Pedagogista e organizzatrice di istituzioni educative, Lina (Carmelina) Guenna nasce a Novi Ligure il 1 giugno 1869, in una famiglia nota per le attività imprenditoriali e per le frequentazioni con personalità della cultura – quali il musicista Romualdo Marenco, il drammaturgo Paolo Giacometti e lo storico, archeologo e uomo di scuola Gianfrancesco Capurro – nonché della Massoneria laica e riformista; trascorre i suoi primi anni in un ambiente culturalmente molto ricco e fertile.
La famiglia dopo la morte improvvisa del padre – che aveva sempre privilegiato l’espressività musicale piuttosto che gli affari, facendo sì che l’azienda familiare passasse di mano – subisce un forte tracollo economico: vedova e figli devono vendere il palazzo in cui abitano, trasferendosi come affittuari in poche camere all’ultimo piano. Lina si cerca un’occupazione, e inizia, a soli tredici anni, a lavorare in un asilo infantile; ma affianca il lavoro con gli studi, intrapresi privatamente, che la portano a conseguire la “patente per l’insegnamento”. Sono questi gli anni in cui incomincia ad acquisire quelle competenze pedagogiche e a maturare quegli ideali socialisti che l’accompagneranno per tutta la vita. E sui suoi interessi e le sue curiosità si fonda la sua preparazione culturale eclettica e profonda, ma non accademica e supportata da una grande apertura mentale.
Ben presto si conquista sul campo meriti ed esperienze nel settore dell’organizzazione scolastica: la troveremo infatti, dieci anni dopo, vicedirettrice dell’appena nato Asilo Garibaldi di Novi Ligure. Nel frattempo si era fidanzata con Enrico Borgo di Alessandria, che sposerà nel settembre del 1895.
Ad Alessandria, dove si trasferisce dopo il matrimonio, Lina trova un contesto particolarmente favorevole ed accogliente, positivamente influenzato dagli ideali e dai programmi socialisti, espressi pure nella gestione dell’amministrazione comunale; e qui ella svolge attività all’interno di organizzazioni sociali ed educative, collabora al foglio democratico locale «Il Fuoco» e dà prova anche delle sue non comuni doti comunicative e oratorie presso l’Università Popolare, dove tiene lezioni e conferenze, riscuotendo grande successo. In questi stessi anni, inoltre, viene a contatto con illustri pacifisti come il futuro Premio Nobel per la Pace Teodoro Moneta: sarà con lui, nel maggio del 1904, al Convegno nazionale delle Società per la Pace, che si tenne a Torino, e nel 1906, in occasione dell’Esposizione Internazionale di Milano, nell’ambito del Padiglione della Pace allestito dallo stesso studioso milanese.
Le numerose gravidanze e maternità che affronta nel frattempo (nove furono i figli partoriti, di cui solo sei i sopravvissuti) non attenuano il suo impegno sociale e civico: e nel 1905, quando avviene la laicizzazione delle Opere Pie alessandrine, accetta la nomina a direttrice del servizio laico e svolge l’incarico assegnatole con grande impegno, serietà e competenza, rivelando ottime doti organizzative.
Ma nel 1910 Lina rimane improvvisamente vedova a soli quarantuno anni, per di più incinta del sesto figlio. Come dopo la morte del padre, sa reagire con forza: accetta la proposta di dirigere un asilo d’infanzia voluto dai vetrai – giunti ad Asti da Livorno – per i propri figli e significativamente intitolato a Francisco Ferrer, pedagogista anarchico ucciso in Spagna nel 1909 e divenuto subito simbolo della nuova educazione libertaria negli ambienti anarchici di tutta Europa.
Nel 1911 Lina si trasferisce quindi ad Asti con i suoi sei figli, tra cui la neonata Enrica e la suocera che l’aiuta nella cura dei bambini. Qui ha inizio la fase più intensa e complessa della sua vita e del suo lavoro: nei suoi vent’anni di permanenza ad Asti, infatti, svolge una funzione originale ed insostituibile nel sistema educativo della città, sostenendo il diritto all’educazione dei figli delle famiglie operaie, visto anche come strumento essenziale per il miglioramento della società, e costruendo dal nulla istituzioni laiche, di cui via via assume la direzione, dimostrando un’originale progettualità didattica, una notevole capacità gestionale, e capacità diplomatiche nei rapporti con le istituzioni; organizza inoltre anche apprezzate attività culturali pubbliche in campo teatrale e musicale a beneficio della scuola.
Sotto la sua direzione, l’Asilo Ferrer diventa una struttura educativa all’avanguardia, fortemente innovativa: Lina, contraria ad un’impostazione spontaneista, giunge a strutturare un proprio metodo con precisi orientamenti didattici rivolti a formare il bambino alla disciplina della mente, alla conoscenza, all’autonomia dei comportamenti, e nel contempo a lasciare molto spazio alla libera espressione artistica: metodo che prende avvio dalla sintesi di correnti pedagogiche diverse – dalla concezione anarchica al positivismo, da Vittorino da Feltre a Pestalozzi a Froebel – mentre la sua formazione pedagogica avviene contestualmente alla pratica educativa, propensa, piuttosto che alla teorizzazione preliminare, a sperimentare e a riflettere a posteriori sui risultati; e lei stessa progetta e costruisce materialmente, insieme alle maestre, ingegnosi sussidi didattici. In questo senso fu critica nei confronti dell'impianto eccessivamente teorico-scientifico del metodo di Maria Montessori – pedagogista tanto più nota e fortunata di lei.
Ma, oltre che occuparsi degli orientamenti educativi, Lina Borgo doveva dedicare molto del suo tempo anche all’analisi delle economie gestionali, e far fronte ad emergenze varie, legate in particolare al periodo bellico – durante il quale l’asilo riesce ad accedere a sovvenzioni statali, modificando anche la propria intitolazione in Educatorio Infantile – ad esempio accogliendo gli orfani e i figli dei richiamati, le cui madri andavano a sostituire in fabbrica i mariti soldati.
Nel corso del 1916, l’Educatorio oltre all’Asilo apre anche un doposcuola per ragazzi della scuola elementare, con la distribuzione della refezione scolastica per i figli dei soldati e delle famiglie bisognose; inoltre, vengono accolti anche gli orfani di guerra. Infine, la fase forse più drammatica: l’epidemia della febbre spagnola. Lina dà tutta se stessa in un momento tanto problematico, in cui le responsabilità delle cure sanitarie si assommano a quelle organizzative e pedagogiche.
Il poderoso lavoro da lei svolto durante la guerra le valse, nel corso del 1920 e del 1921, molti riconoscimenti, tra cui quello della Federazione Pro infanzia e il diploma di benemerenza assegnatole dal Ministero dell’Istruzione.
Affermatosi il fascismo, Lina Borgo riesce a difendere grazie all’autorevolezzza acquisita l’impostazione pedagogica dell’Educatorio, e le autorità fasciste, pur imponendo la rimozione delle lapidi filo-anarchiche (che finirono in cantina per sempre) e le loro regole gestionali non contrastarono i suoi programmi e, anzi, espressero nei confronti di Lina Borgo – che mai aderì pubblicamente al partito fascista, a differenza di due dei suoi figli che furono fascisti convinti- deferenza e stima, tanto da assegnare a lei nel 1929 – dopo l’istituzione ad Asti dell’Opera nazionale maternità e infanzia, creata nel 1925 – anche l’incarico di direttrice dell’Asilo nido, aperto nella palazzina di fronte all’Educatorio.
Alla sua morte, il 12 gennaio 1932, a sessantadue anni, le fu intitolato l’Educatorio e Asti la ricordò anche dedicandole una via.
Graziella Gaballo, Una novese da riscoprire: Lina Guenna Borgo, educatrice laica, in «In Novitate«, n. 49, maggio 2010
Referenze iconografiche: Fotografia di Lina Borgo, 1932. Fonte: Malfatto e Rogna, Asti nella storia delle sue vie, p. 79. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023