Nella Padova dell’estate 1971 circola un piccolo testo ciclostilato firmato dal Movimento di Lotta Femminile di Padova: è la prima versione di Potere femminile e sovversione sociale, un testo che farà parlare tanto di sé, diventando presto un classico femminista. Questo libro-manifesto pone le basi delle rivendicazioni per il salario al lavoro domestico. L’autrice è Mariarosa Dalla Costa.

Da lì a poco, il piccolo gruppo padovano cambierà nome in Lotta Femminista, diventando uno dei movimenti del Collettivo internazionale femminista (Cif). Un progetto politico nato nel luglio '72 che unisce le padovane al gruppo di Notting Hill del The London Women’s Liberation, alle americane del Women’s Bail Fund di New York e alle francesi del Matériaux pour l’interventon.
La vita di Mariarosa Dalla Costa è assorbita da un’intensissima militanza, che si alimenta e intreccia con altre importanti figure del femminismo internazionale come Silvia Federici, Selma James e Brigitte Galtier. Una storia che inevitabilmente si lega ad altre, alle altre e diventa collettiva.

Nata e cresciuta a Treviso, si trasferisce a Padova negli anni ’60 per studiare giurisprudenza. Nel 1967 si laurea con una tesi in Filosofia del Diritto seguita dal prof. Enrico Opocher, con il quale in seguito comincia la sua carriera universitaria. Tra gli assistenti del docente c’è anche Antonio Negri, titolare della cattedra di Dottrine dello Stato alla Facoltà di Scienze Politiche. Con lui Dalla Costa instaura un rapporto lavorativo e intellettuale fondamentale per la sua formazione politica. Proprio in quel periodo scopre le opere di Marx, legge Le lotte di classe in Francia e Il Capitale e diventa marxista.

«Fui prima marxista e poi femminista» racconta, ma «la mia ricerca di una strada diversa da quella che la società del tempo si aspettava da una giovane donna iniziò ovviamente prima».1
Il marxismo le dà delle lenti attraverso le quali vedere il mondo, che non abbandonerà neanche dopo la svolta femminista. Incontra la fabbrica, abbraccia l’operaismo e comincia la sua militanza a Porto Marghera.

Il mio discorso femminista fu il risultato dell’esplosione delle contraddizioni che stavo sperimentando nella mia attività politica. Questa attività iniziava alle quattro del mattino, quando dovevo alzarmi per andare a distribuire volantini all’ingresso delle grandi fabbriche, e continua alla sera, il sabato e la domenica.2

Le contraddizioni poste da Dalla Costa parlano di un sentimento comune tra molte donne politicizzate. Compagne che, come lei, stavano scomode. Sentivano che gli uomini - studenti, operai, intellettuali - accettavano sì la presenza delle donne all’interno dell’attivismo politico, ma le rilegavano ad “ancelle del ciclostile”, non considerando le loro istanze urgenti, o quanto meno rilevanti all’interno della lotta politica. Per questo Dalla Costa e altre compagne (tra le quale anche la sorella Gianna Franca Dalla Costa) cominciano a riunirsi separatamente.

Lotta Femminista propone una nuova prospettiva di lotta sulla condizione delle donne, e lo fa guardando il mondo dalla posizione delle donne di classe operaia. Per loro le operaie non sono solo le donne che lavorano in fabbrica; c’è un’altra operaia invisibile, silenziata e negata: la casalinga. Se l’uomo può lavorare fuori casa, è perché il sistema si basa sul lavoro non retribuito delle donne che produce l’operaio stesso. «La merce che le donne producono, a differenza delle altre merci prodotte sotto il capitalismo, è l’essere umano: l’operaio».3
Secondo questa visione, la casa non è solo un luogo di consumo, ma anche di produzione, al pari della fabbrica. Le donne quindi oltre a un lavoro riproduttivo, ne svolgono anche uno produttivo. Ed è proprio qui che sta il loro potere sociale: «rifiutando questo lavoro possono sovvertire la società».4
Il lavoro domestico non è una vocazione, ma un vero e proprio lavoro e deve essere retribuito.

Da un lato potevamo apparire irrealistiche, ma dall’altro sapevamo che, come altri settori della società in lotta, volevamo davvero creare un mondo diverso, un sistema diverso nel quale la subordinazione di un soggetto a un altro sarebbe stata impossibile. La domanda del salario al lavoro domestico costituiva in questo senso la richiesta più radicale che potevamo fare per sovvertire non solo la condizione della donna ma quella dei lavoratori senza salario in generale come quella dei lavoratori salariati.5

Lotta femminista non è sola; altri movimenti fuori dall’Italia avevano cominciato - sotto l’influenza delle parole di Dalla Costa - a sostenere questa lotta, ma bisognava fare rete, far crescere «l’embrione di un’Internazionale delle donne per il salario domestico».6
Così, pochi mesi dopo la pubblicazione del libro, nel luglio del 1972 una ventina di militanti femministe provenienti da Stati Uniti, Francia e Inghilterra si uniscono a Padova assieme alle italiane. Dopo due giorni di assemblee hanno un manifesto. Era nato il Cif.

Le compagne statunitensi non avevano ancora un vero e proprio gruppo. Federici traduce e distribuisce materiali, mantiene una fitta corrispondenza con Dalla Costa e James e propone loro un tour di conferenze in una decina di città nordamericane. Quest’ultimo, iniziato nel marzo 1973, ha un così grande successo da portarle anche in Canada, ospitate dal Centre femmes di Montreal. Una volta a New York, a Dalla Costa viene offerta la possibilità di insegnare all’università, ma le notizie oltreoceano la portano a rinunciare. Deve tornare in Italia. Il 5 giugno 1973 comincia il processo contro Gigliola Pierobon, accusata di aver abortito clandestinamente nel 1967. Lotta Femminista avvia una mobilitazione per la legalizzazione dell’aborto, rendendo politico il processo e Dalla Costa non può mancare.

La stagione degli anni ’70 si chiude avendo ottenuto grandi conquiste: la legge sul divorzio, la 194 sull’aborto, il nuovo diritto di famiglia e l’istituzione dei consultori. Ma la fine del decennio porta con sé anche la repressione e, come tanti altri movimenti, l’esperienza della rete dei Comitati e Gruppi per il Salario al lavoro domestico si interrompe.

Il fatto di aver privilegiato una vita da intellettuale e attivista comportò per me pesanti costi e rinunce […] Negli ultimi anni Settanta e durante gli anni Ottanta dovetti confrontarmi con le conseguenze della repressione politica: aiutare le persone compresa me stessa, a salvaguardare il nostro patrimonio, ovvero evitare che tutto ciò che avevamo prodotto nel corso della nostra attività negli anni Settanta fosse semplicemente distrutto e, nel dibattito politico interno, discutere della dolorosa necessità di dissolvere la nostra rete e chiudere i nostri centri delle donne. Alla fine degli anni Settanta stava finendo un’era.7

Negli anni ’80 le sue ricerche continuano, si concentra sull’analisi del neoliberismo e studia il rapporto tra donne/welfare/modo di produzione. Nel 1985 diventa professora associata di Sociologia politica all’Università di Padova presso la Facoltà di Scienze politiche. Gli anni ’90 sono un periodo di incontri e influenze da donne dell’altro emisfero. Nell’inverno del 1992 fa un viaggio in Messico ed entra in contatto con le lotte delle donne del Chiapas. Poi si sposta in Asia, da Hiroshima a Okinawa dove incontra le attiviste coreane che si battono per denunciare i soprusi subiti dalle donne durante la guerra. La difesa della Terra, il suo sfruttamento e lo sradicamento delle popolazioni, diventano centrali nelle sue riflessioni grazie all’avvicinamento all’ecofemminismo, in particolare a Vandana Shiva e Maria Mies. Proprio con loro nel 1996 tiene una relazione al Women’s Day on Food nel convegno parallelo al vertice della Fao.

In tutta la sua vita di militanza e studio Dalla Costa ha prodotto tantissimo materiale documentario e nel 2011 decide di donarlo alla Biblioteca di Padova che lo trasformerà nell’Archivio di Lotta Femminista per il salario al lavoro domestico. Oggi è consultabile liberamente anche online.

Note


1 Intervista a Mariarosa dalla Costa, in L. Toupin, Il salario al lavoro domestico, ombre corte, Verona, 2023, p. 299.
2 Ivi, p. 296.
3 M. Dalla Costa, Potere femminile e sovversione sociale, Marsilio Editori, Padova, 1972, p. 8.
4 Ivi, p.31.
5 L. Toupin, Il salario al lavoro domestico, cit., p. 301.
6 Toronto Wages for Housework Committee, Editorial, in «Wages for Housework Campaign Bulletin», 1, 1 luglio 1976, p. 3.
7 L. Toupin, Il salario al lavoro domestico, p. 304.


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Mariarosa Dalla Costa


Mariarosa Dalla Costa, Donne e sovversione sociale, ombre corte, Verona, 2021.

Mariarosa Dalla Costa, Donne sviluppo e lavoro di riproduzione. Questioni delle donne e dei movimenti, Milano, FrancoAngeli, 1996.

Mariarosa Dalla Costa, Isterectomia. Il problema sociale di un abuso contro le donne (curatrice e autrice), Milano, FrancoAngeli, 1998.

Mariarosa Dalla Costa, Monica Chilese, Nostra madre Oceano. Questioni e lotte del movimento dei pescatori, DeriveApprodi, Roma, 2005.

Mariarosa Dalla Costa, Famiglia Welfare e Stato tra Progressismo e New Deal, Milano, FrancoAngeli, 1983.

Louise Toupin, Il salario al lavoro domestico, ombre corte, Verona, 2023.

Archivio di Lotta femminista per il salario al lavoro domestico, Donazione Mariarosa Dalla Costa, Biblioteca Civica di Padova. Disponibile qui.

Mariarosa Dalla Costa, Di chi è il corpo di questa donna?, Relazione prodotta al convegno “La autonomia posible”, Universidad autonoma de la Cìudad de Mexico, 24-25-26 ottobre 2006. Disponibile qui.

Mariarosa Dalla Costa, Autonomia della donna e retribuzione del lavoro di cura nelle nuove emergenze, Relazione prodotta al convegno “La autonomia posible”, Universidad autonoma de la Cìudad de Mexico, 24-25-26 ottobre 2006. Disponibile qui.


Voce pubblicata nel: 2025