La terra a chi la lavora. È questa l’ultima frase pronunciata l’11 aprile del 1948 dall’onorevole Giuseppe Calasso prima della deflagrazione della bomba 1 scagliata da ignoti durante un comizio del Partito Comunista Italiano, a ridosso delle prime elezioni politiche dopo la Costituente, culmine di una lotta sociale tra tabacchine e proprietari terrieri.
Scenario dell’eccidio Lizzanello, un piccolo paese della provincia di Lecce.
Quella sera moriranno due persone e altre diciotto rimarranno ferite. Nessuno verrà mai assicurato alla giustizia.
È in questo scenario di miseria del secondo dopoguerra, segnato da difficoltà economiche e sociali, che si inserisce la figura di Emma Margherita Nobile, classe 1915.
Ultima di sei figlie e con altri sei fratelli, ha speso gran parte della sua vita accanto alle tabacchine, come capolega, sposandone la battaglia per ottenere diritti, salari adeguati e una vita più dignitosa.
L’attesa di una riforma agraria, che tardava ad arrivare, aveva alimentato il malcontento generale.
Nel paese regnava un’alleanza tra democristiani e i qualunquisti di Guglielmo Giannini, che curavano gli interessi dei proprietari terrieri, presentandosi al popolo come bastioni della proprietà privata e dei valori del cattolicesimo contro la barbarie del comunismo e dell’ateismo, assicurando di difendere gli interessi dei più deboli.
Dall’altra parte, il Fronte Democratico Popolare, che raccoglieva in un’unica lista socialisti e comunisti, rivendicava l’esproprio della grande proprietà terriera, la nazionalizzazione dei monopoli e la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle aziende.
In questa lotta, Emma ha deciso di schierarsi al fianco di Calasso, deputato della Repubblica Italiana, per le prime quattro legislature per il Partito Comunista Italiano, sindacalista e sindaco di Copertino e di Lizzanello, e della moglie e compagna di partito Cristina Conchiglia, pioniera della difesa dei diritti delle donne, in particolare delle lavoratrici.
La vicinanza di Emma a due figure così carismatiche e fortemente legate al territorio la rese, insieme a Calasso e a Conchiglia, bersaglio ambito dalle forze reazionarie.
Definita "sobillatrice" dai carabinieri di Bari2 per aver incitato duecento donne di sinistra nell’ottobre del 1946, Emma guidò un corteo verso la caserma dei carabinieri, per protestare contro il ritardo della raccolta delle olive. Nello stesso anno, insieme ad altri rappresentanti dei lavoratori, mobilitando cento uomini e cinquecento donne, chiese al prefetto una più equa distribuzione di zucchero e farina, dimostrando ancora una volta la sua determinazione nel difendere i diritti dei più deboli.
La tessera del PCI e la partecipazione al congresso di Pesaro misero la capolega nel mirino degli oppositori. Nel 1947 fu oggetto di un vile attacco: muri imbrattati di slogan fascisti, insulti e colpi di pistola, sparati nei pressi della sua abitazione, per intimidirla. La sua attiva militanza comunista l'aveva resa un bersaglio facile per chi, in nome del duce e del re, non esitava a usare la violenza.
E fu in questo clima di malessere diffuso tra la popolazione che si rese necessario un atto di protesta e di disperazione insieme, di cui la stessa Emma fu promotrice.
Tabacchine, contadini, operai, tutti con la stessa voracità e il fuoco negli occhi, "assaltarono" le case dei padroni per attuare il progetto che avevano pianificato da un po’: togliere ai ricchi per dare ai poveri.
Grano, farina, olio dovevano essere a disposizione di tutti. La fame li spinse a irrompere in quelle abitazioni, rovistare nelle credenze, frugare nelle dispense e prendere tutti i generi alimentari possibili, portarli nella piazza centrale e lì distribuirli perché tutte e tutti potessero goderne.
La lotta per i diritti delle lavoratrici fu la sua ragione di vita, ma tutte quelle battaglie avevano un prezzo: la sua anima fiera, col tempo, si indurì. La perdita dell’unico figlio, un dolore lacerante, l’aveva infine segnata profondamente e, all’alba del capodanno del 1995, convinta forse di non avere più nulla da donare, Emma Margherita Nobile si spense.
Note
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Per approfondire le questioni legate all'attentato dell'11.04.1948:
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Lizzanello 11 aprile 1948, AA.VV., a cura di Caterina Gerardi, 1988.
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Di chi sei figlio, Corrado Punzi, AnimaMundi Edizioni, 2012.
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e l'edera si tinse di rosso: cronaca politica e giudiziaria dell'attentato a Giuseppe Calasso (segretario provinciale della Confederterra-CGIL e candidato del FDP): morti e feriti tra la folla: Lizzanello, 11 aprile 1948, Salvatore Coppola, Giorgiani Editore, 2018.
2 I documenti citati sono stati consultati negli uffici dell’
Archivio di Stato di Lecce