Attiva negli anni in cui si gettano le basi per le grandi trasformazioni degli anni Cinquanta e Sessanta del Settecento, Marie Sallé è stata una delle prime ballerine a essere anche autrice e coreografa. Sono gli anni in cui la danza arriva a un più largo pubblico con i bals publics (balli pubblici) e opéra-ballet, che danno più spazio alla danza, tipicamente rococò nelle forme (chiara e logica, ma virtuosa ed elegante), nei costumi, che tuttavia offrono l’occasione di riflessioni filosofiche e dibattiti che travalicano i confini delle nazioni, e danno origine a una espressione artistica e via via sempre più strutturata, nella tecnica e nei ruoli.
Nata in una famiglia di artisti, Marie Sallé muove i primi passi sulla scena dell’Opéra Comique, prima di studiare danza con Françoise Prevost, una delle stelle dell’Opera parigina, nota per il suo stile “elevato”, celebrato dal maitre della compagnia, Pierre Rameau, anch’egli tra gli insegnanti di Sallé.
Erede di questo stile, insieme a Marie Sallé, Anne-Marie Camargo, ricordata spesso come sua grande rivale (Voltaire riporta del pubblico diviso in fazioni per l’una o per l’altra): entrambe dalla tecnica solida e avanzata, portarono l’insegnamento di Prevost verso due stili differenti. Camargo, seguendo la propria inclinazione aperta, era nota per interpretazioni estremamente tecniche e virtuose; Sallé, più schiva, da alcuni definita “vestale della danza” per il suo stile di vita, sviluppò una forte attenzione al dettaglio e all’interpretazione emotiva ed espressiva dei passi.
Attiva tra Parigi e Londra, proprio nella capitale inglese si esibisce con il fratello al Lincoln’s Inn di John Rich, in brani comici e seri, incluse alcune opere di Kellom Tomslinson, autore di The Art of Dancing Explained by Reading and Figures, che cercava di introdurre una notazione più accessibile anche ai non professionisti. Ed è a Londra che Sallé decide di non essere solo interprete, ma di creare balletti. Due creazioni, in particolare, ebbero eco in tutta Europa: Pygmalion e Bacchus et Ariadne, il cui successo la portò a collaborare con Handel, che pare abbia iniziato a inserire frasi più espressive e di più lunga durata in opere che prevedevano danza, e che compose per lei Terpsicore, opera-ballet prologo del Pastor Fido.
In particolare il Pygmalion ebbe successo in Francia e Inghilterra: pur non avendo nessuna documentazione diretta che permetta di ricostruire il balletto (Sallé non ha lasciato una notazione, né abbiamo fonti iconografiche), è possibile ricostruire da cronache dell’epoca, e da ciò che emerge da trattati teorici, che Sallé diede molto spazio alla gestualità e all’espressività nella creazione, al punto da immaginare che i gesti non servissero solo a supporto della costruzione del personaggio, ma fossero parte integrante della drammaturgia.
Il suo interesse per l’espressività e la gestualità, sembra aver influenzato la genesi del ballet d’action (balletto narrativo), termine coniato non a caso da un allievo di Sallé: Jean-Georges Noverre. Ma l’innovazione riguardava anche i costumi: poiché nel Pigmalione doveva interpretare una statua, Sallé sceglie di non indossare panier (la struttura che dà la tipica forma degli abiti dell’epoca sui fianchi) e corsetto, ma un abito panneggiato, con i capelli sciolti: una scelta abbinata a una serie di azioni che rendessero ancora più evidente il passaggio da statua a essere umano.
Anche di Bacchus et Ariadne le cronache dell’epoca riportano la forza espressiva: parlano di “ritratto di dolore profondo, disperazione, furia, prostrazione” (dal Mercure), o di una Sallé “ornamento della scena” che incarna “i sogni, il risveglio, le paure e l’orrore della tenera Arianna” (da un componimento del 1734).
Nonostante un cronista riporti che il pubblico londinese iniziò a contestarla per essersi esibita in un ruolo tradizionalmente maschile e in abiti maschili (salvo poi dichiarare nello stesso testo di non conoscere il motivo che spinse l’artista a tornare a Parigi), una lettera della Duchessa di Marlborough racconta che a un mese di distanza dal debutto di Alcina, sempre su musica di Handel, il pubblico era ancora così entusiasta della danzatrice da chiedere il bis così tante volte da indurre lo stesso Re a chiederle di non accettare e terminare la serata. Marie Sallé si ritirò dalle scene nel 1740 (forse per l’arrivo sulle scene dell’italiana Barbara Camparini, detta La Barbarina), salvo esibirsi a corte fino al 1752, e poco è noto della sua vita privata.
Flavia Pappacena, Il Settecento e l'Ottocento, II vol., in Ornella Di Tondo, Flavia Pappacena e Alessandro Pontremoli, Storia della danza in Occidente, 3 voll., Roma, Gremese, 2015. McCleave, Sarah, Marie Sallé and the Development of the Ballet en action, Journal of the Society for Musicology in Ireland
Robert V. Kenny, Mademoiselle Sallé and Her Discontents, in Marie Sallé Seminar by Sarah McCleave:
Dance biographies: Female theatrical dancers circa 1680-1860 - Marie Sallé
Biblioteca Digitale Licei Musicali e Coreutici - Marie Sallé
Lady Dancing Masters in 18th-Century England - danceinhistory.com
Sarah McCleave, Marie Sallé: a Wise Professional Woman of Influence, in “Women’s Work: Making Dance in Europe Before 1800”, a cura di Lynn Matluck Brooks, University of Wisconsin Press, 2007
Voce pubblicata nel: 2024