con i tre gatti.
La ricerca, l’acquisto di opere e la passione per la collezione andò avanti fino alla morte di Marieda, nel 1968. Dopo alcuni anni Antonio donò al Comune una buona parte delle opere con la richiesta di individuare un luogo per poterle esporre al pubblico. Alcuni dei pezzi più importanti si trovano oggi al Museo del Novecento. Molti altri si possono ammirare nella loro casa che dal 2003 è diventata una Casa-Museo aperta al pubblico e gestita dalla Fondazione Boschi Di Stefano.
Fondazione Boschi Di Stefano
Civiche Raccolte Storiche
Voce pubblicata nel: 2018
Ultimo aggiornamento: 2023