Dipingere è rinchiudermi in me stessa, è percorrere da sola un cammino di luce e oscurità, cercare risposte senza domande concrete. È annullarmi dal mondo e consegnarmi alla tela fino al limite della mia forza, è lottare con lei e darle tutto ciò che posso… È sentire che in ogni opera lascio un pezzo di me stessa.
Elda Di Malio è stata una delle più importanti pittrici peruviane attive a partire dalla seconda metà del Novecento. Quando vide la luce nel campo di concentramento di Cristal City, in Texas, il 12 gennaio del 1946, ad accoglierla c’erano la madre, Alicia Mazzini Lanata, peruviana di origine italiana, e il padre, Donato Di Malio Cimino, editore e pedagogo italiano di Cerignola (Foggia), entrambi reclusi nel campo come prigionieri di guerra mentre ritornavano dal Perù in Italia. In Elda da sempre hanno convissuto due anime, l’italiana e la peruviana: studiò presso il Colegio Italiano Antonio Raimondi di Lima e visitò spesso la terra del padre, dove ebbe l’opportunità di studiare e ammirare le opere dei grandi italiani, uno su tutti Michelangelo. A Lima frequentò diversi laboratori d’arte presso accademie private prima di entrare direttamente al terzo anno della Scuola Nazionale di Belle Arti del Perù, dove studiò insieme a un nutrito gruppo di artiste e si diplomò nel 1972 con medaglia d’oro e il Gran Premio d’Onore Augusto N. Wiese. Nel corso di una lunga carriera ha avuto modo di esprimere il suo talento attraverso varie tecniche artistiche, compresa la fotografia e le sue opere sono state esposte in diverse mostre in Perù, Cile, Uruguay, Paraguay, Ecuador, Colombia e persino negli Stati Uniti e in Italia. Anche la vita sentimentale di Elda, donna schiva, rigorosa e appassionata, è stata strettamente legata all’arte: nel 1967 conobbe infatti il famoso artista peruviano di origine giapponese Venancio Shinki, prima suo insegnante e poi suo marito fino alla morte, nel 2016. Shinki riconobbe in quell’alunna dagli occhi vispi un talento fuori dal comune e così la accompagnò, artisticamente e sentimentalmente, dagli anni della formazione fino a quelli della maturità. Le insegnò i misteri della pittura astratta ma, evidentemente, non la convinse fino in fondo: Elda mostrò infatti una ferma e coraggiosa volontà di esplorare e inseguire un cammino indipendente, in cui la figuratività convive con l’astrattismo.
Quando sei a scuola c’è un professore che ti guida, una modella, una natura morta o altro e imiti la natura, la interpreti. Tuttavia, mi dissi: "Caramba! È l’ultimo anno di scuola, me ne andrò e non trascorrerò la vita a dipingere nature morte, figure umane... Io voglio produrre qualcosa di mio." Passai tutta l’estate disegnando qualsiasi cosa; la mia ossessione era tanto grande che cominciai a sognare immagini, disegni… Così nacque la mia pittura, dai sogni.
Nei suoi quadri ci colpiscono le figure umane, caratterizzate da un disegno essenziale e colori sobri e inserite in finestre di ispirazione limegna simili a scatole aperte, in paesaggi desertici anonimi interrotti da graffi obliqui, in spazi indefinibili segnati dalla presenza enigmatica di alberi. Le creature misteriose mostrano una serenità solo apparente, una staticità che nasconde movimenti interiori compulsivi e inquieti nel bel mezzo di un silenzioso vuoto rivelatore. Soli, a coppie o in piccoli gruppi, in piedi, seduti schiena contro schiena o sdraiati i protagonisti dei quadri aspettano, osservano qualcosa di indefinito, riflettono. Forse, come Elda, cercano risposte senza porsi domande concrete sentendo, come graffi, i tormenti della condizione umana. Il 29 settembre 2017, sotto il cielo grigio di Lima, un male incurabile ha spento le grida silenziose della pittrice.
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Referenze iconografiche: opera d'arte proveniente dall'archivio di famiglia.
Voce pubblicata nel: 2018
Ultimo aggiornamento: 2023