Tra il Cinque e il Seicento diverse donne si dedicano all’architettura, per lo più relativamente a edifici di famiglia. Sono soprattutto fiamminghe e italiane: Catherine Briçonnet (ca. 1494–1526), Margherita d'Austria (1522-1586), Jacquette di Montbron (1542–1598), Elisabeth di Nassau (1577-1642), Plautilla Bricci (1616-1690).
Alcune di loro si limitano a ordinare e dirigere i cantieri; Jacquette di Montbron, umanista dai vasti interessi, è invece una vera e propria architetta che esprime una chiara e moderna visione rinascimentale, ancora poco diffusa nella provincia francese. Rimasta vedova con sei figli a circa trentotto anni, la nobildonna si occupa delle residenze di famiglia a Matha e Bourdeilles, riassestandole non solo dal punto di vista finanziario ma anche dal punto di vista architettonico; infatti concepisce in totale autonomia i progetti costruttivi, ed esegue personalmente anche alcune sculture sulla facciata del castello di Bourdeilles, ora Château Neuf.
Il maggior numero di notizie su Jacquette ci è giunto grazie all’orazione scritta per il suo funerale dal cognato Pierre de Bourdeille, abate e scrittore meglio noto come Brantôme. Di Jacquette egli elogia sia la devozione nei confronti del marito (morto anzitempo e da lei tenuto imbalsamato per sei mesi, prima della vera sepoltura), sia le cure verso gli abitanti del suo feudo: durante le guerre di religione, per esempio, la dama aveva rifiutato con fermezza di consegnare al principe di Condé alcuni ugonotti rifugiatisi presso di lei. Dal ritratto del cognato emergono soprattutto altre qualità di Jacquette:
“Aveva mente profonda e sottile, e in particolare capacità ferma e solida di giudizio, che non s’incontrano spesso riuniti nello stesso soggetto”.
Brantôme la descrive, ammirato, come una donna d’animo generoso e assai colta: umanista e filosofa, linguista, poetessa, esperta di discipline geometriche e ottima amministratrice. E soprattutto si sofferma sul ruolo di progettista ed architetta, definendola “molto esperta e geniale”.
Jacquette deve le prime esperienze in questo settore a un soggiorno a Corte, durante il quale stringe una duratura amicizia con Caterina de’ Medici, dalla quale riceve anche sostegno finanziario; il mecenatismo di questa Reggente, che si circonda di artisti e letterati e ama lei stessa cimentarsi nel disegno tecnico, diventa un modello per Jacquette.
Nel passaggio all’Età Moderna il ruolo dell’architetto si va profondamente modificando: le cattedrali medioevali erano state erette da grandi corporazioni di muratori e di scalpellini, all’interno delle quali emergevano pochi maestri formatisi in cantiere e dotati di cultura generale. È a partire dal Quattrocento che in Italia si accentua la tendenza a considerare l'architettura come espressione intellettuale e artistica: l’Umanesimo afferma il primato del disegno e dell’ideazione, svincolando l’architettura dal novero delle arti meccaniche (legate all’opera manuale) per assimilarla invece alle arti liberali.
Gli architetti rinascimentali, nel cui orizzonte si inserisce anche Jacquette di Montbron, studiano disegno, geometria, prospettiva e gli ordini architettonici guardando agli antichi: come ben evidenzia l’articolo di Melanie Lebeaux, anche Jacquette si forma sui testi del latino Vitruvio e sui repertori di Andrea Palladio e di Sebastiano Serlio; studia diversi antecedenti francesi (Castelli di Chenonceau e di Losse) nonché illustri casi italiani come la Biblioteca Laurenziana di Michelangelo o il Palazzo Bartolini-Salimbeni. Stando a Brantôme, la Montbron trascorre molto tempo nella propria ricca biblioteca e coltiva amicizie altrettanto erudite, fra cui Jean de Champagnac, intendente di Margherita di Navarra, filosofo e autore del Trattato sull’immortalità dell'anima e sulla Fisica (1595). Fitta anche la corrispondenza con la Corte parigina e con un’altra dama assidua al suo interno: Fulvia Pico della Mirandola, moglie di La Rochefoucauld. Come in molte esperienze rintracciabili presso altre artiste, la rete femminile di consigli e sostegno sembra essere fondamentale anche per madame de Montbron.
La critica concorda oggi nell’attribuire a questa progettista il merito di aver introdotto la visione rinascimentale nella provincia francese proponendo motivi architettonici inediti.
D’altra parte Jacquette apporta anche una prospettiva e un gusto originali. A Matha gli aspetti che ancora si riferiscono alla tipologia consolidata del castello francese, come la robustezza e le facciate verticali, sono mitigati dal gioco di travature orizzontali e dall’alternanza di finestre e nicchie coronate, di ispirazione fiorentina e michelangiolesca. Il castello di Bourdeilles presenta somiglianze anche più evidenti con la tipica villa italiana, per le simmetrie che regolarizzano il suo aspetto massiccio, semplificato, geometrico e per le sue coperture piatte, nascoste dietro un parapetto. In entrambe le residenze prevalgono la ricerca del comfort e la valorizzazione dello spazio, tuttavia Bourdeilles rivela una concezione anche più raffinata e coerente rispetto a Matha: la composizione generale dell’edificio rispetta le regole classiche, ma si accompagna a una particolare libertà nell’ibridare i dettagli, anticipando un’enfasi decorativa già vicina al Manierismo. Attraverso una rete familiare fitta, le idee decorative e le scelte architettoniche di Jacquette de Montbron circolano rapidamente nel Périgord, dove molte dimore nobiliari ricalcano l’esempio del castello di Bourdeilles.
Blog “Les aventures d’Euterpe”: Jacquette l'architectrice.
Madeleine Lazard, voce su Jacquette de Montbron all’interno del dizionario Siefar
Referenze iconografiche: Castello di Bourdeilles. Foto di alban schoffit. Creative Commons Attribution 3.0 Unported license.
Voce pubblicata nel: 2016
Ultimo aggiornamento: 2023