Di Leona Woods si è parlato poco, al di là dei suoi effettivi meriti professionali. Molto meno di quanto avrebbe meritato. In ciò ha condiviso il destino di molte scienziate del suo tempo, a partire dalla difficoltà a dare visibilità alle proprie pubblicazioni, firmate con la sola iniziale del nome e con il cognome del marito. Eppure il suo contributo è stato eccezionale: ha partecipato da protagonista a tutto il processo che ha originato la bomba atomica.

Leona Woods nacque il 9 agosto 1919 nella fattoria di proprietà della sua famiglia a La Grange in Illinois. Era la seconda dei cinque figli dell’avvocato Weightstill Arno Woods e di Leona Holderness. La madre si occupava della famiglia e di gestire la fattoria e fu per tutta la vita per la figlia e per le sue due sorelle un modello inarrivabile di eleganza e bellezza.
Leona fu una bimba molto vitale, amava le attività all’aria aperta, era molto sportiva e lo rimase per tutta la vita, anche nei periodi di maggiore impegno professionale. Dimostrò precocemente una grande attitudine allo studio, in particolare per le materie scientifiche, e i suoi risultati furono tali che alcuni professori proposero di abbreviare il suo percorso scolastico: Leona in effetti poté terminare il liceo a quattordici anni e laurearsi a soli 18 anni con una tesi in chimica. Subito dopo la laurea lavorò per qualche tempo con il premio Nobel professor James Franck e in seguito entrò a far parte del gruppo di studenti laureati e fisici post dottorato coordinati dal professor Robert Mulliken, anche lui futuro premio Nobel. In quella fase il sostegno economico della famiglia di origine fu dirimente in quanto il lavoro delle donne impegnate in progetti scientifici non era pagato.

Leona conseguì il dottorato nel 1942 a 23 anni con una tesi in fisica sulle bande di ossido di silicio. Uno dei commissari che assistette alla discussione della tesi era il fisico nucleare professor Herbert Anderson che, colpito dalla qualità del lavoro, volle conoscerla e le propose di aggregarla al team con cui collaborava. Leona entrava così a pieno titolo nel team che stava lavorando alla costruzione della bomba atomica. Si trattava del suo primo lavoro retribuito. Da allora la storia di Leona coincise con il Progetto Manhattan, il progetto per la creazione della bomba atomica. In un primo tempo lavorò alle dipendenze di Walter Zinn, che si mostrava ostile alla presenza di una donna nello staff e che ne oscurava continuamente i contributi.

La situazione migliorò quando fu chiamata da Enrico Fermi a lavorare alla costruzione del primo reattore nucleare al mondo, il Pila. Esso venne costruito sotto le tribune dello stadio di football dell’Università di Chicago, lo Stagg Fild, luogo scelto per la grande disponibilità di spazio. Leona continuò a collaborare al progetto anche quando per costruire il macchinario necessario a creare la reazione a catena fu scelta la foresta delle Argonne, a circa 20 miglia a sud-ovest di Chicago.
Ad Argonne lavorava anche il fisico John Marshall, con il quale Leona si sposò nel luglio del 43. A pochi mesi dal matrimonio rimase incinta, ma, in accordo con Fermi con il quale collaborava nella realizzazione del progetto, non smise di lavorare e, favorita dal fatto che le tute che dovevano essere indossate erano pensate per gli uomini e quindi le erano molto grandi, riuscì a nascondere il proprio stato fino al momento del parto.
Si recò all’ospedale solo due giorni prima del parto. Al momento del ricovero e della nascita del figlio Peter le fu accanto la madre. Il bimbo pesava 3 kg e mezzo ed era lungo 50 cm. Leona venne dimessa il giorno dopo il parto e tornò all’Argonne dove riprese il lavoro la settimana seguente. Successivamente nel 1949 avrebbe avuto un altro figlio, John Marshall III.
Nessuno dei figli avrebbe seguito le orme dei genitori, divennero entrambi attori ed ebbero un certo successo.

Poco dopo la nascita di Peter, i coniugi furono trasferiti ad Hanford, che era stato un minuscolo villaggio in un’ansa del fiume Colorado, in un deserto di sabbia grigia e ghiaia e dove ormai lavoravano 60.000 persone. Successivamente vennero mandati a Los Alamos, dove erano messi insieme i pezzi per l’assemblaggio finale delle due bombe su cui si era lavorato, una all’uranio denominata Little Boy, che aveva una potenza distruttiva di 15.000 tonnellate, e una al plutonio, Fat Boy, con una potenza distruttiva di 20.000 tonnellate.

Sul funzionamento della bomba al plutonio c’erano elementi di dubbio, per cui venne deciso di fare un test, che venne chiamato da Oppenheimer “trinity”, con riferimento a una poesia di John Donne.
Il test fu effettuato il 16 luglio 1945 vicino ad Alamogordo, in una località il cui nome esatto è Jornada del Muerto. L’esperimento riuscì. Il compito degli scienziati finiva in quel momento. L’uso di quanto Leona e gli altri avevano prodotto non era di loro competenza.
Rimanevano i dubbi di natura etica e nell’ottobre 1945 venne creata l’Associazione degli scienziati di Los Alamos che promuoveva un controllo internazionale dell’energia atomica e la sua utilizzazione a scopi pacifici. Leona aderì.

Nel 1946 vinse il Women of the Year, un riconoscimento molto ambito, ma non ebbe altrettanti riconoscimenti a livello professionale. Dopo il Trinity Test, tornò all’Università di Chicago dove non ricoprì alcun posto di prestigio, ma dovette contentarsi di una borsa di studio al Fermi’s Institute for Nuclear Studies di Princeton.
Nel 1954 si separò dal marito che ritornò al Los Alamos Laboratory e di conseguenza divenne a tutti gli effetti una madre single, con tutte le limitazioni che ciò produce.

Fu sostenuta nel suo percorso professionale da Robert Oppenheimer che aveva potuto apprezzarla durante i lavori del progetto Manhattan e che era un riferimento a Princeton dove si era trasferito. Grazie al suo appoggio divenne nel 1957 membro dell’Institute for Advanced Studies di Princeton.
L’anno successivo ottenne un’altra borsa di studio al Brookhaven National Laboratory, ma solo nel 1960 divenne professore associato di fisica alla New York University e nel 1962 ordinaria – a quasi vent’anni dall’esperienza di Los Alamos.
Da allora la sua professionalità ottenne maggiori riconoscimenti: nel 1965 diventò professoressa all’Università del Colorado, l’anno successivo divenne membro dello staff della RAND Corporation, il principale istituto privato di ricerca di studi strategici e militari a livello internazionale, dove lavorò fino al 1976.
Nel 1966 sposò in seconde nozze il premio Nobel Willard che aveva due figlie, Janet Eva e Susan Charlotte. Nel 1973 diventò visiting professor di studi ambientali, ingegneria, archeologia ingegneristica, meccanica aerospaziale e ingegneria nucleare.

Leona morì il 10 novembre 1986 a Santa Monica per un ictus causato da un’anestesia. Il secondo dei suoi figli, John, durante un’intervista successiva alla sua morte, volle ricordare le discriminazioni delle quali la madre era stata oggetto in quanto donna e disse

C’erano scienziati che hanno cercato di scoraggiarla in tutte le maniere, lei semplicemente li ha superati, diventando più brava di loro.



Voce pubblicata nel: 2024