La “seconda” Costanza era figlia di Inigo, fratello di Costanza di Francavilla, e di Laura Sanseverino. Fu educata dalla zia insieme al fratello Alfonso e al cugino Ferrante secondo i modelli di una raffinata disciplina letteraria di stampo umanistico. De Leo la definisce la «magnanima Costanza», insieme all’altra Costanza, sua zia, è presumibilmente ritratta ai piedi dell’affresco della Madonna della Misericordia nella chiesa di San Francesco di Ischia. Nell’Isola, Costanza aveva sposato intorno al 1517 Alfonso Piccolomini, duca di Amalfi. Un antenato di Alfonso, Antonio Piccolomini, nipote di Pio II e genero di Ferrante d’Aragona, aveva fondato il ramo napoletano della famiglia senese. A Ischia Costanza tornò spesso con i figli dopo la disgrazia occorsa al marito. Il duca, al servizio degli spagnoli, era stato nominato nel 1528 Capitano Generale di Siena; in seguito ai suoi comportamenti che suggerivano incerta fedeltà e dubbio contegno, perse il favore di Carlo V, fu privato del titolo e si ritirò a vivere a Nisida. La vita appartata e una naturale attitudine svilupparono in Costanza un tipo di poesia meditata e intima animata da un afflato mistico, e di una tale qualità da contribuire a accrescere la fama letteraria della famiglia. Fu profondamente influenzata dalla personalità e dall’opera di Vittoria Colonna che già dai tempi di Ischia era stata un esempio e un modello per la giovane cugina. Vittoria intorno al 1543 le indirizzò tre lettere mistiche nelle quali si esprime l’intensità dei sentimenti religiosi che legavano le due donne e la forte relazione spirituale che le univa. Costanza, isolatasi dalla mondanità napoletana in seguito alla caduta politica del marito, entrò in rapporti con quanti auspicavano una riforma della Chiesa. Probabilmente aveva ascoltato sia Valdes che Ochino. Di lei rimangono pochi sonetti, ricchi di forte religiosità e marcati dall’impegno ascetico, nei quali l’autrice svolge alcuni temi tipici della riforma e della spiritualità valdesiana che avevano segnato la cultura napoletana del tempo. Costanza dedicò anche un sonetto alla giovane pittrice e poetessa Irene di Spilimbergo la cui morte precoce, a soli 21 anni, aveva ispirato molti poeti. Come Vittoria, trascorse gli ultimi anni della vita in convento, presso le suore di Santa Chiara dove morì e fu sepolta.
Rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori in morte della signora Irene delle Signore di Spilimbergo, Venezia, G. Giolito de Ferrarsi, 1546
Vittoria Colonna, Carteggio, (a cura di E. Ferrero e G. Müller), Torino, Loescher 1892, pp. 292- 302
A. Rumont (traduzione di G. Muller, E Ferrero), Vittoria Colonna, Torino, Loescher 1892
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2012