Ines Fedrizzi è una delle personalità più importanti e originali della scena culturale trentina nella seconda metà del Novecento, come pittrice, gallerista, promotrice di eventi artistici, nonché viaggiatrice e collezionista.

Nasce a Cadine di Trento nel novembre del 1919 da Emilio Fedrizzi, reduce dalla Grande Guerra, e da Lucia Bertini, figlia dell’ingegner Umberto Bertini e di Margherita de Marchi. Dopo pochi mesi dalla nascita di Ines, la famiglia si trasferisce a Torino (presso il Palazzo Reale), dove il padre trova lavoro come Guardia Regia a cavallo, parte della scorta del principe Umberto di Savoia. Nella stessa città vive la nonna materna, Margherita de Marchi, anche lei incaricata a Palazzo Reale. Nobildonna veneziana dalla forte personalità, è una figura fondamentale nell’infanzia e nell’adolescenza di Ines, che sembra ereditare da lei il gusto del bello, l’amore per gli oggetti e la sensibilità artistica. Questi elementi la porteranno a interessarsi di antiquariato minore e ad intraprendere la carriera di pittrice e di gallerista.

Nel 1922 il padre perde il lavoro a causa di un decreto del governo Nitti che scioglie il Corpo delle Guardie Regie. Per questo motivo, nel 1927, la famiglia torna in Trentino, inizialmente a Cadine e poi a Trento. I difficili anni del primo dopoguerra sono caratterizzati da privazioni e da fame. Emilio, convinto antifascista, si reinventa calzolaio, mentre Ines passa le giornate abbandonata a sé stessa, girovagando tra le botteghe del rione dove abita. Di tanto in tanto vende per pochi spicci qualche quadretto che realizza con mozziconi di matite colorate. Nel periodo prebellico dapprima lavora come barista alla stazione di Trento; poi si trasferisce a Bolzano, dove vive un triste matrimonio, a cui pone fine poco dopo. Tornata a Trento, si prende cura del figlio Enzo, di pochi mesi, e aiuta la madre e le due sorelle minori, abbandonate dal padre improvvisamente e senza spiegazioni.

Gli anni della Seconda guerra mondiale, così distruttivi e dolorosi, tolgono ad Ines la forza e il desiderio di dipingere. La Wehrmacht conquista il Trentino-Alto Adige e lo annette alla Marca meridionale della Germania, presidiando costantemente la regione. Finita la guerra, Ines conduce rischiose ricerche a Torino per conoscere la verità sul padre: scopre che il 23 dicembre del 1943 viene trucidato a Torino dai fascisti, in quanto partigiano. “Giotto” era il suo nome di battaglia.

Nel viaggio di ritorno da Torino incontra Gualtiero Giovannoni, di origini spezzine: diventerà il suo compagno di vita, con il quale condividerà la passione per le case. Negli anni che vanno dal 1946 al 1955 si riavvicina all’arte, vivendo tra Genova, dove frequenta l’Accademia Ligustica di Belle Arti, e La Spezia, dove vive con Gualtiero. In questo periodo stringe legami con pittori, scultori e arredatori. Grazie alla conoscenza di alcuni architetti, arreda e restaura importati abitazioni, come quella del musicista von Karajan, a Genova. Parallelamente, con l’aiuto di Gualtiero, inizia l’attività di mercante d’arte contemporanea e di oggetti di antiquariato minore, passione che le rimarrà per tutta la vita. Le attività di questi anni affinano in Ines una certa sensibilità artistica volta a «percepire i messaggi degli oggetti e delle loro materie e ad intuire le potenzialità espressive» (Archivio di Documentazione Arte Contemporanea, 1996, pp. 7-8). Si può dire che le esperienze vissute nel dopoguerra (tra Genova e La Spezia) pongano le basi per la “nascita” della Ines pittrice e della Ines gallerista.

Per motivi familiari nel 1954 torna nuovamente a Trento, questa volta con Gualtiero. Immediatamente percepisce un Trentino scollegato dal settore dell’arte contemporanea; fatto che la motiva ad attuare iniziative e proposte volte allo «svecchiamento del gusto del collezionismo locale» (Belli & Gusella, 2000, p. 43). A Trento, il pittore Andrea Dellabrida rappresenta il primo contatto che Ines instaura con il mondo dell’arte; seguono il critico Silvio Branzi e alcuni importanti pittori trentini come Fortunato Depero, Angelico Dellabrida e Bruno Colorio. Tra questi, il roveretano Depero riveste un ruolo importante nella vita di Ines: è uno dei suoi pochi maestri spirituali che la lascia «sgomenta e quasi spaventata per l’irruenza della sua personalità» (Belli & Gusella, 2000, p. 43). Ottenuta la licenza da commerciante per oggetti d’arte e d’antiquariato, lavora come mercante per il pittore Luigi Bonazza. Nel frattempo, grazie all’aiuto dell’artista trentina Cesarina Seppi, prende in affitto un appartamento e ottiene il permesso per aprire nella cantina sottostante le Cave, spazio unico per originalità e suggestioni, da vivere con amici e artisti.

Ines dà vita a una prima fase della sua pittura, caratterizzata dalla tecnica del dripping, che la porta a realizzare una serie di opere denominate Evocazione informale. Totalmente indifferenti alla pittura di figure, sono caratterizzate da composizioni atipiche e imprevedibili. In particolare, Ines ama

«Il colore che gocciola sulla tela in caotici rivoli, che si disperdono o si raggrumano sulla superficie […], specchio della […] più nascosta interiorità»
(Belli & Gusella, 2000, p. 43).

Con esse partecipa a diverse collettive in varie città italiane come Bolzano, Padova e Roma. Nel 1960 apre la prima e più autorevole galleria d’arte di Trento: la galleria L’Argentario. Inizialmente situata in via Vannetti, nel 1962 viene collocata in uno spazio più ampio in centro storico, grazie all’immancabile sostegno del suo Gualtiero, dell’amico d’infanzia Erminio Macario e di amici pittori e critici di fama internazionale, tra i quali: Garibaldo Marussi, Oscar Signorini, Giuseppe Marchiori, Luigi Carluccio e Silvio Branzi. L’Argentario diventa ben presto un punto di riferimento tanto per il Trentino quanto per i maggiori critici ed esponenti d’arte. Infatti, grazie alla conoscenza di noti galleristi e mercanti d’arte (come Carlo Cardazzo, conosciuto nel 1962), riesce a esporre a Trento opere provenienti da tutto il mondo. Collabora con le più importanti gallerie italiane ed estere, quali Il Traghetto e Il Cavallino a Venezia, la Goethe a Bolzano, la Lara Vincy a Parigi e l’Atelier Mompti a Monaco. Oltre a queste città, frequenta per lavoro anche Londra, Barcellona, New York, Toronto e Zagabria.

Nei primi anni Sessanta, ha inizio la seconda fase della sua pittura, che si distingue per l’uso della tecnica del frottage. Realizza le opere del Periodo improntale, caratterizzate da colorati segni vagamente orientaleggianti; motivo per cui la critica li denomina Mandala (cerchio magico). La stessa Ines riconosce la possibile influenza che l’amicizia e la vicinanza spirituale con i giapponesi Nobuia Abe (pittore) e Tomonori Tayofuku (scultore) hanno avuto sulle componenti esoteriche e orientali delle opere. I Mandala acquisiscono visibilità sia nell’arte sia nella moda sartoriale, per il fatto di essere dipinti non solo su tela, ma anche su stoffe come cotone e velluto, per creare abiti e oggetti d’arredamento. Segue il periodo delle Grandi Impronte e infine Le tavole della memoria.

Il 1963 è un anno pieno di successi: partecipa al Premio Silvestro Lega e al Premio Giorgione, e una sua tela viene selezionata per l’acquisto da una prestigiosa commissione a Roma, composta, tra gli altri, da Palma Bucarelli e Giulio Carlo Argan. Poco dopo, nel 1966, avvia uno studio d’arte a Milano, nella zona di Brera, che allarga ulteriormente le sue conoscenze. Qui frequenta la casa dell’architetto Luciano Baldessari e della moglie Zita Mosca e gli studi degli artisti Lucio Fontana e Roberto Crippa, vicini al suo modo di concepire la pittura. Nel contempo si immerge per vent’anni nell’ambiente veneziano. Sono proprio i contatti milanesi e veneziani che le permettono di affermarsi come artista a livello internazionale. Sempre nel 1966, l’esondazione del fiume Adige danneggia il patrimonio artistico presente in galleria; ma, aiutata dall’amico Renato Cardazzo, Ines riapre l’attività a pieno ritmo.

Caratteristica peculiare dei “progetti” fedrizziani si ritrova nell’accentuata interazione tra arte, “applicazione alla vita” e vita stessa. La critica rimanda la peculiare creatività di Ines al carattere onirico, al pensiero orientale e alla filosofia Zen, che caratterizzano costantemente le sue opere; altro filo conduttore si ritrova nelle «caotiche e imprevedibili costellazioni di segni fluttuanti» (Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, 2010, p. 11), dalle varie colorazioni cromatiche, volte alla ricerca della bellezza assoluta.

Il Trentino degli anni Settanta, ancora così povero di stimoli e relazioni con il mondo dell’arte, spinge Ines a promuovere e a sostenere alcuni pittori locali con i quali stringe profonde amicizie, come Aldo Schmid, Luigi Senesi, Diego Mazzonelli, Mauro Cappelletti, Anna Maria Gelmi e Bruno Colorio. Molti anche gli amici critici e giornalisti con i quali condivide gioie e dolori del mestiere: Bruno Passamani, Gillo Dorfles, Luigi Lambertini, Silvio Branzi, Luigi Serravalli, Gabriella Belli (amica e allieva), Grazia Chiesa e tanti altri. L’interesse per l’arte contemporanea la porta a collaborare con iniziative pubbliche, ad esempio il Premio Trento (manifestazione a cui partecipano artisti nazionali di buon livello). Inoltre, si schiera attivamente per la nascita del Mart (Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto), inaugurato nel 1982, a cui dona nel 2003 ventuno dipinti.

Tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta la sua pittura cambia di nuovo corso: abbandonando le nuances brune e cupe degli anni Settanta, Ines ritrova la passione per i colori vivaci e primari che esplodono sulla tela in grandi macchie e solchi. Nel 1995 ottiene il titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana.

Con la sua azione, nel corso di circa quarant’anni, Fedrizzi riesce a trasformare Trento – città culturalmente periferica – in un palcoscenico per i più importanti artisti contemporanei, e a stimolare l’attività di altri giovani talenti. Nella villa cinquecentesca scrupolosamente ristrutturata da Ines e Gualtiero, villa Travaglia, hanno esposto molti artisti di primo piano, fra cui Remo Bianco, Emilio Scanavino, Mario Deluigi, Virgilio Guidi, Riccardo Licata, Lyonel Feininger, Lorenzo Viani, Ottone Rosai, Nobuya Abe e Tomonori Toyofuku.

Negli anni Novanta, per motivi di salute, termina l’attività espositiva e l’attività di gallerista. Vive gli ultimi anni, sempre con il marito Gualtiero al fianco, nella sua casa in collina. Muore a Trento nel 2005, all’età di ottantasei anni.

*voce a cura di Elisa Cercaci - studentessa del corso di laura Magistrale in “Psicologia delle Risorse Umane e delle Organizzazioni” presso L’Università degli Studi di Trento. Partecipa al gruppo SCRIBUNT: gruppo di Scrittura di Biografie - Università di Trento (referenti: Maria Barbone, Susanna Pedrotti, Lucia Rodler).

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Ines Fedrizzi

Belli, G., & Gusella, E. (2000). Ines Fedrizzi. I labirinti della memoria. Skira.
Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (2010). Ines Fedrizzi: la donazione al Mart. Silvana Editoriale.
Fedrizzi, Ines. (1996). Ines Fedrizzi. Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
Zancan, E. (2006). Ines Fedrizzi tra pittura e promozione artistica. Tesi di laurea. Università degli Studi di Trento.




Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024