L’8 Agosto è il compleanno di una grande donna, il suo nome - ancora oggi anche se dal 2015 non si è più risvegliata - è Erminia Colombo. Donna determinata, buona, concreta, da bambina visse nello sconquasso della Seconda guerra mondiale con i suoi pochi averi, una bambola di pezza e tanti sogni e fece della sua vita onesta un successo che condivise con le tante persone che entrarono in contatto con lei.
Antonietta Vitti, la mamma - ovvero mia nonna - (figlia di Maria Barbalinardo, donna del Sud senza istruzione, nata da una violenza e determinata all’indipendenza, e che da sola giunse a Milano con la sua veste nera e i suoi averi nel tascapane) venne abbandonata dal marito nel pieno del conflitto con due bambini piccoli (Erminia e Ugo). Il piccolo nucleo familiare sopravvisse tra mille privazioni, ma mantenendo sempre tanta dignità e speranza nel futuro, finché Erminia cominciò a lavorare per sostenere la mamma e i due fratellini (nacque anche Paolo). Mia mamma mi raccontava che aveva una gonna e una camicetta soltanto, che ogni sera riponeva con cura e la mattina stirava prima di recarsi al lavoro, cercando di non far trasparire i segni della povertà.
In breve tempo, ovunque lavorasse, guadagnava la stima degli altri con le sue capacità dialettiche e intuitive, con modestia e volontà. Quando nacqui io realizzò per me due quadretti a tempera disegnandoli con la tecnica del reticolato e ottenendo due lavori precisi e accurati, riproducenti un Topolino e un Paperino da piccolissime immagini. Erminia, cercando sempre di migliorare le proprie condizioni, sebbene titubante per le circostanze dell’appuntamento, rispose a un annuncio sul «Corriere della Sera», recandosi per un colloquio di lavoro alle otto di sera in una zona allora periferica di Milano, la Barona. Era il 1969.
Conobbe il signor Ercole Sormani, meraviglioso uomo allampanato somigliante ad Einstein nella capigliatura, di poche parole, esile e con la couperose sulle guance. Il sig. Ercole gestiva l’impresa di famiglia, un laboratorio scenografico di cui era l’erede e il prosecutore, essendo scenografo figlio d’arte e appassionato visionario innamorato della propria professione.
Erminia non immaginava certo che quella sarebbe stata la svolta della sua vita. Da un iniziale impiego segretariale, con serietà e intelligenza, divenne alla fine responsabile di quel Laboratorio Scenografico - il primo nato al mondo, ovvero nel 1838 a Milano -, punto di riferimento, caposaldo nel mondo del Teatro e che lavorò con tutti i più importanti teatri del mondo (introducendo, tra le tante cose fatte, anche il Teatro Lirico in Cina nel 1986 con Luciano Pavarotti e la Bohème, realizzata nelle sale del nostro Laboratorio – sì, “nostro” perché anche io ci entrai a quattro anni di età rimanendoci fino ai 27, e pure mio padre Gianni, che divenne il falegname e tuttofare dello studio), senza tralasciare il cinema (da lì passarono Raf Vallone, Franca Valeri, Dario Fo e Franca Rame, Nicola Benois, Ferruccio Villagrossi, solo per fare alcuni nomi …).
Stimata e apprezzata da scenografi, attori, musicisti, cantanti e da chiunque orbitasse nel settore, trovando nella sua personalità seria e generosa un punto di riferimento. Le storie del mondo sono fatte da persone che hanno lungimiranza e un grande cuore.
La nostra divenne una piccola impresa familiare nelle enormi sale del Laboratorio, anche grazie come dicevo, all’incontro con Gianni, che divenne marito di Erminia e mio padre.
Ma quella è un’altra storia.
Voce pubblicata nel: 2023
Ultimo aggiornamento: 2023