Se Hilda Gadea fosse vissuta in questi ultimi decenni forse sarebbe stata paragonabile alla Comandanta Ramona. Non solo per le stesse origini indigene e la figura minuta, ma per lo spessore politico e morale che ha caratterizzato le loro brevi vite, e per quell’orma che hanno lasciato nella storia del Novecento e di questo nuovo secolo. Quella di Ramona è ancora impressa e visibile, mentre quella di Hilda è stata forse volutamente cancellata. Eppure lei è stata fondamentale nella formazione politica di quell’uomo diventato poi eroe immortale per migliaia di uomini e donne, Ernesto Che Guevara. È un ruolo che la maggior parte delle biografie sul Che le riconoscono, ma che si esaurisce nell’essere ricordata come sua prima moglie e madre della sua primogenita Hildita.
Nata a Lima (Perù) il 21 marzo 1925, si laurea in Economia e partecipa ai movimenti studenteschi del suo paese, diventando la prima donna dirigente dell’APRA REBELDE, una corrente più a sinistra dell’Alianza Populàr Revolucionaria Americana. È una giovane donna, già molto impegnata politicamente, prima che la sua vita incroci quella di Ernesto Guevara, tanto da da essere costretta all’esilio in Guatemala dopo il colpo di Stato in Perù del generale Manuel Apolinaro Odria, nell’ottobre del ’48. È nell’esilio che lei, lontana dalla sua famiglia, continua il suo attivismo tra gli esuli di vari Paesi dell’America Latina, dando loro sostegno e appoggio e creando reti di aiuto per i prigionieri politici. Oggi si direbbe che mise in connessione tanti pensieri e idee, uniti da un sogno comune; la libertà dalle dittature, la democrazia e la giustizia sociale. Lei praticava, già allora, l’internazionalismo proletario. Il giovane medico argentino, già sensibile allo sfruttamento e oppressione dei popoli che nel suo viaggiare incontra, avrà il totale coinvolgimento proprio nell’incontro con Hilda Gadea, che lo inserisce tra gli attivisti politici esiliati. Nella sua autobiografia, Hilda riconosce e descrive da subito quanto Ernesto, come lei scrive, abbia i requisiti per dare molto alla società. È quello che a lei più interessa, e infatti nelle prime fasi della loro amicizia gli trasmette le sue conoscenze culturali e politiche fino ai momenti più assidui che diventano studio di Marx, Lenin e Mao, in un Guatemala dove il Governo democratico di Arbenz sta per subire un attacco militare finanziato dagli Stati Uniti. Ernesto la corteggia e lei, nel raccontarsi, non nasconde la sua sincera difficoltà di impegnarsi in una relazione sentimentale; l’attrazione che prova quasi le fa paura, teme un cambiamento tale da toglierle la sua ragione di vita, quella che l’ha portata via dal suo Perù, la più importante, la lotta per costruire nel suo Paese e nell’America Latina l’uguaglianza e la giustizia sociale. Hilda racconta: «Eravamo consapevoli di aver ricevuto un’eredità culturale dalla società e che quanto appreso da lei o avremmo appreso in futuro, dovevamo renderlo alla società stessa. Sapendo che non potevamo essere felici vedendo lo sfruttamento e la miseria, avevamo formulato il proposito di dedicarci il più possibile al rimedio di questi mali, investendo le nostre vite e le nostre energie, incuranti dei rischi che ciò avrebbe implicato. In realtà questo era il mio modo di pensare da molto tempo, avevo adottato una determinata linea di condotta politica e per questo ero esiliata. Ma per Ernesto era quella la fase in cui cominciava a chiarire il proprio atteggiamento politico». Circa la proposta di matrimonio Hilda è indecisa: «Personalmente ritenevo che la donna non andasse incontro al proprio avvenire e alla propria realizzazione sposandosi. Secondo il mio punto di vista, la donna era un essere che doveva contribuire al progresso sociale, ragion per cui si doveva preparare, acquistando anche l’indipendenza economica, e che quando avesse scelto un compagno, lo avrebbe fatto liberamente e non perché la mantenesse; se ci si sposava e poi si smetteva di intendersi, o il compagno si innamorava di un’altra, non restava che parlarne con sincerità e adottare l’atteggiamento più conveniente, compresa la separazione, senza che vi fossero inganni».
Dopo la caduta del governo Arbenz, Hilda chiede asilo politico in Messico dove reincontra Ernesto. Dopo qualche mese decidono di sposarsi, lei è incinta ma non è questa la sola ragione che la convince, lei lo ama, e lo dimostra in seguito aiutandolo alla preparazione e partecipazione alla liberazione di Cuba dopo l’incontro con i rivoluzionari del Movimento 26 di Luglio e quello determinante con Fidel e Raoul Castro. In quel periodo subisce il carcere, insieme alla bimba di pochi mesi, pesanti e angosciosi interrogatori da parte della polizia, senza mai tradire la fiducia e le intenzioni del suo uomo e dei suoi compagni di lotta. Con molta riservatezza racconta il suo privato, lei combattuta tra l’emozione di un sentimento e la lotta, conciliando il lavoro necessario al fabbisogno economico famigliare, l'attivismo politico, e l’essere moglie e madre in quegli anni così intensi e dolorosi per i paesi oppressi dalle dittature. Già le è chiaro che con la partenza di Ernesto sul Granma dovrà cambiare ancora una volta la sua vita. Vive l’angoscia dopo un annuncio sulla stampa della morte di tutti i componenti della spedizione a Cuba, fino alla smentita per mano stessa del Che, e torna in Perù dopo tanti anni con Hildita; andrà in Argentina per conoscere la famiglia di Ernesto nel 1957. Di nuovo in Perù, con l’incertezza e la disperazione per la mancanza di notizie, s’impegna attivamente nel Partito Aprista in favore del Movimento 26 luglio e della rivoluzione cubana, continua a dare aiuto concreto agli esuli. Era convinta che lei ed Ernesto si sarebbero riuniti dopo la vittoria a Cuba, che avrebbero continuato insieme la lotta di liberazione in altri Paesi dell’America Latina, ma questo poi non avverrà. Ernesto Che Guevara lo rincontrerà nella Cuba libera nel gennaio del 1959 con la piccola Hildita, ma un’altra donna è al suo fianco, eppure intuisce, ancora una volta per prima, che niente potrà fermare il comandante Guevara, neppure la sua nuova compagna. Divorzierà, dolorosamente ma coerentemente con quanto si erano detti all’inizio dei loro incontri, mantenendo con lui un rapporto di amicizia, impegnandosi attivamente nel governo di Cuba fino alla morte. Incontrerà altre volte Ernesto che ha un grande affetto per Hildita e anche per lei, ma la sua figura, così importante, diventa un’ombra che riappare per un attimo alla notizia della morte del Che in Bolivia nell’ottobre del 1967, con una nota che scrive su di lui nella rivista «Casa de las Amèricas». Il suo dolore è immenso, e traspare nelle parole che ci lascia proprio in questo scritto. Chi ha conosciuto Hilda negli anni in cui venne in Italia (1969/71), soprattutto l’editore della sua autobiografia, la ricorda con affetto e gratitudine per quanto di etico e politico gli ha lasciato, con la sensazione che volutamente si sia voluta cancellarne la memoria. La sua morte precoce, nel 1974, e quella della figlia Hildita nel 1995, non ci lasciano altre testimonianze diretta delle loro vite.
Jean Cormier, Le Battaglie non si perdono si vincono sempre, Rizzoli
Alberto Mattei, Ernesto Che Guevara, Newton&Compton Editori
Antonio Moscato, Che Guevara, Teti Editore
Paco Ignazio Taibo II, Senza perdere la tenerezza, Il Saggiatore
Jorge G. Castaneda, Companero, Oscar Storia Mondadori
Adys Cupull, Froilan Gonzalez, Ernesto Che Guevara, Newton&Compton Editori
Aldo Garzia, Che Guevara in tasca, Ponte delle Grazie
Ernesto Che Guevara, Scritti scelti, a cura di Roberto Massari – Erre Emme edizioni
Roberto Massari, Editore Erre Emme che ha conosciuto Hilda Gadea
Referenze iconografiche: Hilda Gadea ed Ernesto "Che" Guevara in luna di miele in Yucatán, 1955. Fonte: Museo Che Guevara. Immagine in pubblico dominio.
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023