La pittrice e scrittrice Ermanna Chiozzi (Fig. 1-2) nasce il 9 febbraio 1920 a Coccanile di Copparo (Ferrara) da Ercole Chiozzi e Adelina Marangoni. La sua è una tipica famiglia contadina della Bassa Padana, la cui esistenza si giostra tra il lavoro nei campi e la domestica quotidianità nella piccola casa retrostante la stalla della tenuta «Rondinella», podere che farà da sfondo a diverse opere dell’artista (Tenuta Rondinella, Coccanile. Ricordo del 1928; Fig. 3).

In Ermanna il talento artistico si manifesta in età prescolare, probabilmente arrivato dal padre, muratore di formazione, imbianchino e, all’occorrenza, decoratore (di effettiva dote stando alla memoria della stessa artista), oltreché bracciante. In questi anni infantili, sottraendo fazzoletti, pezzetti di tela o carta ai genitori, la piccola Ermanna – come ricorderà a posteriori non senza mitizzazione - si compiaceva nel nascondersi nella «casona» (rimessa in legno per attrezzi e materiale vario) a pitturare, traendo ispirazione dal circostante, in particolare dagli animali domestici, come pulcini e galline (così per esempio nel citato dipinto ispirato a un ricordo del 1928; Fig. 3).

In diverse occasioni asserisce di avere mutuato dal lavoro del genitore le prime conoscenze artistiche, facendo riferimento ad espedienti tecnico-procedurali vulgati nel settore edilizio (il padre aveva studiato nelle scuole serali edili di Copparo). È però solo con l’ingresso nella scuola primaria, dove potrà compiere solo i primi tre anni d’istruzione, che si definirà il sé artistico.
A dieci anni vince il primo premio assoluto di tutta la provincia di Ferrara a un concorso indetto dalla «Domenica del Corriere» per celebrare la trasvolata atlantica di Italo Balbo, riconoscimento che però le viene negato per via del dichiarato antifascismo della famiglia.

Gli anni dell’infanzia trascorrono sereni e saranno riferiti, a posteriori, come un momento molto positivo, malgrado la durezza delle condizioni di vita, che la porteranno a dover lasciare la scuola per badare, quando i genitori erano al lavoro, alla sorella Ercolina (1925-1985). Lei stessa inizierà a lavorare come mondina nelle risaie di Jolanda di Savoia all’età di tredici anni (1933), impiego durissimo svolto sino al 1955. Il mondo delle risaiole diventerà il soggetto di innumerevoli opere (Fig. 4).

Inizia, tra il 1933 e 1934, il legame sentimentale con Umberto Finessi, che sposerà nel 1938 e dal quale avrà due figli: Umberta ed Ermanno, nati rispettivamente nel 1939 (30 giugno) e nel 1940 (2 novembre). Umberto, partito nel 1940 per il fronte, morirà prematuramente (19 marzo 1946) a nemmeno un mese dal congedo.
Negli anni dell’assenza del marito Ermanna verrà accolta nella casa dei genitori: circostanza determinante che le permetterà di avere un aiuto nell’accudimento dei piccoli e, quindi, di potere lavorare (La lunga attesa di mio marito. Ricordo del 1946).

Il legame con la famiglia fu sempre riferito come determinante dalla Chiozzi, che anche negli anni a venire continuò a vivere con i genitori. In seguito, secondo un processo di inurbamento tipico intrapreso da molte famiglie contadine e bracciantili dal dopoguerra, anche quella della Chiozzi provvederà a trasferirsi dapprima nel borgo di Cesta, quindi nella casa di Copparo nel 1974: centro di maggiori dimensioni dove, finalmente, la costruzione di una moderna casa di proprietà permetterà all’artista di avere spazi adeguati per vivere e perseguire la propria vocazione artistica sino alla fine della propria vita (2 luglio 2020).
Come ricordato nello scritto La guerra 30 gennaio 1945. Copparo. Tu Campanile (1999) – dedicato alla figura paterna e al momento in cui la famiglia traslocherà nell’abitazione parte del villaggio edificato dalla Cooperativa Edile dei Senza Tetto Associati (C.E.S.T.A) – nella nuova dimora dipingerà (entro il 1958) i muri di due stanze impiegando la tecnica dello smalto su muro: nel tinello una grande Scena bucolica, mentre nella camera dei genitori un’Annunciazione derivata da quella di Leonardo degli Uffizi, copiata da un santino.
Entrambe le opere, andate distrutte negli anni, rimandano al contesto della formazione di Ermanna, che, seppure autodidatta, dovette provvedere ad approfondire la propria cultura visuale sulla scorta dello studio degli antichi maestri, come mostrano diversi lavori derivati da opere celebri di Giovanni Fattori, Giovanni Segantini, François Boucher, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Tintoretto (Guerzi 2024).

Malgrado sfuggano i testi e le fonti che l’artista poté avere a disposizione nel tempo, non è da escludersi che, a un certo punto, possa avere concorso all’arricchimento degli orizzonti della sua cultura visiva il fatto che la figlia Umberta (scomparsa diversi anni prima della madre) si sia dedicata a studi storico-artistici. La produzione di Ermanna, contraddistinta da uno stile vivace e narrativo, già anche definito naïf, è prevalentemente d’impronta autobiografica e incentrata su tematiche del mondo contadino all’insegna del ricordo e della memoria di fatti vissuti e di persone conosciute; rammenti suoi ma anche venuti dalla madre Adelina, che pare ricoprisse il ruolo di scrivana del paese.
In quasi tutte le opere compare, quale attestazione del “vero” raffigurato dal suo lavoro, una figura con un vestito nero a pois bianchi in omaggio all’abitino cucitole da quest’ultima all’età di otto anni. Mise divenuta sigla distintiva, attributo iconografico del sé, nell’opera e nella vita, visto che tale vestito sarà quello che, programmaticamente, la contraddistinguerà nelle situazioni pubbliche e private, compreso il momento della morte.
Negli anni dirà di averlo indossato anche nel momento dell’incontro con il futuro marito, così come riportato dalle opere dedicate a tale soggetto (Fig. 5). La perdita di quest’ultimo l’indurrà a dipingere su supporti ricavati dalla tela deputata alla propria dote (poi anche su quella della madre), quasi a voler trasformare le sue creazioni in ex-voto alla memoria di Umberto e alla vita che avrebbe potuto essere, secondo una mitografia e celebrazione del rapporto di coppia sostanziata per tutta la vita dalla Chiozzi, e percorsa anche per il tramite dello scritto il Cuore racconta.

I dipinti sono la fonte primaria per la ricostruzione della vita dell’artista, visto che il tergo riporta spesso iscrizioni inerenti la rievocazione esposta: motivo per il quale ci si è riferiti al suo lavoro come a un diario figurato. Le datazioni che incentrano tali registrazioni si riferiscono quindi al soggetto trasposto, raramente al momento in cui il lavoro fu realizzato (fatto che rende molto difficile la seriazione dell’ingente catalogo).

La propensione memorialistica si farà negli anni più intensa e consapevole sotto la spinta di una dichiarata vocazione letteraria, perseguita grazie all’aiuto di terze persone, che la coadiuveranno nella stesura e sistematizzazione dei testi, per ovvi motivi legati al grado d’istruzione. Le riproduzioni fotografiche dei dipinti, alla pari della messe grafica creata ad hoc, diventano l’ovvio supporto visivo della parte scritta, ovvero la controparte figurativa di scritti redatti con intento di documentazione della propria vita e di una ambiente sociale, quello contadino appunto, sentito come in fase di dissoluzione; si segnalano, oltre ai dipinti dedicati agli eventi topici della propria vita (soprattutto legati ai momenti di vita condivisi con il marito), quelli inerenti le singole attività agricole (raccolta delle barbabietole, battitura dei fagioli), al lavoro degli scariolanti sia d’estate che in inverno (Fig. 6), ma anche le serie consacrate alla lavorazione della canapa (Fig. 7), del fieno e ai vari momenti delle durissime attività nelle risaie.

È soprattutto grazie allo scritto Ermanna racconta (edito con il concorso di Renato Sitti nel 1990), che è possibile penetrare pedissequamente i contenuti delle opere della Chiozzi. A tali tematiche si affiancano quelle incentrate sulla tenuta di Zenzalino (Fig. 8), sita a poca distanza da Copparo e allora di proprietà dei conti Trotti, che l’utilizzavano come residenza di campagna tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento.
Per questi ultimi lavorarono diversi membri della famiglia materna, dai cui ricordi mutuerà quadri situazionali e compositivi ideali, restituiti con inventiva e verve grafica facendo ricorso alle più disparate fonti per la sistematizzazione dei soggetti, che, evidentemente, l’artista non poteva avere conosciuto dal vivo, fatta eccezione per la villa ancora oggi esistente.

La brulicante realtà del podere e quella dei nobili possidenti darà modo alla Chiozzi di penetrare soggetti apparentemente molto diversi rispetto a quelli del mondo agricolo, ma che, invero, diventeranno il metro per attestare di un ovvio e marcato divario sociale in essere nelle campagne. Gli aspetti sociali del territorio, dalle condizioni di vita agli scioperi dei lavoratori, sono stati del resto motivo non secondario d’ispirazione negli anni della maturità, anche per via della militanza politica, che nel 1948 vedrà, per esempio, l’artista in prima linea nel cosiddetto «sciopero della grande fame».

Torno d’anni che altresì la ravviseranno entrare a far parte dell’UDI (Unione Donne Italiane), dove militerà per lungo tempo e al cui contesto si deve una parte determinante nella divulgazione dell’opera dell’artista. L’attenzione alla documentazione visiva del circostante negli ultimi decenni di attività verrà riservata anche alla restituzione dei momenti salienti della vita di Copparo in opere come il Palio, il Mercato, il Circo Margherita, i Trampolieri (Fig. 9), con risultati qualitativamente molto disparati, ma senza dubbio di importanza non secondaria per la definizione della memoria collettiva del territorio.
Da tale momento e con apice tra gli anni Ottanta e Novanta si assesta sempre più la volontà della Chiozzi di agire come artista e di procedere alla costruzione di una propria specifica individualità, che sino alla fine la porterà a sperimentare tipologie differenti di supporti e mezzi artistici, come tela cerata, sassi, legno e immagini fotografiche derivate da messe in scena incentrate sui lavori agricoli del passato.

Negli anni diverse sono state le mostre che, localmente (ma non solo) hanno contribuito a divulgare l’operatività dell’artista, che dalla seconda metà degli anni Settanta sempre si è prodigata per far conoscere il proprio lavoro. Andranno ricordate le mostre del 1980 di Ancona (Palazzo degli Anziani), di Padova (Festival dell’Unità) dove le sue opere vengono notate da Tono Zancanaro, di Ferrara (Palazzo dei Diamanti, a cura di Franco Farina), ma soprattutto quella del 1983 di Milano (Palazzo Reale, Esistere come donna), dove la presenza di sette opere dell’artista avviene grazie alla mediazione dell’UDI e della storica Rachele Farina (1930-2019). Nel 2009 l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara (ISCO) e il Sindacato Pensionati della CGIL le dedicano il documentario Invecchiando con la mia arte. Ritratto di Ermanna Chiozzi Finessi, curato da Anna Quarzi e Valentina Vecchiettini per la regia di Vito Contento: certamente una delle fonti primarie per conoscere la tutt’altro che scontata personalità della Chiozzi.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Ermanna Chiozzi Finessi

Chiara Guerzi, Ermanna Chiozzi (1920-2020). Arte e vita, pane e colore, Baraldini editore, Massa Finalese, 2024.
Invecchiando con la mia arte. Ritratto di Ermanna Chiozzi Finessi, curato da Anna Quarzi e Valentina Vecchiettini, regia di Vito Contento, DVD, 2009 (in parte visibile qui).

Ermanna nella storia fra arte e racconto, catalogo della mostra (Copparo, Torrione Estense, 8 aprile-10 maggio 1990), a cura di Renati Sitti, Interbooks, Padova, 1990.

Zenzalino racconta mia mamma, Comune di Copparo (Galleria Comunale Oreste Marchesi, 21 aprile-5 maggio 1985), a cura di Renato Sitti. Riproduzioni grafiche Marco Caselli, Copparo 1985.

Ermanna Chiozzi, catalogo della mostra (Ferrara, 2 marzo al 7 aprile 1980), cura di Franco Farina;

Comune di Ferrara, assessorato all’istruzione; Comune di Copparo, assessorato alla cultura;

Comitato manifestazioni culturali e turistiche; Consorzio di pubblica lettura, Unione donne italiane], s.d. ma 1980.

Didascalie immagini:

Fig. 1. Ermanna Chiozzi, 1980 ca.

Fig. 2. Ermanna Chiozzi, Autoritratto nella stalla (ricordo del 1935), tecnica mista su pannello di fibra di legno (masonite?), 124x80,5 cm, Collezione privata.

Fig. 3. Ermanna Chiozzi, Tenuta Rondinella di Coccanile (ricordo del 1928), tecnica mista su tela, 80x150 cm, Collezione privata.

Fig. 4. Ermanna Chiozzi, Mietitura del riso in autunno, tecnica mista su tela, 80x150 cm, Collezione privata.

Fig. 5. Ermanna Chiozzi, Ritorno in bicicletta dalla risaia di Ermanna e Umberto Finessi e altre coppie (ricordo del 1934), tecnica mista su tela, 47x71 cm, Collezione privata.

Fig. 6. Ermanna Chiozzi, Ritorno degli scariolanti d’inverno, tecnica mista su tela, 80x150 cm, Collezione privata.

Fig. 7. Ermanna Chiozzi, Temporale durante la raccolta della canapa, tecnica mista su tela, 65x124 cm, Collezione privata.

Fig. 8. Ermanna Chiozzi, Zenzalino d’inverno (ricordo del 1875), tecnica mista su tela, 50x70 cm, Copparo, collezione del Comune.

Fig. 9. Ermanna Chiozzi, I trampolieri, tecnica mista su tela, 46,5x72 cm, Copparo, collezione del Comune.


Chiara Guerzi

Chiara Guerzi, storica dell’arte, docente all’Accademia di Belle arti di Bologna, è autrice di pubblicazioni specialistiche apparse in riviste scientifiche di settore. I suoi interessi di ricerca si concentrano prevalentemente sulle arti figurative fra Medioevo e primo Rinascimento con particolare riferimento all’ambito ferrarese e con sconfinamenti negli studi inerenti la critica e il recupero della tradizione nel contemporaneo.

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Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024