Gea della Garisenda è il nome d'arte con cui è diventata famosa, nella prima metà del secolo scorso, la cantante Alessandrina Drudi, nata a Cotignola (Ravenna) il 24 settembre 1878. Il padre, Emilio Drudi, gestore di un piccolo albergo in paese, ha sposato la vedova Maria Baldassari, già madre di ben diciannove figli, e ne avrà da lei altri sette, tra cui Alessandrina. A causa delle precarie condizioni economiche della famiglia Alessandrina viene affidata alle suore del Collegio “Don Morelli” di Lugo che si prendono cura della sua educazione, anche musicale, avendo subito notato in lei una spiccata predisposizione al canto associata a un'istintiva capacità scenica di cui dà prova nelle rappresentazioni di carattere religioso organizzate occasionalmente nel collegio. Essendo queste aperte al pubblico, la voce del suo talento si diffonde al punto che il sindaco di Cotignola, Giuseppe Strocchi, si fa promotore di una pubblica sottoscrizione per permetterle di frequentare il Liceo Musicale di Bologna, dove, dopo tre anni di studi, nel 1899, si diplomerà brillantemente in declamazione e canto.
Il 2 settembre dello stesso anno ha inizio la carriera di Alessandrina come soprano sul palcoscenico del teatro Rossini di Lugo nei panni di Mimì, ne La Bohème, davanti a un pubblico amico ma assai competente ed esigente, che a fine spettacolo esploderà in interminabili applausi. Il favore del pubblico e della critica le procura nuove scritture, prima nei teatri dell'Emilia Romagna, Bologna, Rimini, Ravenna e altri, poi fuori regione in piazze importanti come Padova, Venezia, Roma, Lecce, dove interpreta prevalentemente ruoli dell'operistica post verdiana (Bizet, Leoncavallo, Mascagni, Puccini). Dovunque canti il teatro è strapieno e il successo è garantito. Il pubblico non applaude solo la sua voce squillante, ma è affascinato anche dallo sguardo profondo e ammaliatore, dall'abilità scenica e dalla sua provocante bellezza mediterranea.
Il 15 febbraio 1902 Alessandrina sposa Pier Giovanni Dragoni, un bolognese di nobile famiglia, ricco e di bell'aspetto, da cui ha una figlia, Piera, che nasce il 7 novembre dello stesso anno. Purtroppo il marito, pessimo uomo d'affari, viene a trovarsi in breve tempo in una incerta situazione economica, cui non riescono a far fronte i proventi della carriera di Alessandrina, non essendo la lirica particolarmente redditizia a causa della concorrenza dei numerosi artisti operanti nel settore. Contestualmente il pubblico comincia a manifestare una certa stanchezza per le trame tristi e malinconiche delle opere di ispirazione verista e si va orientando verso le operette, spettacoli brillanti e ricchi di eleganza e verve, il cui livello musicale, snobbato dai puristi della lirica, si sta in realtà elevando grazie ad alcuni innovatori come F. Lehàr, E. Audran, O. Straus e, in Italia, M. Costa, G. Pietri, e perfino Leoncavallo. Nel contempo, per assecondare le richieste crescenti degli appassionati del genere, gli impresari del settore sono alla ricerca di voci e volti nuovi.
Stando così le cose, Alessandrina prende la sofferta decisione di cimentarsi come cantante di operetta, e dopo aver superato brillantemente un'audizione di prova, entra a far parte della compagnia “Città di Milano” assumendo come nome d'arte Gea della Garisenda. È voce ampiamente diffusa, ma non provata, che il nome le sia stato dato da Gabriele D'Annunzio, ma in realtà è più credibile un'altra versione, secondo la quale sarebbe stato l'avvocato Franco Fano, lo stesso che l'ha messa in contatto con l'impresario Zerboni titolare della Città di Milano, a inventare lo pseudonimo. Lei lo ha preteso per non compromettere il proprio nome in caso di insuccesso e salvaguardarlo in vista di un eventuale ritorno all'opera, e ha chiesto inoltre che nome e cognome comincino con la stessa lettera, forse per ragioni scaramantiche. L'avvocato le propone Gea, dal nome greco della terra, e Garisenda in omaggio alla città di Bologna, dove all'epoca lei vive.
L'esordio avviene il 28 giugno 1907 al Teatro Dal Verme Milano ne “La Mascotte” di E. Audran davanti a un pubblico in delirio. Da quel momento la carriera di Gea diventa una cavalcata inarrestabile in tutti i più importanti teatri italiani che se la contendono con lauti contratti sapendo che la sua presenza comporta sempre platee, palchi e loggioni strapieni. Dalla compagnia Città di Milano passa alla “Città di Napoli” poi, dando prova di uno certo talento imprenditoriale, allestisce una propria compagnia, la “Compagnia Gea della Garisenda”, che viene considerata dalla stampa dell'epoca una delle migliori in Italia, e che qualche anno dopo si fonderà con quella dell'imprenditore napoletano Maresca dando vita alla “Compagnia-Maresca-Garisenda-Caracciolo.”
L'anno 1911 è di particolare importanza nella vita artistica e privata di Gea. È l'anno in cui “l'Italietta” giolittiana si appresta a invadere la Libia per rivendicare un proprio ruolo tra le potenze coloniali. Tutto il paese è pervaso da un'ondata di retorica patriottica e militarista che Gea intuisce, con notevole acume, di poter cavalcare con successo. L'8 settembre, al teatro Balbo di Torino, è prevista la prima del vaudeville satirico Monopoleone. Gea chiede che le venga scritta in fretta e furia una canzonetta militare, l'Inno a Tripoli - universalmente noto come Tripoli bel suol d'amore - e la canta avvolta nella bandiera italiana durante lo spettacolo, mandando il pubblico letteralmente in visibilio. Alcuni articoli di giornale, con una rudimentale ma efficace tecnica di manipolazione mediatica, lasciano maliziosamente intendere, anche se non è vero, che Gea abbia cantato indossando il solo tricolore, e ne alimentano il mito. Alla vigilia della partenza dei soldati per la Libia la marcetta patriottica diffusa ovunque dalle “copielle”, i foglietti a stampa contenenti musica e testo, risuona trionfalmente in tutte le piazze d'Italia.
Un mese dopo il lancio di Tripoli Gea conosce ad Alessandria il senatore Teresio Borsalino, titolare dell'omonima famosa azienda produttrice di cappelli, che va a congratularsi con lei in camerino dopo lo spettacolo. Nasce immediatamente tra loro un'attrazione reciproca e una frequentazione che all'inizio è giustificata da un rapporto d'affari, avendogli Gea chiesto prestiti in denaro per far fronte a problemi economici dovuti come sempre all'incapacità amministrativa del marito; in seguito diventerà una vera e propria relazione amorosa e una convivenza, con tutti i limiti dovuti ai rispettivi numerosi impegni, ma solo dopo la separazione ufficiale di lei dal consorte. Prima di questa, puntualizza Gea, non c'è mai stata intimità con Teresio.
Nel 1913 Leoncavallo le propone il ruolo di protagonista in una nuova opera che intende mettere in scena nel corso di una grande tournée in Italia. La proposta è estremamente allettante, dato che Gea non ha mai abbandonato il sogno di tornare alla lirica, tant'è vero che occasionalmente, o in spettacoli di beneficenza o anche durante la rappresentazione di un'operetta, ama cantare brani operistici, sempre con grande successo. Purtroppo Borsalino è contrario e lei, rinunciando non senza rimpianti al sogno di esibirsi nei templi della lirica, come la Scala o la Fenice, si piegherà al volere dell'uomo che ama.
La musicologa Roberta Paganelli, autrice di una accurata biografia della cantante, forse l'unica, contenente tra l'altro immagini e documenti inediti forniti dagli eredi, ha ricostruito dettagliatamente tutte le tappe della sua carriera artistica attraverso una minuziosa ricerca di pubblicazioni ed articoli sia della stampa generalista sia del settore musicale. Risulta che al momento del ritiro dalle scene Gea può vantare un repertorio operettistico di 58 titoli di 42 autori, portati al successo in tutte le più importanti città italiane e in numerosi altri centri minori. Tra i suoi numerosi ammiratori si annoverano illustri personaggi dell'epoca, non solo del mondo musicale come Puccini, Mascagni e Leoncavallo, ma anche i giornalisti Carlo Scarfoglio e sua madre Matilde Serao, i poeti Salvatore Di Giacomo, Trilussa, che le dedicherà una poesia, Guido Gozzano e Francesco Pastonchi. Tra i suoi fan anche l'austero Carducci con gli amici Olindo Guerrini ed Enrico Panzacchi. Quanto al socialista e pacifista Pascoli, che va a vedere Gea a teatro “senza dirlo a nessuno” (O. Vergani), sarà forse un caso, ma due mesi dopo il lancio di Tripoli diventerà militarista e interventista pronunciando il celebre discorso “La grande proletaria si è mossa”.
È difficile giustificare soltanto con la voce e bellezza l'incredibile popolarità di cui ha goduto Gea, al punto di essere universalmente acclamata “regina dell'operetta”. In realtà lei possiede quella dote in più che è propria solamente dei cosiddetti “animali da palcoscenico”, cioè la capacità istintiva di entrare subito in sintonia con gli spettatori, di prevederne le aspettative, di donarsi a loro interamente alimentando il proprio talento con il calore che la platea trasmette. Inoltre è ben consapevole dell'importanza dell'immagine e la mette in risalto anche con sfarzosi costumi di scena fatti confezionare appositamente a Parigi. Solo così si possono spiegare i teatri strapieni, le ovazioni del pubblico, anche a scena aperta, l'entusiasmo più da stadio che da teatro che accompagna ogni sua esibizione, le ripetute chiamate alla ribalta, le insistite richieste di bis, lo stuolo degli ammiratori e dei corteggiatori che la ricoprono di fiori a fine spettacolo, le donano costosi regali, perfino gioielli, addirittura il suicidio in teatro di uno spasimante respinto. Capita perfino che operette chiaramente poco gradite al pubblico e certamente destinate all'insuccesso vengano applaudite solo per rendere omaggio alla sua interpretazione.
Dopo l'inizio della relazione con Borsalino, Gea comincia gradualmente a ridurre le sue apparizioni in palcoscenico per compiacere il compagno piuttosto geloso che la reclama solo per sé, fino a quando, nel 1922, ancora nel pieno del successo, decide di abbandonare definitivamente le scene per dedicarsi agli affetti privati: la figlia Piera, Teresio, l'adorato nipotino Alessandro, che nascerà nel 1924, e altre persone care, familiari ed amici. Nel 1925 acquista “Villa Amalia” in località Villa Verucchio, nel riminese, una splendida dimora settecentesca tuttora esistente e di proprietà degli eredi. La villa è circondata da una vasta tenuta della cui conduzione si occupa lei personalmente, avvalendosi dell'esperienza imprenditoriale acquisita nel corso della carriera. In seguito sarà coadiuvata nella gestione dal genero Virgilio Savazzi. Pur essendo ricca e famosa conduce una vita senza sfarzo nella quiete della campagna, da cui si allontana raramente, o per trascorrere le vacanze estive nella vicina Rimini, dove possiede uno chalet in stile svizzero, o per qualche puntata a Milano, in un appartamento di sua proprietà, e alla Scala, essendo abbonata a un palco; e ovviamente anche ad Alessandria, dove Teresio è costretto a trattenersi periodicamente per dirigere l'azienda. Nel 1933, deceduto il marito, corona finalmente il sogno di diventare la signora Borsalino, e assieme a lui vivrà anni felici fino alla sua morte nel 1939. Nello stesso anno conosce Rachele Mussolini, venuta ad inaugurare l'asilo “Sandra Borsalino”, fatto costruire da Teresio a Villa Verucchio, diventano amiche e assieme si dedicano all'assistenza di militari feriti e reduci di guerra e ad altre attività caritatevoli. Inoltre, sempre sollecita nei confronti delle persone care, a Villa Amalia offre spesso ospitalità all'amico Marcello Dudovich, il famoso artista liberty, che si trova in difficoltà finanziarie, e lo sostiene economicamente affidandogli l'incarico di affrescare alcune sale.
Trascorre un'operosa vecchiaia dedita alle attività agricole e a iniziative benefiche, incontra talvolta i giornalisti coi quali orgogliosa e commossa rievoca vicende, aneddoti e personaggi del passato e non disdegna qualche apparizione in palcoscenico e anche in alcuni spettacoli dei primordi della televisione. Si spegne serenamente il 7 ottobre 1961 a Villa Amalia, donde la salma sarà trasferita ad Alessandria nella tomba della famiglia Borsalino ove riposerà per sempre accanto all'amato Teresio.
Paganelli Roberta, Gea della Garisenda Regina dell'Operetta, Edit Faenza, Faenza, 1999. (È sicuramente la biografia più completa dell'artista e fonte principale per ripercorrerne la carriera. Contiene una ricca documentazione iconografica e bibliografica. La prefazione di Gianni Gori è un'interessante articolo sull'immagine di Gea).
Berdondini Giuseppe, Appunti per una Storia di Cotignola, Tipografia Faentina, Faenza 1971.
Modoni Georgiu Mirca, Le donne di Ravenna, ritratti femminili dal XV al XX secolo, Edizioni Essegi, Ravenna, 1994.
Pensotti Anita, Rachele: settant'anni con Mussolini nel bene e nel male, Bompiani, Milano, 1983
Raffaelli Michele, Musica e musicisti in Romagna, Edizioni Filograf, Forlì, 1997.
Vergani Orio, Abat-jour, Longanesi, Milano, 1973
https://www.youtube.com/watch?v=-98CPQP87Fc (link a “Tripoli bel suol d'amore” su You Tube)
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2025