Judith Butler è una delle filosofe più conosciute negli Stati Uniti, e anche, specie per alcune sue posizioni, tra le più controverse. Durante il periodo del Covid, come molti membri della sua Università, Berkeley, ha tenuto incontri e seminari online aperti anche ai non studenti e io ho avuto la fortuna di poter partecipare a uno di questi. Qui Butler, a partire dal problema molto sentito dell’indebitamento degli studenti, aveva affrontato problemi come l'equità salariale e fiscale. Mentre l’Europa scivolava nella notte (a Berkeley era pomeriggio) Butler inquadrava identità di genere e questioni razziali in una visione che si rifaceva alla condizione heideggeriana dell’esistenza. Dando concreta dimostrazione dell’ampiezza e dell'eterogeneità degli interessi e delle curiosità intellettuali di una pensatrice nota ben al di là delle sue posizioni filosofiche.
Judith Pamela Butler è nata a Cleveland il 24 febbraio 1956, ha studiato a Bennigton e poi a Yale, dove si è laureata in filosofia, e ha trascorso un periodo di studi a Heidelberg grazie a una borsa Fullbright. La famiglia della madre è di origine ebraica ungherese.
Dal 1993 insegna all’Università di Berkeley e dal 1998 è Maxine Elliot Professor in the Department of Comparative Literature and the Program of Critical Theory. Vive a Berkeley con la compagna, la filosofa della politica Wendy Brown, e il loro figlio. Butler si definisce non binaria e preferisce, come ha dichiarato nel 2020 in un'intervista al «Tagesspiel», un quotidiano tedesco, utilizzare per riferirsi a sé, al singolare, il pronome they/them.1
Il pensiero di Butler ha a proprio fondamento da una parte la filosofia analitica anglosassone, dall'altra il pensiero europeo in particolare di Martin Heidegger, Jacques Lacan, Hannah Arendt, Simone de Beauvoir, Julia Kristeva, Luce Irigaray. Proprio l’eclettismo delle sue fonti è stato spesso usato contro di lei dai suoi detrattori. Come lei (they) stessa dice in un documentario intitolato Judith Butler: Philosophical Encounters of the Third Kind (2019), è proprio la curiosità ad averla ispirata per tutta la vita: racconta infatti che a 14 anni, poiché a scuola si annoiava e saltava spesso le lezioni, la famiglia domandò a un rabbino della loro congregazione di darle lezioni private; il primo argomento su cui chiese un approfondimento fu il perché della scomunica nei confronti di Spinoza, rivelando fin da subito il proprio interesse per i temi morali e per chi, nella storia, ha sostenuto posizioni di “rottura” con la tradizione.
I suoi due libri più famosi sono Gender Trouble (Questione di genere, 1990) e Bodies that matter (Corpi che contano, che solo nel 2023 è stato integralmente tradotto in italiano). Il suo pensiero ha avuto una grande influenza nel mondo LGBTQ+, e a questo Butler deve la sua grande notorietà a livello filosofico e personale sin dal 1990, anno di pubblicazione di Gender Troubles: il libro è considerato un vero e proprio manifesto del pensiero queer. A partire dalla visione propria della cultura e filosofia femminista francese (Simone de Beauvoir in modo particolare) che il genere sia il risultato di una costruzione sociale, e che le tradizionali visioni di genere e sesso servono a perpetuare l’oppressione da parte del patriarcato su donne gay e persone transessuali, la critica che Butler fa al pensiero femminista tradizionale sta nella cosiddetta “normatività eterosessuale”: se il patriarcato è così onnipervasivo è perché è conseguenza dell'eterosessualità normata, ossia del definire le persone in base al genere maschile e femminile, facendone una norma e un sistema simbolico. Questo approccio binario definisce donne (e uomini) in modo rigido, mentre secondo Butler il genere è libero e fluido, e la sua costruzione è performativa. Il genere è azione e discorso, quindi è definito dal comportamento. Non esiste cioè, per l’individuo, una condizione naturale che lo determini, è la ripetizione degli atti che crea l’illusione di una condizione naturale.
Lo stesso discorso, in Corpi che contano, viene applicato al sesso: leggendo il Timeo platonico alla luce del pensiero di Irigaray, Lacan e Foucalt, Butler sostiene che il corpo non è un dato puramente materiale, ma la sua esistenza è data dal discorso costruito intorno ad esso. Anche qui l'eterosessualità diviene il modello normativo per eccellenza: nel Timeo il maschile logos penetra e rende vivente la materia inerte (chora), definendo così l'originario dualismo del mondo (logos – materia, maschile-femminile), ma il contrario non accade e non può accadere.
Il pensiero di Butler ha suscitato critiche e discussioni, così come varie sue posizioni politiche più o meno recenti.
Il tema più frequentemente contestato è quello del sesso, dato che molti hanno accusato Butler di negare la realtà del sesso individuale, cosa che Butler con forza ha negato: la performatività del genere attraverso la ripetizione degli atti serve proprio a costruire un’identità non solo di genere ma anche sessuale. Butler è ben consapevole delle gender wars che hanno attraversato l’Europa e gli Stati Uniti. Sicuramente il suo pensiero è all’origine della cosiddetta “terza ondata” del movimento femminista, incentrata sui diritti riproduttivi e sulla libertà delle persone LGBTQ+: in questo la visione filosofica sposa l’attivismo politico sociale. Solo attraverso gli strumenti dell’attivismo è infatti possibile contestare le norme e i paradigmi esistenti per riformularne di nuovi e in questo modo dare visibilità a coloro che non l’hanno mai avuta. Le sue opere hanno influenzato e orientato i dibattiti sull’educazione di genere, sulla genitorialità gay e sulla depatologizzazione delle persone trans.
L’attivismo è parte integrante della vita di Butler, che ha sostenuto i diritti di gay e lesbiche, ha fatto parte di Occupy Wall Street nel 2011 ed è membro dell’advisory board di Jewish Voice for Peace.
Per questa ragione è particolarmente invisa ai conservatori americani e alla destra religiosa conservatrice: nel 2017, durante un evento in Brasile, attivisti evangelici hanno bruciato la sua effigie al grido di “Porta la tua ideologia gender con te all’inferno”. Lei stessa (they) ha ricordato l’episodio in Who’s afraid of Gender (New York 2024) dove ha ricostruito l’origine storica della demonizzazione del genere negli anni recenti. Al tempo stesso ha anche polemizzato sovente con il femminismo TERF (trans-exclusionary radical feminism) associandolo, in varie occasioni e in particolare in un’intervista al «Guardian», che poi lo stesso giornale ha editato suscitando proteste, al fascismo. 2
In anni recenti Butler ha fatto parte dell'associazione Jewish Voice for Peace, un’organizzazione di sinistra che si professa antisionista e sostiene la campagna BDS (Boycott, Divestment and Sanctions) che da più parti è stata accusata di antisemitismo. Già nel 2012, quando Butler è stata insignita del premio Adorno in Germania, l’ambasciatore israeliano, il direttore del Centro Simon Wiesenthal e alcune organizzazioni ebraiche tedesche avevano protestato proprio per le posizioni antisraeliane di Butler. Controversie più aspre sono nate dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, allorché Butler ha definito la strage compiuta da Hamas un attacco di resistenza.
Come vive Butler la sua fama, il suo essere un nome popolare, che va al di là della conoscenza effettiva delle sue opere? L’intervista al «Guardian» che ho citato si conclude con questa affermazione che mi sembra interessante:
have found a way to live to the side of my name. That has proven to be very helpful. I know that many queer and trans folks feel strongly about their names and I respect that. But my survival probably depends on my ability to live at a distance from my name. (Ho trovato il modo di vivere accanto al mio nome. Ciò si è rivelato molto utile. So che molte persone queer e trans tengono molto al proprio nome e lo rispetto. Ma la mia sopravvivenza probabilmente dipende dalla mia capacità di vivere distanziandomi dal mio nome.)
Judith Butler, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell'identità, Laterza,2023 Judith Butler, Corpi che contano. I limiti discorsivi del «Sesso», Castelvecchi 2023
Un podcast con Judith Butler, Close readings, della London Revue of Books. In questo episodio discute su il Secondo Sesso di Simone de Beauvoir. Ascoltabile a questo link: https://lrb.me/conditionssignup
Un video recente: How the far right wants to control your body, https://youtu.be/8Aul0vWIfTg?si=vX5C4qJfcV9aqke8
L’intervista a «The Guardian», di Jules Gleeson, 7 settembre 2021, https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2021/sep/07/judith-butler-interview-gender
Voce pubblicata nel: 2024