Chiunque abbia familiarità con la zuccherosa immagine della Sissi propugnata dalla celeberrima trilogia di Ersnt Marischka ricorderà senza dubbio il momento in cui la giovanissima principessa, vestita di azzurro, riceve il mazzo di rose rosse che le confermano l’intento di matrimonio dell’imperatore, mentre al suo fianco sua sorella Elena, che si vede improvvisamente preferire l’inesperta sorella assiste sgomenta e impotente alla sua pubblica umiliazione. Sarà l’inizio di una lunga e altalenante relazione tra le due sorelle.
Ferita nell’orgoglio, Elena Carolina Teresa, soprannominata Nenè, rincasa in Baviera, trovando conforto nella religione mentre la famiglia reale bavarese, in particolare la duchessa Ludovica, sua madre, si adoperava per predisporre una nuova unione: la scelta ricadde sull’affascinante principe Massimiliano Thurn und Taxis, erede di una tra le famiglie più facoltose e illustri tra i sudditi dell’imperatore; i Thurn und Taxis infatti, il cui nome si riferisce alla torre e al tasso presenti nello stemma di famiglia, iniziarono ad ammassare un cospicuo patrimonio dal momento in cui Filippo il Bello concesse loro la possibilità di avviare il primo autentico sistema postale europeo che frutterà naturalmente alla famiglia un’immensa ricchezza, in virtù della quale ricevettero il permesso di fregiarsi di un titolo e del blasone imperiale (fu lo stesso Filippo a pronunciare le parole che spiegano la fortuna della famiglia “impero sine ledra, monarquia sin luz”).
L’incontro tra i due giovani fu abilmente orchestrato in seguito ad una faticosa battuta di caccia a Possenhofen, la casa di famiglia dei Wittelsbach, dopo la quale Nenè comparve “come una visione” a portare rinfreschi per i partecipanti: Ludovica aveva calcolato bene il tempismo e fu amore a prima vista.
Annunciate le nozze si rese però necessario l’intervento di Sissi, nel suo ruolo di imperatrice, per garantire ai due fidanzati una licenza di matrimonio, in quanto non si trattava di nozze reali ma private: fu proprio questa occasione quindi quella utilizzata dalle due per ricucire il rapporto che si era incrinato dopo il misfatto di Bad Ischl. Se però le sorelle ritrovarono la singolare armonia che le aveva sempre unite, è possibile vedere come si approcciarono diversamente alla loro vita nei rispettivi ruoli: se Sissi era infatti una monarca riluttante e una madre assente, Nenè prese da subito molto sul serio sia il suo ruolo come principessa ereditaria – dimostrando fin dal suo ingresso a Regensburg, città natale di Massimiliano, uno spiccato senso del dovere – sia il suo ruolo come moglie/madre – mettendo al mondo in rapida successione due bambine, Luisa ed Elisabetta (che Sissi, in una lettera a loro madre, suppose essere una “bimba orribile”).
Nonostante le differenze caratteriali, Elena accorse in soccorso alla sorella più di una volta, rimanendo stoicamente al suo fianco durante i lunghi periodi di convalescenza a Corfù e Madeira: la loro relazione rimase infatti innegabilmente tenace per tutta la loro vita. Parlavano tra loro esclusivamente inglese, quasi fosse il loro codice segreto, e si scambiavano frequenti missive che purtroppo la famiglia Thurn und Taxis fece distruggere immediatamente dopo la morte di Elena, a tutela della sua eredità.
Elena non era destinata a una vita di dorata felicità familiare: poco dopo la nascita dell’agognato erede maschio, Massimiliano, a suo marito venne diagnosticata una grave patologia nervosa che lo strappò improvvisamente alla sua famiglia qualche giorno dopo che anche il secondogenito, Alberto, era venuto alla luce. Nenè si ritrovò dunque a ricoprire, in un crudele colpo solo, la carica di tutrice dei suoi figli – ruolo per il quale lottò fino all’ultimo rivolgendosi anche al cognato imperatore, all’epoca “Tutore di tutti gli orfani e le vedove” – e di capofamiglia – dovendo gestire la liquidazione di tutti gli uffici postali di famiglia che le fruttò la somma di 3 milioni di fiorini, che decise di investire saggiamente nella costruzione di un solido impero di proprietà terriere ed edifici che poté consegnare a suo figlio Max solo nel 1883, al compimento della maggiore età.
Un vulcano di idee e progetti, anche a Massimiliano però, venne diagnosticata la stessa patologia del padre, e morì poco tempo dopo (Maria Valeria, figlia preferita di Sissi, così annotò nel suo diario personale il giorno delle esequie del cugino: “arrivata la mamma ci ha raccontato molto della povera zia che nella sua terribile emozionalità pare spesso che sia come pazza”); a malapena ripresa da quest’ultimo lutto fu quindi il turno della sua secondogenita Elisabetta, principessa di Braganza, a morire di parto, lasciando Elena emotivamente devastata. La famiglia che aveva costruito con tanto amore e devozione, era ormai in rovina.
Nell’inverno del 1889, l’anno dei fatti di Mayerling, fu lei stessa infine a cadere vittima di malattia: debole, febbricitante e in preda alle nausee venne confinata a letto dai medici e circondata immediatamente dall’affetto di amici e familiari che accorsero al suo capezzale; Sissi, ridotta anche lei ad un’ombra dal recente suicidio del figlio Rodolfo, così ricorda la conversazione che ebbe con la sorella al suo arrivo “old Sissi! We two have had hard puffs in our lives” le disse Nenè, al che Sissi rispose “yes but we had hearts”.
Delirante, la principessa Thurn und Taxis, nata duchessa in Baviera, si spense alla presenza dei suoi cari il 16 maggio 1890: una figura apparentemente dimenticata dalla storia e vista dai più come la triste controfigura di una donna straordinaria come Elisabetta Wittelsbach, lasciava invece come eredità la sua tenacia, la sua resilienza e, soprattutto, la sua testimonianza di essere una degna membra delle mitiche “Wittelsbacher Schwestern”.
Voce pubblicata nel: 2020
Ultimo aggiornamento: 2023