Valdostana di Courmayeur, Giuseppina Marguerettaz è una appassionata di piante e una raffinata giardiniera. Disegna orti e giardini di montagna con la medesima atmosfera del suo, realizzato in alta quota, a 2000 m di altezza in Valpelline (Aosta).
Questo è tutto quanto c’è da dire su di lei perché parlare di Giuseppina Marguerettaz significa parlare di piante e di giardini. Lo dice lei stessa:
Mi sono occupata di piante, è stata la mia grande passione, e ho creduto di fare buona cosa nel trasmettere e condividere con gli altri tutte le informazioni meravigliose che la natura mi ha regalato nell'arco dei miei 76 anni! Penso di esserci riuscita e tutto ciò per me è molto appagante! Credo che l'utilizzo delle piante e il rapporto intrinseco che l'uomo ha avuto con esse fin dagli albori sia qualcosa di assolutamente prezioso e che ogni sforzo compiuto perché questo patrimonio di saperi non si dissolva nel nulla sia meritevole per chiunque
Si può aggiungere che è un’etnografa valdostana. O, più precisamente, è l’etnobotanica valdostana.
L'etnobotanica è una scienza interdisciplinare e transdisciplinare, al confine tra antropologia culturale e botanica che si occupa dell'uso e della percezione delle specie vegetali all'interno di una o più società umane. Di conseguenza, si lega alla situazione geopolitica e culturale delle società, denotandone vicende storiche, usanze, costumi e forme linguistiche spesso importanti per ricostruire la loro origine e la loro provenienza. Oggetto specifico dell'etnobotanica sono tecniche, costumi, credenze, forme della vita sociale, politica, religiosa, economica, studiati sulla base di ricerche etnografiche.
Dunque una competenza trasversale che intreccia culture specialistiche diverse tra loro e di conseguenza produce un sapere complesso e particolare. Da botanica conosce dal punto di vista scientifico le piante, le loro caratteristiche, le loro esigenze, gli usi che se ne possono fare: farmaci e veleni, nutrimento fisico, estetico, spirituale.
Ha percorso le vallate e i più lontani villaggi della Val d’Aosta alla ricerca degli antichi orti con la loro preziosa biodiversità sopravvissuta all’imperante impoverimento del numero di specie utilizzate che da decenni si sta producendo a livello mondiale e nazionale. Ha rinvenuto testimonianze di un sapere contadino di montagna che costituiscono autentici tesori vegetali dagli insospettabili utilizzi.
Da questo patrimonio sono nati i due giardini che ha ideato e creato. Uno pubblico e uno privato, generosamente messo a disposizione di chi sappia e voglia guardare.
Il primo è il Jardin des Anciens Remèdes di Jovençan, il primo orto etnobotanico italiano nato quale estensione naturale all’aperto della Maison des Anciens Remèdes, l’edificio rurale adattato dal 2011 quale struttura di riferimento e di studio sugli antichi usi e sui saperi relativi alle piante officinali di montagna.
Sono più di mille le differenti specie di piante che qui sono ospitate e curate, e che in alcuni casi sono state anche salvate. È un orto-giardino delle piante della memoria, in alcuni casi superstiti e relitti dimenticati di colture risalenti fino all’Alto Medioevo, che ha voluto ispirarsi alle indicazioni del Capitulare de Villis fatto promulgare da Carlo Magno per i suoi diffusi giardini imperiali e per i contadini che ne avevano cura. Un'antichissima eredità, dunque, che riguarda direttamente la storia locale della Val d’Aosta diffusasi grazie ai numerosi conventi sparsi in ogni regione del vasto impero carolingio e all’opera di sapienti monaci e monache. Infine, furono le popolazioni locali a mantenerla viva sul territorio, sia con orti familiari che con coltivazioni collettive.
La quasi totalità delle specie del Jardin sono quelle già presenti nel territorio valdostano in epoca medievale, quando appunto qui non esistevano ancora tutte quelle piante che arrivarono poi dalle Americhe in questi ultimi secoli e che cambiarono di molto l’alimentazione dei nostri antenati, come i pomodori, le zucche, i fagioli e soprattutto il mais e le patate. Sono qui presenti non solo erbe coltivate a fini medicinali e alimentari, ma pure fiori sia della stagione primaverile ed estiva che di quella autunnale il cui utilizzo era principalmente rituale, come quelli di colore bianco legati al mese di maggio e alla Madonna.
Marguerettaz non si è limitata a raccogliere e piantare, ma ha anche progettato la struttura dell’orto- giardino che occupa un'area di circa 2.000 mq e ha forma geometrica per riprendere e ricordare quella a croce degli antichi orti dei conventi medievali.
Il secondo giardino, quello privato, dimostra ancora di più la profonda conoscenza e quasi identificazione con lo spirito della Valle. In esso le piante non vengono inserite ordinatamente nel paesaggio, ognuna al suo posto, ben cartellinate, come avviene - e come è giusto che avvenga – nell’orto di Joivencan, in cui svolgono una funzione didattica.
Il giardino privato a Gran Chamen in alta Valpelline è tutto diverso. Crea il paesaggio, lo interpreta ed esalta fondendosi con esso. Senza forzature e stonature. A più di 2000 m, in un paesaggio di intatta bellezza. Intatta davvero perché intorno ci sono solo gli alpeggi e la strada per arrivare è poco più di un sentiero e, anche se non fosse chiusa al traffico, scoraggerebbe a percorrerla da quanto è impervia e dissestata. Ed è pure lunga due chilometri, e in salita. Comunque la proprietaria, grazie all'allenamento e alla Panda, ci arriva facilmente e spesso accompagna chi le chiede di mostrare il suo gioiello nascosto. La disponibilità e l'accoglienza sembrano essere la cifra caratteristica di Giuseppina Marguerettaz.
Accoglie le persone. Ma quel che è più rilevante, accoglie le piante. La base del suo giardino è formata da quelle che si sono spontaneamente insediate nel terreno ricco di azoto per le deiezioni degli animali che a lungo hanno pascolato là. Non le contrasta, anzi le asseconda, ma con mano ferma, e al contempo lieve e rispettosa, le guida, le inserisce e le accosta armonicamente. Nella creazione delle grandi masse colorate e nell'accostamento delle sfumature emerge chiara la base colta di quell'apparente casualità ed è fin banale ripensare alla lezione pittorica di Geltrude Jekyll, interiorizzata e consapevolmente ricontestualizzata. Certo, quanto già l'alpeggio e la natura dei monti offrono non basta e quindi la giardiniera ha aggiunto e integrato, ma la lievità degli interventi non fa emergere forzature e discrasie: all'epilobio, al romice, all'imperatoria si vanno a sommare piante provenienti prevalentemente dalla flora caucasica, più appariscenti, ma forti e adatte al clima severo del luogo. Si inseriscono così bene che sembrano essere lì da sempre. Ed escono dal giardino, si diffondono nei prati circostanti, li abitano e li modificano in una contaminazione felice. Sembra quasi una metafora concretizzata.
L'insieme è così ben studiato e armonioso da autoregolarsi. Dopo una – impegnativa – pulizia a inizio stagione il giardino non richiede altri interventi, e rimane solo il piacere di goderne i colori e i profumi. Un piacere breve, certo, perché la stagione dei fiori a più di 2000 m è breve, ma forse proprio per questo più intenso, come più intensi sono i colori, più forti le emozioni. Ecco, quello di Gran Chamen non è solo un'asettica raccolta di vegetali ben accostati, ma è un luogo di ricerca, sperimentazione, condivisione.
Resta da aggiungere che Marguerettaz è stata anche, dal 2001 al 2006, presidente della Société de la Flore Valdôtaine, un’associazione scientifica e culturale senza scopo di lucro fondata nel 1858 per promuovere le ricerche nell’ambito delle Scienze naturali in Valle d’Aosta, la divulgazione della conoscenza naturalistica e la diffusione dei principi della conservazione dell’ambiente e delle risorse naturali
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2024