Ai primi del ‘900 la letterata Margherita Grassini fu la prima donna in Europa ad occuparsi di critica d’arte, dimostrando versatilità e competenza. Tuttavia oggi viene comunemente ricordata soprattutto perché, pur provenendo da una famiglia ebrea, negli anni ‘10 diventò amante di Mussolini pianificandone la politica culturale fino alla svolta delle leggi razziali, quando per lei divenne opportuno espatriare.

In realtà, per quanto contraddittoria, la vicenda umana e professionale della Sarfatti (cognome del marito che lei stessa usa di preferenza) non merita le facili riduzioni. Come altri personaggi del suo tempo, la Grassini sembra attratta in modo ricorrente dai percorsi contrastati e fiammeggianti di passioni: sotto alcuni aspetti dimostra il suo impegno contro la discriminazione sessista, scrivendo e finanziando dei periodici femministi; sotto altri aspetti evidenzia una tendenza a misurarsi soprattutto con il modello di successo maschile, rappresentato prima dal padre, poi dal marito, da Mussolini e persino da alcuni artisti con cui in tempi diversi instaura una relazione sentimentale. Margherita si muove spesso su un crinale di improbabili equilibri: nel periodo di impegno socialista scrive sull’Avanti! e si batte per l’uguaglianza; tuttavia non riesce a rinunciare al lusso e ai privilegi di casta, tanto che di frequente viene criticata dalla sua stessa cerchia. Scrive sul periodico Unione femminile, collabora fino al 1915 alla pubblicazione La difesa delle lavoratrici, frequenta la Kuliscioff; ma il suo emancipazionismo naufraga di fronte al mito dell’uomo-guida, dell’amour fou a cui immolarsi.

Margherita si forma sugli scritti di John Ruskin, legge Marx, Turati e Anna Kuliscioff. Nel 1898 sposa giovanissima, a dispetto della famiglia, un avvocato socialista da cui avrà tre figli; con lui, che ha tredici anni più di lei, imposta il matrimonio in modo libertario. Si impantana per quasi vent’anni nella relazione con Mussolini, anche lui sposato ma geloso al pari di lei. Animata da uno spiritualismo tormentato (segnato tra l’altro dal suicidio di una sorella) Margherita esita tra la fede ebraica e il cattolicesimo, a cui si converte nel 1928. La Grassini trasforma anche la propria visione politica, inizialmente affine al socialismo, in un convinto nazionalismo e progressivamente si coinvolge nell’avventura fascista. Appoggia il regime, ma discute con Mussolini a proposito dei gerarchi in ascesa, che lei considera volgari e pericolosi. Il rapporto con lui attraversa alti e bassi, finché si deteriora ed entra in piena crisi; la Sarfatti fugge quando vengono approvate le leggi razziali e ritorna solo alla fine del conflitto mondiale, per trascorrere gli ultimi anni lontana dalla ribalta a cui era abituata.

Gli scritti e le testimonianze concordano sulla poliedrica intelligenza di Margherita e sulla vastità della sua cultura: la Grassini cresce in una famiglia veneziana assai agiata e dispone di maestri eminenti; sensibile intenditrice d’arte, condivide con il marito Cesare il desiderio di una vita sociale più vivace; perciò nel 1902 si trasferisce con lui a Milano, dove dà vita ad un salotto frequentato dai più promettenti artisti del momento e guida iniziative culturali importanti. Conosce quattro lingue e incontra personalità di fama: dal futuro pontefice Pio X, alla regina Elena di Savoia, a Guglielmo Marconi, a Joséphine Baker; si circonda di numerosi artisti: letterati (Ada Negri, Fogazzaro, Marinetti, Shaw, Cocteau, D’Annunzio, Prezzolini, Palazzeschi, Panzini), scultori (Adolfo Wildt, Arturo Martini), architetti (Sant'Elia e Terragni), pittori (Sironi, Marussig, Carrà, Russolo, Boccioni).

L’incontro anche sentimentale con il giovane Mussolini avviene nel 1912 su posizioni socialiste, da cui entrambi si allontanano in quanto interventisti per fondare Il Popolo d'Italia; ma la realtà della Prima Guerra Mondiale è durissima: nel 1918 muoiono al fronte anche ragazzi come il diciassettenne Roberto, figlio di Margherita; in questa fase gli ideali di sacrificio e dedizione patriottica – che avevano animato il figlio – non vengono messi in discussione dalla Grassini, ma anzi diventano un riferimento consolatorio per lei, che in seguito pubblicherà un volume in versi dal titolo I vivi e l'ombra, dedicato al figlio.

Morto il marito nel 1924, Margherita accompagna in modo sempre più scoperto l’affermazione di Mussolini e del partito; esperta organizzatrice di eventi, collabora al piano della marcia su Roma, agli scritti teorici del fascismo e in pieno regime assume anche incarichi istituzionali. Probabilmente la Grassini, forte della stima di cui gode già da tempo a livello internazionale per i suoi scritti, è convinta di poter guidare le scelte politico-culturali del regime e sottovaluta la progressione del clima antisemita. Infatti, sulla questione ebraica Mussolini cambia nel tempo la sua posizione, passando da una iniziale tolleranza all’assunzione piena del modello nazista. Anche rispetto alla donna che lo sostiene egli muta atteggiamento: pur apprezzandone la bellezza la definisce avara e sordida, secondo uno stereotipo collaudato dalla propaganda fascista nel descrivere gli ebrei. Eppure il duce ha ricevuto da Margherita grande sostegno economico oltre che morale. Anche il miglior biglietto di presentazione ai governi stranieri gli giunge dalla Sarfatti: nel 1926 la scrittrice pubblica Dux, la biografia mussoliniana che adula il capo e lo descrive vitale, spregiudicato, sensuale e aggressivo, energico portatore di ciò che viene indicato come spirito italico; con la sua consueta padronanza della scena, Margherita presenta il libro negli USA assicurandogli un enorme successo.

Finché Mussolini è impegnato nella prima organizzazione dello Stato fascista, la Grassini ha notevole spazio: probabilmente sono sue alcune parole chiave della propaganda fascista, come fascio e duce; è sua la mistica della romanità resuscitata dal fascismo; è lei a rendere credibile all’estero l’immagine del duce. Il desiderio mussoliniano di grandezza si arma della competenza di Margherita, che intende correggere il cattivo gusto dell’estetica fascista e assumere il ruolo di musa e mediatrice.

Del resto Margherita è un’autorità nel campo dell’arte, e da sempre ama valorizzare i talenti orchestrandone la riuscita: incoraggia e protegge i giovani artisti (con Umberto Boccioni ed Emilio Notte ha avuto anche brevi relazioni), persegue il disegno di una nuova società in cui l’arte sia sovrana. La sua visione mescola esaltazione spirituale e residui risorgimentali, spirito pedagogico e individualismo; in questo quadro gli artisti sono determinanti per la costruzione del futuro.

Tra le due guerre l’arte europea, accantonando l’impeto destabilizzante delle Avanguardie, è pronta a rivalutare il realismo classico; in Italia Margherita Grassini Sarfatti auspica appunto un ritorno al classicismo. Con entusiasmo dà corpo al suo progetto, che intende coniugare la modernità con la monumentalità del Rinascimento. Infatti, nel 1922 fonda il gruppo noto come Novecento, al quale inizialmente aderiscono sette pittori (A. Funi, P. Marussig, L. Dudreville, E. Malerba, M. Sironi, U. Oppi e A. Bucci); alcuni di loro se ne allontanano presto per timore di essere strumentalizzati, ma il gruppo si ricostituisce nel 1926 con il nome di Novecento Italiano e raccoglie, data la protezione assicurata dal regime, un numero assai alto di adesioni. Nonostante le pressioni di chi vuole ridurre la cultura a semplice strumento di regime, per qualche tempo la Sarfatti riesce a mantenere questa iniziativa lontana dai toni più volgarmente propagandistici, tenendo fede alle motivazioni artistico culturali che la animano.

Negli anni successivi la Grassini si interessa all’architettura razionalista, privilegiando progettisti volti al contemporaneo come Terragni, Figini, Michelucci e Pollini. Proprio al giovanissimo Terragni, di cui capisce e protegge il talento, Margherita commissiona il monumento funebre per il figlio Roberto, ignorando altri professionisti più in vista, ma non ugualmente radicali. Inoltre promuove la valorizzazione delle arti applicate con il fine di coniugare modernità e tradizione: rinnova la Biennale di Monza e istituisce la Triennale di Milano, facendovi costruire il Palazzo dell'Arte.

Sebbene aspiri a raccogliere in Novecento l’intera ultima produzione artistica italiana, Margherita è comunque aperta a tutti i fenomeni emergenti e interessata alle differenze estetiche; ma nel frattempo il Ministero della cultura si trasforma in un rissoso centro di potere, da cui le arrivano attacchi sempre più numerosi. Mentre all’estero le finalità artistiche di Novecento riscuotono grande successo, in Italia alla Sarfatti viene meno buona parte degli appoggi. L’emarginazione di questa lucida intellettuale coincide in architettura con l’adozione da parte del regime di un freddo e retorico stile littorio, ben lontano dalla sobrietà formale del razionalismo.

Il tentativo grassiniano di dare al fascismo una piattaforma ideale ormai è diventato ingombrante: Margherita non concorda con le imprese coloniali, non approva l’intensificarsi dei rapporti con la Germania nazista, si scontra con l’ostilità di gerarchi avidi e senza scrupoli come Farinacci e Starace; nel contempo percepisce la perdita di interesse nei suoi confronti da parte di Mussolini. Nel 1938, di fronte al clima così mutato, la Sarfatti fugge all’estero; la sua famiglia invece vive in pieno le vicende del totalitarismo antisemita, tanto che una sorella (Nella Grassini Errera) rimarrà vittima del lager ad Auschwitz.

Margherita soggiorna prima a Parigi dove frequenta tra gli altri Jean Cocteau, Colette e Alma Mahler; infine si stabilisce in Sud America, dato che il suo desiderio di essere accolta negli USA non ha trovato risposta. Ritorna in Italia alla fine della guerra e nel 1955 riesce a far stampare una autobiografia dal titolo Acqua Passata, dove il rapporto con Mussolini è quasi ignorato. Resta invece inedito a lungo il primo manoscritto delle sue memorie intitolato Mea culpa, pubblicato solo post mortem con il titolo My fault. Negli ultimi anni Margherita si isola nella sua villa di Cavallasca, vicino a Como, dove morirà nel 1961.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Margherita Grassini Sarfatti

Tra le opere emergono diverse monografie di artisti e altri scritti:

La milizia femminile in Francia (1915);

I vivi e l'ombra: liriche (1924);

Segni, colori e luci (1925);

Dux (1926);

Il Palazzone: romanzo (1929);

Storia della Pittura Moderna (1930);

L'America, ricerca della felicità (1937);

Acqua Passata (1955).

Mostra dedicata al Mart Rovereto

Links ad altre biografie:

http://www.treccani.it/enciclopedia/margherita-grassini_%28Dizionario-Biografico%29/

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjT0qftmIXZAhXBKewKHXu6Bv0QFggoMAA&url=http%3A%2F%2Fwww.storiadimilano.it%2FPersonaggi%2FRitratti%2520femminili%2Fsarfatti.htm&usg=AOvVaw3U3qPVYYjOgYqvJcGABeKY

http://www.girodivite.it/antenati/xx2sec/sarfatti/salotto_sarfatti.htm

http://www.sulromanzo.it/

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwiv6eT4mYXZAhUysaQKHdmtACoQFggoMAA&url=http%3A%2F%2Fricerca.repubblica.it%2Frepubblica%2Farchivio%2Frepubblica%2F1989%2F04%2F29%2Fquando-dux-entro-nella-sua-vita.html&usg=AOvVaw1HdQ1TJujYuhje4iti19Du

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=10&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwiE0I6u2azYAhUEvBQKHSClC4sQFghuMAk&url=http%3A%2F%2Fwww.sassodiasiago.it%2Fmargheri.htm&usg=AOvVaw1RzabIb4oQv-iY6FzJNsl-

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=12&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwixn9LH26zYAhXP1qQKHTfxAGgQFghdMAs&url=https%3A%2F%2Fsebacestonaro.wordpress.com%2F2015%2F02%2F14%2Fmargherita-sarfatti-opere%2F&usg=AOvVaw27k0lIQ_VA8R3u4Fp-1XYj

Referenze iconografiche: Margherita Grassini Sarfatti. Fonte: Storia di Milano. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2018

Ultimo aggiornamento: 2023