Lucia Tartaglini nacque il 27 maggio 1629 a Cortona, da Francesco di Agnolo Tartaglini, maestro nell’arte del ferro battuto e Felice di Domenico Buchi, pittrice e decoratrice locale. Il primogenito della coppia, Giovan Battista, si era laureato in medicina e chirurgia presso lo Studium di Perugia, il secondo nato, Bernardo, era un imprenditore; Lucia aveva una sorella maggiore di due anni, Giulia, votatasi appena diciottenne al Terz’Ordine di San Domenico. Nel 1641, alla morte di Francesco d’Agnolo, Felice Buchi vive sola con le figlie e si trasferisce presso la casa di un cugino, pievano di Terontola, e solo al ritorno di Giovan Battista da Perugia, rientra nella casa di Cortona.
Monaca di clausura nel monastero di Santa Croce di Cortona, col nome di Suor Maria Egidia, lottò per sciogliere i voti pubblici, nonostante l’opposizione familiare e del confessore, Giambattista Santucci. Additata dalla società cortonese come volubile e disobbediente, Lucia riuscì a lasciare lo stato di professa, accogliendo l’abito di terziaria francescana, ma, sottoposta a un interrogatorio presieduto dai diaconi e da Padre Niccolò Barbieri, fu punita con la sospensione dei sacramenti e degli esercizi spirituali. In concomitanza con la crisi spirituale di Lucia avvenne l’arresto del fratello, Bernardo, per bancarotta fraudolenta. Perduta anche la casa, il 15 ottobre 1670, Lucia e Giulia insieme alla madre e ad una giovane orfana, Giacinta Albertini, si trasferirono a Perugia, dove Domenico Tartaglini, figlio di Bernardo, stava compiendo i propri studi in teologia e filosofia nella cattedra perugina. Accolte nella parrocchia di San Gregorio e San Giovanni Rotondo alla Chiesa Nuova in Porta Santa Susanna, retta dai Padri dell’Oratorio di San Filippo Neri, Giulia e Giacinta vennero ricoverate nella casa della vedova del noto possidente terriero Giulio Battisti, Loreta, attiva benefattrice locale, mentre Lucia e la madre vennero accolte nell’abitazione di suor Margherita della Croce, terziaria.
Nel torno di pochi anni, le quattro donne risollevarono le proprie sorti lavorando al telaio, mentre Lucia accresceva la propria fama di mistica scrivendo testi devoti e scolpendo immagini sacre, in particolare busti di Cristo polimaterici.
Le fonti riferiscono che Lucia Tartaglini realizzava busti di Cristo e Crocifissi su commissione. Ad altre mistiche è riferita una produzione artistica di immagini cristologiche disegnate, dipinte o ricamate: Caterina de’ Ricci, Maria Maddalena de’ Pazzi e Diomira del Verbo Incarnato; la Tartaglini preferì la ceroplastica, arte appresa probabilmente dal padre, mastro della metallurgia. L’Ecce Homo del Conservatorio di Lucia, eseguito nel 1690, aveva per il popolo perugino valore taumaturgico e protettivo. Secondo quanto narra la biografia, la scultura “riuscì di ottima perfezione, da per tutto grondante di copiosissimo sangue” e si decise di collocarlo in una cassetta, sotto chiave, in una stanza “per comodo delle fanciulle del Conservatorio”. Le sue sculture venivano accompagnate da preghiere scritte di proprio pugno dalla devota:
“Consagrami le tue viscere in medicina delle mie ferite. Ristora il mio pianto con la soavità di un contrito cuore e così verai acompagnando con opra di chi pietà che per te metté la vita” (da Il Calvario; Lucia Tartaglini scrisse altri libri devoti: Lumi ricevuti per anime, L’arca dell’anima, Dialogo ò vero contrasto che fa l’Anima e il Cuore). All’indomani della morte di Lucia, nel 1713, l’Ecce Homo venne estratto dalla cassetta e collocato sull’altare della cappella, la nicchia neogotica che lo ospita oggi venne realizzata nel 1862, mentre le decorazioni murali delle stanze vennero eseguite nel 1913.
Fra il 1678 e il 1679, alla morte della madre e della sorella Lucia fu costretta ad abbandonare l’alloggio in casa Graziani, in cui si era nel frattempo spostato il gruppo di donne, accresciuto da Francesca di Baldino, giovane orfana. Ospitate in un appartamento di proprietà della contessa Caterina della Penna Oddi, il 20 maggio 1680 Lucia e le altre presero in affitto la casa della Torre degli Sciri e, pochi mesi dopo, l’acquistarono aiutati dalla contessa. Il 4 agosto 1680, Lucia Tartaglini acquista la “Casa della Torre degli Sciri”.
Pochi mesi dopo, le “bizocche Lucia Tartaglini, Francesca di Baldino e Cintia Albertini”, ponendosi sotto la direzione dei Padri dell’Oratorio di San Filippo Neri, si diedero uno statuto per “costituire, con quelle che vogliono liberamente restare, un Conservatorio dove la fedeltà alla vita comune, ordinata a norma di questo statuto, colla pratica delle opere di carità e col lavoro assiduo, le Suorucce vi si santifichino e diano in città esempio di vita operosamente cristiana”.
L’istituto iniziò ad accogliere così le prime fanciulle bisognose “Margherita di Domenico Giacinti di Città della Pieve, Tommassa dal Ponte Pattoli di Perugia e suor Rosa di Bernardino Nardi da Cortona, terziaria”. Lucia Tartaglini in veste di superiora dell’istituto, si occupava delle ospiti educandole sia moralmente che materialmente, sostenuta da alcune benefattrici private, come Loreta Battisti, le sorelle Ippolita e Ginevra Grotti, le sorelle Costanza, Anna e Chiara figlie della contessa Caterina della Penna Oddi. Alle ricoverate non era richiesta “né dote, né assegnamento, volendo che per quanto potevano si guadagnassero vitto e vestito con le loro fatiche”.
Nonostante i dettami imposti dal Concilio di Trento, nell’istituto non vigeva il rigido regime claustrale: oltre ai lavori donneschi che scandivano la quotidianità del conservatorio insieme all’intensa attività di preghiera, le Suorucce, o Becchette, erano attive all’interno del tessuto cittadino per la pratica di assistenza ai bisognosi. Nei confronti del prossimo, le fanciulle di Suor Lucia dovevano dimostrare disponibilità assoluta, una carità – che fosse conforto spirituale e soccorso materiale insieme – senza riserve verso esposti, vittime, umili, vagabondi e famiglie in miseria. Il piano che Lucia intese riprodurre nelle proprie seguaci era lo stesso iter educativo, spirituale e assistenziale su cui la terziaria francescana aveva indirizzato la propria vita già prima di trasferirsi dalla nativa Cortona a Perugia ed esso venne atteso e realizzato dalle sue eredi, fino all’età contemporanea, quando, nel 1864, entrò a far parte della Congregazione di Carità, conservando la propria natura e divenendo Sodalizio delle Suorucce.
Nel 1950 venne approvata ufficialmente la regola delle Suorucce, che assunsero il titolo di Suore Oblate di San Filippo Neri. Il cambiamento di status non comportò altresì quello della forma vitae delle fanciulle ammesse, che rimasero sempre libere di agire nel secolo, né mutarono le condizioni di sostentamento dell’istituto, le Suorucce si affidavano al lavoro e ai propri beni, ma nel corso di alcuni decenni, la comunità si trovò a dover sfangare difficoltà onerose che ospitalità a pagamento e lavoro manifatturiero non riuscirono a sopperire; nemmeno la vendita di beni preziosi riuscì a risollevare le sorti dell’istituto, che si estinse negli anni Novanta del XX secolo.
Biblioteca comunale Augusta di Perugia Diario perugino ecclesiastico, e civile per l’anno bisestile 1772, dalle stampe di Mario Reginaldi, Porta S. Pietro, 1771
Archivio del Conservatorio della Torre degli Sciri, Statuto del Conservatorio della Torre degli Sciri, 1862
Biblioteca comunale Augusta di Perugia, Ms. 1688, Vite di prelati e uomini illustri di Perugia, 1700
N. M. Galli, Vita della Serva di Dio Sr Lucia Tartaglini da Cortona Terziaria dell'ordine di S. Francesco e Fondatrice del Conservatorio alla Torre degli Sciri in Perugia, Carlo Baduel, Perugia 1786
F. Guiducci, Tu sei un’ombra. Lucia Tartaglini da Cortona a Perugia (1629- 1713), Mazzafirra Editrice, Arezzo 2017
F. Guiducci (a cura di), Lucia della Torre e le altre. Vite di donne a Perugia in età moderna, catalogo della mostra documentaria della Torre degli Sciri, Perugia, Morlacchi ed. University Press, 2021
Voce pubblicata nel: 2022
Ultimo aggiornamento: 2023