“Arcipapessa”, “papessa”, “regina di Roma”, “petite Sursock”, “la quinta Colonna”, “la regina supplente”.
Questi erano gli appellativi più comuni con cui era conosciuta Isabelle Hèlène Sursock Colonna (forse 1889 - 1984), appartenente ad una dinastia di ricchissimi e potenti commercianti e banchieri di origine bizantina, trasferitisi in Libano nel diciassettesimo secolo.

La famiglia Sursock, a detta della storica Leila Fawaz, fu protagonista della “più spettacolare scalata sociale del diciannovesimo secolo”. A questo splendore contribuirono l’intraprendenza commerciale, alcuni matrimoni strategici e maneggi politici, oltre alla profonda influenza esercitata all’interno della Massoneria dell’epoca (George Dimitri Sursock era Venerabile Maestro della loggia del Grande Oriente). Al loro apice, i Sursock avevano costruito una fitta rete di relazioni con le famiglie delle aristocrazie egiziane, francesi, irlandesi, russe, italiane e tedesche, insieme a un impero manifatturiero e commerciale che si estendeva lungo il Mediterraneo

Principessa di Paliano, patrizia dai trentasei titoli nobiliari, Isabelle fu protagonista indiscussa della vita mondana della Capitale per circa settant’anni. Il suo salotto, tra i più rinomati d’Italia, era molto ambito dall’aristocrazia del tempo, nonché da alti rappresentanti della Santa Sede, alla quale la nobildonna era particolarmente legata. Al punto da avere, tra i suoi documenti, anche un passaporto vaticano, in latino.

Fu custode e straordinaria curatrice di palazzo Colonna, suo “grande amore” per tutta la vita. In quel palazzo sono passate personalità come la regina Elisabetta d’Inghilterra, i Ford, i Carter, vari presidenti americani, Imelda Marcos e anche Jackie Kennedy. Il salotto di donna Isabella fu frequentato anche da Galeazzo Ciano, della quale, come ha rivelato a “Vogue” l’anziana cugina Yvonne Cochrane Sursock, ella fu l’amante e, forse, anche la spia. (Yvonne, gran dama della capitale del Libano, fu l’ultima proprietaria dello splendido palazzo Sursock a Beirut, distrutto dalla terribile esplosione del 4 agosto 2020. La donna morì qualche settimana dopo a causa delle ferite riportate nell’esplosione).

Altra personalità di spicco a frequentare le sale del palazzo romano era il generale nazista Heinrich Himmler, che la soprannominò “la quinta Colonna”, per lo stretto contatto di Isabelle con il Vaticano e gli oppositori del nazismo. Arrivò da Beirut in Italia, come l’altra sua sorella Mathilde, sposata a un marchese Theodoli, che era segretario d’ambasciata.
Il principe Marcantonio Colonna, che si recava spesso in visita al suo amico Theodoli, si innamorò di Isabelle, che non era bella, anzi, come affermava sempre sua cugina Yvonne, era anche “bruttina”, ma, in compenso, “molto divertente”.
I due si sposarono nel 1909. Il matrimonio fu allietato dalla nascita di due figli: Sveva Vittoria Colonna e Aspreno.
Marcantonio VII Colonna (Roma, 1881-1947), è principe assistente al soglio pontificio e omonimo discendente del comandante della flotta pontificia che trionfò sui Turchi nella battaglia di Lepanto del 1571, avvenimento che pose fine all’espansionismo turco nell’area del Mediterraneo.

Si diceva, all’epoca, che la petite Sursock fosse innamorata più del palazzo che del marito. E la missione della sua vita è stata proprio quella di conservare, valorizzare ed arricchire quello che era stato il palazzo pontificio di Martino V: il palazzo Colonna, la cui fondazione risale al XIII secolo e la cui storia era sopravvissuta a tante devastazioni, compreso il sacco di Roma del 1527.
Lo risistema da cima a fondo, chiamando per collaborazioni personalità come l’archistar Tomaso Buzzi, lo storico dell’arte Federico Zeri e l’antiquario Pietro Accorsi. Dona all’intera struttura la grazia del vicino Oriente francese.

Vi ospita teste coronate, finanzieri e banchieri, purché non divorziati. Offre sontuosi ricevimenti nei quali apre le sale affrescate per i suoi ospiti altolocati, ai quali distribuisce anche generosi regali. Queste cose le scrivono nei loro diari Galeazzo Ciano e Giuseppe Bottai, intimi della casa.
Lo sfarzo di questi ricevimenti e la caduta della monarchia, pongono donna Isabella nella posizione di sostituire Maria Josè come “regina supplente”.

Per arrivare al cospetto della presenza, bisogna percorrere tre enormi saloni, ricchi di tesori e magnificenza. Nelle stanze della “papessa” si costruiscono carriere religiose, politiche e sociali.
Il suo appartamento privato, composto da nove stanze, è ricavato a pianterreno nell'ala quattrocentesca del palazzo, che a sua volta era sorta sulle fondamenta dell'antico tempio romano di Serapide. Costituisce la parte più antica di tutto il palazzo ed in essa è conservata la biblioteca di Martino V.

Convintamente antifascista, Isabelle Colonna è, però, artefice di una preziosa opera di mediazione con i gerarchi e, non da ultimo, si distingue per opere di soccorso, carità e rifugio durante la seconda guerra mondiale.
È anche antinazista e, quando nell’estate del 1944 i nazisti irrompono a palazzo per catturarla, lei ha già fatto murare nei sotterranei i maggiori capolavori della sua sterminata collezione. Fugge precipitosamente, armata di borsetta, attraverso una scaletta che ancora oggi immette nei giardini che attraversano via della Pilotta e salgono verso il Quirinale. Si rifugia presso l’Ambasciata di Spagna, dove rimane segregata fino alla fine del conflitto.

Dopo la liberazione di Roma, il palazzo viene riaperto al corso degli eventi ed al nuovo corso del potere ed è lì che, al posto dei vecchi gerarchi nazisti, siedono i liberatori d’Italia: il generale Clark ed il generale Montgomery.

Vi è poi la storia della rivalità con la vicina di palazzo, la principessa Ninì Pallavicini. Quest’ultima, ad un certo punto, prende a proteggere il cardinale scissionista Lefebvre (che sarà scomunicato da Papa Giovanni Paolo II nel 1988), mentre donna Isabella resta salda nella sua fedeltà a Papa Paolo VI, anche se costui ha abolito i “principi assistenti al Soglio”, di cui uno era proprio un Colonna.
Avida lettrice, Isabelle ogni mattina si fa portare dal portiere notturno Il Tempo e Il Messaggero, insieme ad una busta arancione dove lo stesso portiere annotava tutti i movimenti degli inquilini.

L’ultimo ballo che la “regina supplente” tiene a Palazzo risale al 1968, in occasione dei 18 anni della nipote Laurenzia, figlia di Aspreno, con valletti in polpe (livrea settecentesca). Vi partecipano duemila persone.

Il 6 novembre 1984 a Santi Apostoli si tengono i funerali di donna Isabella. I vari documenti di cui ella era in possesso riportavano date di nascita diversa, tanto è vero che per la “tante” (“la zia”, come si faceva sempre chiamare, ma mai “nonna”) non è mai stato possibile stabilire una data precisa. Senonché, al momento della morte, secondo i parenti, aveva 96 anni, per gli amici 93. Quasi cento anni, secondo altri parenti.
Spira tra le braccia dell’infermiera che la assiste da tre anni. Il suo corpo viene deposto in una bara foderata di pizzi e raso chiaro, posta sotto l'affresco di Marcantonio Colonna, il vincitore di Lepanto.

La donna più potente di Roma reca tra le mani un’orchidea, il suo fiore preferito, e un rosario di argento. Appena due mesi prima, il 5 settembre, a soli 58 anni è venuta a mancare sua nuora, la bellissima Maria Milagros del Drago, moglie di Aspreno.
In ultima fila è seduta anche Ninì Pallavicini, la sua storica nemica, venuta in sedia a rotelle e vestita di nero a renderle omaggio.

Isabelle Colonna non ha lasciato nulla di scritto, né ha voluto che si scrivesse di lei. A tutt’oggi non esiste di lei una biografia ufficiale, ma solo articoli di giornale e resoconti diaristici. La sua persona ha ispirato anche alcuni scritti di Curzio Malaparte, che parla anche del suo complesso legame con Galeazzo Ciano. Il suo lascito più importante è senza dubbio il magnifico Palazzo Colonna, oggi interamente fruibile al pubblico. Nel 2015 è stata creata la Fondazione Palazzo Colonna, di cui sono artefici il Principe Don Prospero Colonna, nipote di Isabelle, e la moglie, la Principessa Donna Jeanne Colonna Pavoncelli.

L’immenso stabile racchiude la collezione privata più grande della Capitale, dal rinascimento al barocco, con opere di autori italiani e stranieri, tra i quali Albani, Bernini, Bronzino, Annibale Carracci, Guercino, Rubens, Tintoretto, Veronese, Zuloaga. Oggi al suo interno si trovano un museo delle cere ed il Touring club.

Attraversare le grandi significa incontrare sculture, marmi pregiati, decorazioni in stucco, tappeti murali, lampadari di Murano, mobili aristocratici d’epoca. Molto particolare è la Sala della Fontana, dove, intorno ad una fontana marmorea del XV secolo, sono esposti mobili di gran pregio, dipinti, poltrone, affreschi paesaggistici di Onofri del XVII secolo e gli affreschi biblici e mitologici del Pinturicchio del XV secolo. È l’unica sala che abbia conservato l’originale pavimento in stile veneziano.

L’amore per il bello e la determinazione di donna Isabelle ha permesso di custodire questo ricco passato per consegnarlo alle generazioni future. Di questo dobbiamo esserle tutti grati.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Isabelle Hélène Sursock Colonna

A Beautiful Day in Rome - Palazzo Colonna.



Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024