Non so per quali meriti, virtù o vizi assurdi, ho avuto in dote l’onnipotenza. Non è stato comunque facilissimo, anzi direi molto sofferto, essere arrivata a saperlo. Poi, improvvisamente, fu chiaro: non c’era altra fortuna e valore più grande dell’essere nata donna.1
Terza e inaspettata figlia di una coppia benestante e non più giovane, cresce insieme a due sorelle più grandi, in un ambiente familiare in cui la madre le concede una libertà totale. Grazie a questa fiducia e all’accettazione incondizionata, si sente tranquilla e sicura di essere “così come è”. Tuttavia, confrontandosi con il mondo esterno e osservando le sorelle “emancipate” - che, nonostante le libertà conquistate, sono costrette a rimanere entro confini prestabiliti - si rende conto di quanto il destino riservato alle donne della sua epoca fosse angoscioso e limitante. Negli anni '60, poco più che ventenne, smarrita e alienata dalla realtà che la circonda, esprime la sua inquietudine scrivendo poesie.
Alla ricerca di una via d'uscita, inizia poi a studiare testi di antropologia, sociologia e pedagogia. Nel 1964, ha l’intuizione di riunire un gruppo di donne, con le quali sente di avere un “terreno comune”, per iniziare a ragionare insieme. Da questa iniziativa nasce il primo gruppo del neofemminismo italiano, il DACAPO (Donne contro l’autoritarismo patriarcale), che presto cambierà nome in DEMAU (Demistificazione autoritarismo patriarcale). La scelta di togliere la parola “contro” rispecchia la volontà del gruppo di non porsi in maniera oppositiva, ma attivamente affermativa.
Non eravamo poche quell’autunno del 1964, intorno a un tavolo nello studio “prestato” da mia sorella in Via Cappuccio a Milano. Quaranta donne. Le avevo chiamate e poi si erano chiamate le une le altre e c’eravamo incontrate… È stata la mia prima dimensione politica. Nessun’altra seduzione mi aveva mai catturato prima di allora.2
In questo contesto, scrive i suoi primi documenti politici: “Significato culturale della divisione dei sessi” (1964), “Ricerca di un metodo” e “Documento per un’apertura di dibattito” (1965) 3, in cui delinea le premesse della discussione che intende avviare, partendo dalla estraneità vissuta dalle donne nella propria realtà quotidiana. Tuttavia, il documento che passerà alla storia come il primo documento politico del neofemminismo italiano è il “Manifesto programmatico” del DEMAU, datato 1° dicembre 1964, che si pone in “opposizione al concetto dell’integrazione della donna nell’attuale società”4. Grazie agli studi antropologici sul maschile e il femminile - che evidenziano come l’esperienza e i ruoli siano relativi, e mutino a seconda delle epoche e delle culture - il gruppo si concentra su due concetti chiave: “pluralità” e “relatività” e, collegandoli all’esperienza corporea e soggettiva, arriva a mettere in discussione la dualità su cui si fonda la maggior parte delle società. Queste idee, che resteranno centrali nel pensiero di Daniela Pellegrini, emergono per la prima volta nel Manifesto, in cui si propone di sfidare e smascherare i principi morali, culturali e ideologici del patriarcato, che creano supremazie e “sui quali si basano l'attuale divisione dei compiti e la società tutta”.
Alla fine degli anni ‘60 arrivano forti eco del femminismo negli Stati Uniti, dove sta prendendo piede la pratica dell’autocoscienza, di cui portano testimonianza in Italia Carla Lonzi e Serena Castaldi. Nascono nuovi gruppi separatisti come Anabasi e Rivolta Femminile con cui il DEMAU condivide per alcuni mesi le riunioni. Il gruppo stringe poi legami stretti con le francesi del collettivo Psychanalyse et Politique di Antoinette Fouque, con cui approfondisce la ricerca sulla sessualità e sul rapporto madre-figlia.
I primi anni '70 segnano una svolta per il movimento delle donne e per la vita di Daniela: nel 1971 nasce la figlia Olimpia e, nello stesso periodo, fa esperienza di un vivere al femminile condiviso e collettivo, in cui pubblico e privato, intellettuale e creativo, quotidiano e straordinario risultano indissolubilmente intrecciati. Sono gli anni della comune di San Martino, del collettivo di via Cherubini, della Casa delle Donne di via Col di Lana e dei grandi convegni nazionali di Pinarella di Cervia e Paestum. Giovane e affermata come dirigente pubblicitaria decide di abbandonare la carriera, rifiutando le logiche maschili di potere e denaro, per dedicarsi completamente al separatismo e alla condivisione con le altre. Da quel momento, la sua vita sarà interamente destinata alla pratica di relazione tra donne, elevata a condizione esistenziale e permanente.
Fu da quel momento che mi spostai definitivamente dall’essere una “pensatrice” e “intellettuale” al praticare la realtà dell’esistente, fatto di corpo e relazione con altre donne. Un addivenire che, pur non rinunciando alla creatività delle idee, mi immetteva sulla strada più contraddittoria e complessa dell’agire politico dentro la vita e, soprattutto, insieme a loro.5
Tra i tanti cambiamenti che caratterizzano il lungo passaggio dagli anni ‘70 agli ‘80, si assiste a un generale abbandono dei piccoli gruppi e dell'autocoscienza, in contrasto con la prospettiva di Daniela. Nascono luoghi dedicati al pensiero femminile e femminista come biblioteche, case editrici, centri di documentazione e librerie. È in questo contesto che, nel 1981, insieme a Nadia Riva e Giorgia Reiser, fonda il Cicip & Ciciap: il primo circolo culturale e politico femminista di Milano, e l'unico a rimanere separatista nel tempo. Per intenzione delle sue fondatrici, il Cicip è “un luogo conviviale e accogliente. Per pensare, ballare, bere e mangiare, conoscersi e confrontarsi”6. Per oltre trent’anni, si distingue come un punto d’incontro nazionale per donne di diverse culture e identità; ospita gruppi, laboratori, convegni, esperienze creative e dibattiti. È anche sede di «Fluttuaria - segni di autonomia nell’esperienza delle donne»: rivista a diffusione nazionale pubblicata tra il 1987 e il 1994, che contribuisce al dibattito politico, artistico e culturale di quegli anni.
Nel 2012, in coincidenza con la conclusione dell’esperienza del Cicip, pubblica il suo primo libro: Una donna di troppo. Storia di una vita politica singolare, in cui ripercorre la propria esperienza, mettendo in luce i momenti e le relazioni cruciali della sua vita. Durante le presentazioni in giro per l’Italia, incontra donne con storie, età e percorsi diversi e riapre il dibattito sulla centralità dell’autocoscienza, da lei sempre considerata uno strumento essenziale per la liberazione femminile. Nel 2014, propone all’allora neonata Casa delle Donne di Milano la creazione di un gruppo separatista dedicato alla pratica dell'autocoscienza. Al gruppo aderiscono pioniere del movimento come Laura Lepetit, Elena Rader e Sisa Arrighi, insieme a nuove partecipanti di diverse generazioni, e diventa uno spazio di confronto e condivisione settimanale, che ancora continua.
In questi anni, pubblica altri due libri: Liberiamoci della bestia7, un pamphlet dissacrante che critica la mascolinità dominante, e La materia sapiente del relativo plurale8, un percorso di filosofia femminista che tenta di superare il dualismo imposto dal patriarcato e teorizza un “luogo terzo”, che contempli la parzialità di ogni essere vivente. Da sempre capace di interpretare il proprio tempo e di comunicare in maniera non convenzionale e creativa, dal 2020 diffonde attivamente il suo pensiero anche attraverso i social media, estendendo la pratica dell’autocoscienza a gruppi online. Per lei, il separatismo resta una pratica fondante della politica delle donne: l’unica vera forma di autonomia dal patriarcato, da cui può riprendere il percorso di liberazione femminile iniziato negli anni ’70.
Quella di Daniela Pellegrini è una biografia irriducibilmente singolare da cui però emerge, con straordinaria intensità, l’esperienza collettiva del movimento delle donne: la sua storia e quella del femminismo italiano si intrecciano e sovrappongono, in un dialogo che continua ancora oggi.
Intervista ad un’eretica, di Nicoletta Poidimani
Una donna di troppo - Intervista di Giancarlo Calciolari
Liberiamoci della bestia - Intervista di Giorgia Succi + link all’audiolibro
La materia Sapiente del relativo plurale - Intervista di Giorgia Succi
Gruppo autocoscienza della Casa delle donne di Milano - video di Orsola Sinisi e Chiara Martucci
In ricordo di Nadia Riva - video di Orsola Sinisi e Chiara Martucci
Intervento di Daniela Pellegrini nell’ambito dell’incontro “Tre giornate dedicate ai saperi delle donne”, Savona, dicembre 2023
Voce pubblicata nel: 2024
Ultimo aggiornamento: 2024