Inge Schönthal: un suono sincopato: prima su, poi giù.
Inge Schönthal: energia e determinazione.
Queste due fortunatissime doti naturali appartenevano già alla “giovanotta” – è una sua definizione – che nel 1950 decide di lasciare Göttingen e la sua storica università in cerca di lavoro. Il padre è ebreo, lo frequenta poco; vive da tempo in America e ha una nuova famiglia; a una sua precisa richiesta di aiuto per entrare in una università americana risponderà con un rifiuto. Non si vedranno più. Sua madre si è risposata, creando così per lei, in quei tempi, una situazione più sicura. Per i suoi 90 anni Inge le dedicherà un affettuosissimo breve libro, un ricordo della bisnonna per i suoi nipoti.
Nella difficile Germania del dopoguerra si deve lavorare, lavorare subito; Inge ama la fotografia; carina com’è all’inizio diventa lei stessa la modella per il fotografo, e contemporaneamente passa dall’altra parte dell’obbiettivo.
A 20 anni parte per Amburgo. Non ha un soldo, le sue ricchezze sono una vitalità e un coraggio travolgenti: un formidabile lasciapassare. Ignora quanto quella sarà la città del suo destino.
Casualmente conosce il direttore della rivista femminile «Constanze», Hans Hufzzky. Inge non ha fatto che un breve tirocinio nello studio di Rosemarie Pierer, sviluppando fotografie nella camera oscura che è anche la sua casa, è dunque una fotografa abbastanza improvvisata. Hufzzky dà un giudizio severo sulle sue foto, ma le dà un buon suggerimento: l’importante, come insegna Henry Cartier Bresson, è saper cogliere "the decisive moment", la tecnica non è poi così fondamentale. È un consiglio che Inge terrà sempre presente e che si sposa perfettamente con la sua personalità e con la sua natura libera. Comincia a lavorare come fotoreporter per «Constanze» e Hans Huffzky resterà uno dei suoi grandi amici per tutta la vita.
Questo, dell’amicizia, è un perno determinante nella vita di Inge. È curiosa, vivace, seduttiva, sincera, fedele. “Sono molto esigente” dice di sé stessa, ma individuata la persona per lei degna, in ogni senso, l’amicizia è data, per sempre. E con rara generosità. Gli amici vengono poi coccolati, viziati, sostenuti, inneggiati, avvolti in una sua rete di calore. È difficile resisterle. Quando presenta un amico o un’amica, lo mette sempre nella luce migliore possibile.
Ad Amburgo è una ragazza scalpitante, assetata, vuole conoscere giornalisti, scrittori, editori, il mondo che ruota intorno alla cultura; ma vuole anche vedere un altro mondo.
Colpo di fortuna: incontra un armatore che le offre un passaggio gratis sulla sua nave da carico lungo la tratta Amburgo-New York: il coraggio di accettare non le manca di certo.
A New York è ospite di amici di amici. Ottima cosa in America e utilissimo per lei che ha la possibilità di incontrare facilmente le persone giuste, senza dover sgomitare troppo; forse in seguito cercherà di intervistarle e di fotografarle per le sue corrispondenze sui settimanali tedeschi. E ci riuscirà: a New York tutto può succederle, anche, apparentemente per caso, mentre passeggia per Madison Ave, mangiando un ottimo panino col pastrami, di incrociare a un semaforo Greta Garbo, seminascosta da un cappello color prugna, in attesa del verde: con la sua Rolleiflex, che non lascia mai, Inge come una saetta scatta una fotografia di lei di profilo. Eccolo il decisive moment! Le frutta 50 dollari e la pubblicazione su «Life». Ma sarà stato un caso? Il fatto è che il ritmo di questa città è in perfetta corrispondenza con la ragazza di Göttingen.
È la prima di quelle fotografie di personaggi interessanti e famosi che sognava di incontrare e di raccontare con la sua Rolleiflex; in seguito ci saranno Hemingway, Picasso, Churchill, Genet, Chagall, Elia Kazan, Edith Piaff, Kennedy... le star del cinema.
Ernest Hemingway, che vive a Cuba, è il secondo incontro importante. Siamo nel ’53, New York–La Havana è un viaggio lungo, per Inge sarà complicato e avventuroso; lo compie in parte in autostop, poi da Key West per 8 dollari in aereostop su un monomotore che vola a Cuba. Per giorni e giorni, vivendo in una specie di ripostiglio, come i primi tempi ad Amburgo, e a passeggio per il Vedado mangiando tamales, come faceva a New York, Inge aspetta di poter incontrare lo scrittore; non è tempo perso, è tempo guadagnato, la bellezza e la grazia della gente la affascina. Riesce infine a farsi ricevere e a scattare la famosa fotografia di lui, che dorme sdraiato per terra; lui è furioso, le fa promettere di non pubblicarla se non dopo la sua morte. E così sarà. Però è incuriosito dalla ragazza che arriva dalla Germania. Inge sarà ospite di Ernst e di sua moglie Mary per due settimane, e lo accompagnerà a pesca, grande passione di Hemingway; accetterà di farsi ritrarre, ma di malavoglia. Per Inge è un vero scoop, da quel momento la sua carriera avrà un nuovo slancio.
Gli scrittori e le scrittrici editi dalla Casa Editrice Feltrinelli, invece, saranno fotografati più tardi, ma a casa sua: sono degli amici, delle amiche. La Rolleiflex è a riposo dal 1958.
Dalla sera cioè, che ad Amburgo, di ritorno da un reportage sulle cercatrici di diamanti in Ghana, a casa del suo grande amico di sempre, l'editore Ledig-Rowohlt, conosce l’editore italiano Giangiacomo Feltrinelli.
Giangiacomo ha 32 anni. All’età di 23 ha fondato l’Istituto di storia del movimento operaio, a 29 la casa editrice Feltrinelli. È molto ricco e molto serio, non ama la classe alla quale per nascita appartiene; crede alla possibilità di abbattere le contraddizioni del mondo, crede nel comunismo.
Viene presentato a Inge come “un uomo nuovo”.
Anche Inge è una donna nuova.
Göttingen, Greta Garbo, Ghana, Gian Giacomo, quante G. nella vita di Inge. Che la G. sia la sua lettera fortunata? Chissà se ci avrà pensato? No di certo, è il suo temperamento intraprendente e temerario a sollecitare la fortuna, lui a solleticarla, lui ad attrarla e a tenersela vicina. Una compagna per ogni genere di viaggio.
L’incontro con l’editore è di quelli che una volta si dicevano fatali. Si scoprono affinità profonde, coraggio, forza, dinamismo, lo stesso respiro, come una furia. “Eravamo due partner ideali” dice lei. Si sposeranno in Messico dopo qualche tempo. Nel 1962 nascerà il figlio Carlo.
Inge viene a vivere a Milano, impara e si dedica con entusiasmo e con passione al lavoro nella Casa editrice, che vive un momento di grande vivacità e di grandi successi: due anni prima il premio Nobel al Dottor Zivago, – prima edizione assoluta Feltrinelli; Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è già un best seller, fra poco nascerà il Gruppo 63; l’équipe intorno all’editore è forte e compatta; Inge porta fra loro la sua innata capacità di comunicazione, gli scrittori tedeschi, i suoi contatti internazionali, che attraverso i numerosi viaggi con Gian Giacomo nelle Fiere del Libro nel mondo, dove lei brilla e non solo per i suoi vestiti di paillette, via via si intensificheranno sempre di più. È nata per le pubbliche relazioni, è l’elemento perfetto in questo momento speciale della casa editrice.
Forse anche da prima, ma di sicuro da adesso, i libri sono per lei un “Lebenselixier”, un elisir di vita.
Siamo agli inizi degli anni Sessanta, ama il suo editore, il lavoro di lui e la città dove lui vive; Inge ne è conquistata. E la conquista.
È inesauribile di vitalità e di charme, entra da protagonista in una città che ancora per poco tempo vivrà una strada in ascesa. Entra come un vento di allegria nelle gallerie d’arte, nei teatri, nelle sfilate di moda, nelle cene degli amici e nelle serate più esclusive.
Le serate a casa sua, però, sono sempre collegate in qualche modo alla casa editrice, al lavoro: l’uscita di un libro, la presenza di un autore o l’apertura di una nuova libreria. Perché Inge ha curiosità per tutto, ma non si può definirla una persona mondana. La sua anima non è frivola.
Ha un colore preferito, quasi una divisa, declinato in mille sfumature: è l’arancione, un colore solare, felice, come il suo buongiorno, come il tramonto sul Lago di Garda, a Gargnano, dove ha vissuto nel primo periodo del suo soggiorno italiano. Arancioni sono i divani di casa sua, arancioni sono i fiori che vengono da Villadeati, la casa in Piemonte dove passa ogni weekend, arancioni sono le sue giacche, mai senza la pochette. Lady Orange, l’ha soprannominata il poeta russo Andreij Vozneseneskij.
E forse parla anche in arancione, una lingua scombiccherata infarcita di parole straniere e di parole da lei inventate, e che in tutti i casi trascende le barriere nazionali, una lingua che fa parte del suo charme e della sua impertinenza. Un italiano marca Inge.
“We live in Milano, we reside in Villadeati”, dice con entusiasmo. Ed è al castello di Villadeati che vengono festeggiati con festose colazioni anche i compleanni della casa editrice, presenti gli autori e le autrici, i collaboratori, gli editori internazionali. Il menu è rigorosamente piemontese, buonissimo, invariato di anno in anno, cucinato dalla Piera e dalla Pina, fedelissime domestiche: antipasto di carne cruda, tortellini del plin, bollito con salsa bagnèt vert, crostata. Molto vino, di Villadeati naturalmente, poi tutti sdraiati sulle bellissime terrazze erbose, forse di Juvarra, che si affacciano sulle colline astigiane. E qualche volta danze, perché Inge ama ballare e non perde occasione per trascinare qualche vittima in una tenzone, dove naturalmente è sempre lei a non stancarsi mai.
Queste feste sono quasi un distintivo della casa editrice e continueranno fino a quando sarà possibile, anche dopo che la realtà sarà parecchio mutata.
Agli inizi degli anni Sessanta nelle librerie Feltrinelli non si vendono più solo libri: si vendono dischi, manifesti, il vento della swinging London ha portato, con la minigonna, una fuga dal conformismo lombardo; le librerie diventano luoghi di incontro, di discussione, luoghi creativi e anche di divertimento. Ma il vento, come si sa, cambia rapidamente.
Le librerie Feltrinelli riflettono adesso il fermento che dalla guerra del Vietnam ha portato, dopo quelle di Berkeley, alle grandi manifestazioni di Parigi, Berlino, Roma, Milano. La stessa tensione politica vibra nella casa editrice, e vive nel suo editore. In seguito per lui la scelta diventerà sempre più e più radicale, in una crescente identificazione con i movimenti rivoluzionari del mondo, che esigerà da lui un coinvolgimento totale ed estremo.
“Era un amore con una base indistruttibile”, diceva Inge. Nella fiducia reciproca la base continuerà a essere indistruttibile, l’intesa dei grandi sentimenti non è finita. Ma il sole è tramontato. Inge oramai è sola. Il suo sguardo così smagliante ora è spesso malinconico.
Ma c’è Carlo. E c’è la casa editrice, una grande barca, un’eredità morale che deve avanzare e crescere, crescere come Carlo, fino a quando lui avrà l’età per guidarla. È un progetto che va portato avanti e che da questo momento diventa lo scopo e lo specchio della vita di Inge. Le cose stanno così.
Sono anni molto complicati, minacciosi, tutto è instabile, la situazione politica, la presenza-assenza dell’editore, la sua voce sempre più distante.
I colpi non le saranno risparmiati, però lei riesce a non inciampare. È presidente della casa editrice, un ruolo dunque di nuove e ben più grandi responsabilità, non c’è tempo per abbandonarsi. Ha sempre amato il rischio, l’ottimismo l’ha sempre sorretta, ha la convinzione che l’avrà vinta perché la squadra dei collaboratori è formidabile e fedele e perché il patrimonio di amicizie che ha creato intorno a sé la sostiene. E la sosterrà anche dopo quel tragico 14 marzo e dopo il linciaggio seguito alle ipotesi sulla morte di Giangiacomo Feltrinelli. Inge ha una sua verità, non crede alla versione ufficiale, ma parlarne fa male.
La tragedia si riflette sulla casa editrice: tanti sono gli abbandoni degli scrittori, tante le difficoltà, tante le acrobazie per superarle. Ma anche tanta è la passione, e le idee, e la fantasia. Una per tutte il moltiplicarsi delle librerie, erano 7 nel 1971, negli anni arriveranno ad essere più di 100.
Inge è ora presidente onoraria di tutto il gruppo Feltrinelli, come presidente della casa editrice è subentrato Carlo, è il suo turno. E anche lui sa il fatto suo.
Da tempo un grande sostegno è venuto da una luce, alta quasi due metri, che si è accesa sulla vita di Inge, è una luce Argentina che ha già illuminato molti studenti e studentesse in Germania e negli Stati Uniti e che ne illuminerà molti e molte anche in Italia. Viene da Buenos Aires, è quella di Tomàs Maldonado; è un accademico interdisciplinare, designer e teorico del design, esperto di cibernetica e di semiotica, di temi dell’ambiente e di molte altre cose. È anche pittore.
Con calma e ironia Tomàs osserva, critica, focalizza, rischiara e stabilisce un ordine. La sua presenza diventa un aiuto fondamentale per Inge-presidente e per Inge-madre; e un abbraccio caldo. Il suo sguardo è di nuovo smagliante.
“Da ciò che più è discordante, lo splendido accordo”. La massima di Eraclito si addice a Inge e a Tomàs. Tanto per cominciare lui non ama il ballo e odia il tango. Ma il loro matrimonio durerà fino alla fine.
In una bellissima intervista che Inge ha rilasciato non molto prima di andarsene, ha voluto ribadire la forza e l’apporto della squadra nella difesa e nel sostegno della casa editrice, e la gratitudine verso Giangiacomo che l’ha ritenuta capace di condurre la sua creazione; autodefinendosi “un jolly che rappresenta la Feltrinelli”.
Chapeau.
Referenze iconografiche: Inge Schönthal Feltrinelli riceve l medaglia Carlomagno per i Media Europei, 2011. Foto di Euku. Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic and 1.0 Generic license.
Voce pubblicata nel: 2021
Ultimo aggiornamento: 2023