Partigiana, politica, sociologa, pacifista e femminista, Maria Michetti è stata tante cose.
Ha raccontato con estrema parsimonia la sua vita, piena di avvenimenti e incontri, desiderosa sempre di restare lontana da clamori e riflettori, di non comparire e di non parlare di sé. Se mal volentieri ha parlato della sua vita, ha sempre invece dialogato col mondo, soprattutto quello femminile che ha ascoltato e sostenuto, vero fil rouge di tutta la sua esistenza.

È una giovane studentessa universitaria di 21 anni quando, per la necessità morale, oltre che politica, di «fare qualcosa contro il fascismo», diventa staffetta partigiana. Si muove per tutta Roma per portare ordini, comunicazioni, informazioni e soprattutto per allargare nei quartieri popolari il consenso verso la lotta partigiana.
In quei mesi si svolge, ha raccontato Maria,

«un incontro molto importante tra masse considerevoli di donne dei ceti popolari e gruppi di giovani studentesse come potevo essere io. Che forme ha preso questo attacco delle donne? Ha preso la forma più elementare che era la lotta per il pane, l’assalto ai forni dove si sapeva che si faceva borsa nera, l’assalto ai magazzini di farina che le truppe tenevano per sé».

Avvicinando e parlando con le donne che ogni giorno lottano per la sopravvivenza, ne comprende il bisogno imperativo di trovare cibo perché lei stessa conosce la fame:

«[…] è terribile, veramente terribile […] senti che il tuo corpo ti pesa, che il corpo esige che tu mangi, ché tu non hai da mangiare e per fortuna non lo trovi da mangiare, perché probabilmente saresti disposto a fare anche delle cose non giuste. […] A me durante l’occupazione tedesca ‒ ero una giovane donna ‒ è successo quello che è successo alle compagne dei campi di concentramento, cioè mi si sono bloccate le regole mestruali. […]. È una difesa direi stupenda del corpo femminile il quale, soggetto a questa cosa, non si predispone più alla maternità, all’eventuale maternità».

Quando, a quasi mezzo secolo di distanza, ricorda la sua partecipazione alla Resistenza, Maria pone di nuovo al centro quegli incontri:

«Che cosa mi ha insegnato questo periodo? E, in particolare, cosa mi ha insegnato il modo in cui tante donne che ho conosciuto hanno partecipato a queste azioni […]? Primo. La lotta che si deve fare è per la vita. Il problema non è tanto offendere l’altro, quanto di resistere a vivere. […] Seconda questione. Se si lotta per vivere, allora il problema è di capire che questa difesa deve avvenire attraverso forme elementari di società. […] Molto spesso la grande istituzione non ci aiuta a vivere. Quello che ci aiuta a vivere è il piccolo gruppo, la famiglia, il gruppo di amici. […] Questo mi hanno insegnato le donne: nel momento in cui non c’era più lo Stato, non c’erano eserciti e anche la Chiesa non poteva fare molto, la vera Resistenza è avvenuta dentro le case, nei piccoli gruppi, in famiglia, gruppi di amici, persone […] in cui la solidarietà diventava elementare e la vita di uno era la vita di tutti».«Da ciascuno degli schieramenti politici concorrenti le donne furono viste come una preziosa “riserva di caccia”, perché i guadagni conseguiti nell’elettorato femminile si traducevano in spostamenti significativi dei rapporti di forza. […] Noi donne scontammo da sole la divisione drammatica e l’esserci trovate schierate in due fronti contrapposti. Il nostro comune essere donne non aveva costruito comunicazione tra noi».

Sempre per conto dell’UDI si reca in Ciociaria per incontrare le decine di migliaia di donne vittime della violenza delle truppe goumier del Corpo di spedizione francese in Italia. Maria trova un’umanità femminile marchiata dalle violenze fisiche ma anche dai giudizi di chi le considera donne “perdute” e “contaminate”. Si impegna perché siano riconosciute come vittime civili del conflitto e siano risarcite economicamente con la pensione.

La militanza nell’UDI si intreccia con quella nel PCI, nelle cui liste viene eletta nel 1951 alla Provincia di Roma, divenendo la prima donna a ricoprire la carica di Assessora ai servizi sociali; dal 1956 al 1971 viene eletta ininterrottamente nel Consiglio comunale capitolino, dimostrandosi sempre sensibile verso il degrado delle borgate, i bisogni di donne e minori, la salvaguardia dell’ambiente urbano contro le speculazioni edilizie.

L’impegno in politica significa per Maria occuparsi di cose concrete e delle persone, senza avvitamenti in questioni ideologiche astratte. Per questo quando il suo rapporto con il PCI si incrina e, dopo un difficile periodo di logorante emarginazione, si dimette dagli incarichi di partito, Maria trova il modo di ricominciare. Lo fa ripartendo dagli studi di Sociologia e dal confronto diretto con le periferie, continuando il dialogo con le persone dei quartieri popolari, donne soprattutto, e consentendo che la diffidenza verso il mondo accademico si sciolga e si trasformi in una innovativa e proficua contaminazione.

Nel corso dell’XI Congresso del 1982, le donne dell’UDI decidono di voltare pagina e procedere in autonomia rispetto al PCI, individuando nel separatismo l’unico modo per dare un nuovo percorso al movimento:

«L’autonomia che manca ‒ scrive Michetti insieme a Margherita Repetto e Luciana Viviani ‒ è nei contenuti e nella collocazione dell’UDI che in parecchie situazioni non era altro che una sigla che serviva a femminilizzare direttive e iniziative delle formazioni politiche della sinistra, in particolare del partito comunista».

È tra le prime a interpretare la sigla UDI come l’unione di tutte le donne in Italia, straniere e migranti comprese, e ad aderire con entusiasmo a questa nuova fase che la occupa ininterrottamente per circa due decenni. Come scrive nel 1990, l’UDI è stata

«un luogo scelto, nel quale si è venuta maturando la mia presa di coscienza e il mio impegno nel movimento delle donne e nel femminismo».
In lei è urgente l’esigenza di creare un grande archivio di tutti i documenti dell’associazione, capace di contenerne la storia e preservarne la memoria. Un lavoro immenso e intenso, durato più di un decennio, che Maria conduce con passione insieme a Marisa Ombra e a Luciana Viviani.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Maria Michetti

Maria Immacolata Macioti (a cura di), Maria Michetti. Volevo un mondo migliore, Ediesse, Roma, 2019
Via del Casaletto n°202-204. La casa di Maria Michetti - vitaminevaganti

Piazza del Risorgimento n°14. Qui ha vissuto Maria Michetti - vitaminevaganti

Una donna. Maria Michetti | Docufilm - Massimo Sestili


Referenze iconografiche:
Foto 1. Maria Michetti, Archivio privato di Marco Marroni

Foto 2. Maria Michetti parla al II Congresso dell’UDI, luglio 1947, Immagine di pubblico dominio

Foto 3. Maria Michetti accanto ad Anna Magnani in occasione del ventesimo anniversario della Liberazione e della realizzazione del film Roma città aperta di Roberto Rossellini, 1965, Archivio privato Marco Marroni



Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2024