Il nome di Charlotte Perriand è in genere collegato a quello di Le Corbusier, e la sua opera circoscritta alla produzione di mobili e oggetti. In realtà la sua attività è molto più complessa a articolata e va ben oltre il periodo di collaborazione (1927-37) con il famoso atelier parigino di Le Corbusier e Pierre Jeanneret, con i quali firma alcuni tra i più prestigiosi oggetti di équipement degli anni Venti, (alcuni ancora prodotti da Cassina). Nel 1927, con una cartella di disegni sotto il braccio fa il suo ingresso nel prestigioso atelier dei due, al 35 di rue de Sèvres. Le Corbusier si avvicina alla giovane ospite, getta un’occhiata veloce ai suoi disegni e rivolgendosi a lei aggiunge sarcastico: «Qui non si ricamano cuscini…». Così lei stessa racconta il suo incontro con “Le Corbù” con il quale, malgrado le diffidenze iniziali, inizierà a collaborare con il ruolo di studentessa in architettura e responsabile della progettazione d’interni e del disegno di elementi d’arredo.
Negli anni che seguono la sua uscita dal famoso atelier, continua il sodalizio con Pierre Jeanneret e l’architetto giapponese Junzo Sakakura, suo collega nell’atelier, mantenendo viva “l’etica dello studio” (l’interesse per il lavoro di gruppo e per l’integrazione tra architettura e progetto degli spazi interni, in particolare). Tornerà a lavorare con Le Corbusier alla fine degli anni Quaranta per l’Unité d’Habitation di Marsiglia con l’incarico di elaborare l’attrezzatura interna della “cellula tipo e la cucina-prototipo I”.
È affascinata dalla cultura industriale che progressivamente si sta sviluppando in Francia, come nel resto dell’Occidente, e dall’influenza che questa può avere sui modi di abitare e di progettare: i nuovi materiali (acciaio, alluminio, vetro), le forme e i prodotti messi al servizio del miglioramento della vita quotidiana con risultati del tutto inaspettati. Nel 1929, come la sua collega Eileen Gray, è tra i fondatori dell’U.A.M. (Union des Artistes Modernes), e nel 1933 si trova a bordo della Patris II, in navigazione tra Atene e Marsiglia, per il IV Congresso del CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne).
Nel corso della sua lunga e intensa vita professionale lavora con Fernand Legèr. È amica di Calder e Mirò. Apre uno studio di progettazione a Parigi con J. Prouvé, P. Jeanneret e G. Blanchon. Collabora con Junzo Sakakura, Lucio Costa, M. Elisa Costa, Oscar Niemeyer, Burle Marx. Partecipa da protagonista al movimento di rinnovamento dell’architettura e della cultura e si inserisce nel dibattito che, in particolare negli anni Venti e Trenta, coinvolge il progetto degli spazi abitativi.
Tra il 1940 e il 1942 risiede in Giappone invitata dal Ministero del Commercio e dell’Industria con il compito - iniziato nel 1933 dall’architetto Bruno Taut - di definire nuovi orientamenti e strategie da dare alla produzione industriale nipponica. In questo periodo visita università, fabbriche, laboratori e botteghe artigianali. Durante il suo soggiorno, che dura circa due anni, segue il programma stabilito dal Ministero che prevede la visita di università, fabbriche, laboratori artigianali, scuole d’arte, al fine di approfondire le tecniche e i materiali tradizionali (bambù, legno, lacca, ceramica, ferro) e di conoscere il livello della produzione artigianale selezionando i migliori prodotti da destinare all’esportazione. Nel mese di marzo del 1941 organizza presso i grandi magazzini Takashimaya di Tokio l’esposizione Tradition, sélection, création (riproposta l’anno successivo a Osaka) con l’obiettivo di far conoscere al grande pubblico la tradizione artigianale del Paese. Con alcuni artigiani realizza una serie di elementi d’arredo e oggetti d’uso utilizzando i materiali locali. Riproduce in bambù i mobili in acciaio e pelle realizzati negli anni precedenti da lei, Le Corbusier e Pierre Jeanneret o da altri colleghi come Alvar Aalto. Cessato il contratto con il governo giapponese, e nell’impossibilità di rientrare in Europa a causa della guerra, si dedica allo studio dell’architettura e cultura giapponese. Nel 1942 con Junzo Sakakura scrive il libro Contatto con il Giappone, nel quale vengono illustrati i temi che caratterizzano la missione giapponese e i risultati raggiunti delle diverse esposizioni realizzate.
Nel 1946 ritorna a Parigi e riprende la sua attività professionale mantenendo sempre stretto il legame con l’Oriente. Più volte vi fa ritorno, creando occasioni di incontro e di scambio, scrivendo; traducendo una parte dello spirito giapponese nel proprio modo di progettare e di interpretare le cose del mondo. Le sue riflessioni evidenziano l’interesse per tutti quegli aspetti considerati “moderni” che caratterizzano le abitazioni tradizionali e affascinano lei come molti altri suoi colleghi. Cinquanta anni più tardi, nel 1993, si ripresenta per lei un’altra importante occasione di confronto con la cultura orientale. Si tratta di realizzare una “Casa del Tè” all’interno del Festival Culturale del Giappone organizzato a Parigi dall’UNESCO. Intento di questa manifestazione, curata da Hiroschi Teshigahara, è di sviluppare il dialogo tra culture al fine di creare un luogo universale di scambio, dimensione questa − evidenziano gli organizzatori − più che mai necessaria oggi. Un invito a celebrare il rito dell'ospitalità, il piacere della creatività, la ricchezza del dialogo multiculturale. Perriand interpreta in chiave contemporanea la tradizionale Casa del Tè giapponese. Il piccolo edificio che realizza ha una pianta circolare ed è composto da una struttura costituita da diciotto bambù freschi che convergono al centro, sovrastati da una vela (mylar) in uso nella nautica, leggera ma resistente. In parte andata distrutta da una grande nevicata nel 1996 questa piccola ma significativa opera rappresenta una sorta di preghiera: «uno spazio per meditare e sognare una nuova età dell’oro, tanto attesa, tanto sperata…» come la stessa Perrinad annota.
Tra le sue numerose opere di design e di architettura si ricorda anche la stazione di sport invernali Les Arcs in alta Savoia (1967-1982) realizzata da un gruppo di progettazione (responsabile l’architetto Roger Godino) composto da architetti, ingegneri e urbanisti di cui Perriand è la coordinatrice. Questo progetto, che prevede edifici a 1600, 1800 e 2000 metri d’altitudine, intende offrire in tempi brevi e a costi accettabili strutture adeguate per il tempo libero e lo sport di massa. Un omaggio ben riuscito ad un’altra sua passione: la montagna. Responsabile dell’archivio di Charlotte Perriand a Parigi è oggi Pernette Perriand che per più di 20 anni ha fatto da assistente alla madre.
Charlotte Perriand, Io, Charlotte tra Le Corbusier, Léger e Jeanneret [trad. it. Editori Laterza, 2006]
Gisella Bassanini, L’arte di costruire, l’arte di abitare. Il progetto domestico nell’opera di Charlotte Perriand, Ricerca post-dottorato, Politecnico di Milano, 1998
Gisella Bassanini, Charlotte Perriand (1903-1999), in G. Bassanini e R. Gotti (a cura di), Le architettrici, in «Parametro«, (rivista internazionale di architettura e urbanistica), numero monografico 257 maggio-giugno 2005, pp. 30-35
Charlotte Benton, Charlotte Perriand, Modernist Pioneer, Catalogo della mostra, Design Museum, London, 1996
Mary McLeod (a cura di), Charlotte Perriand. An Art of Living, Harry N. Abrams Inc., New York, 2003
Michele Porcu e Attilio Stocchi (a cura di), Charlotte Perriand, testi di Charlotte Perriand, Rodrigo Rodriquez, Gisella Bassanini, Marco Ferreri, Enrico Morteo, tratto dalla conferenza di C. Perriand tenuta alla Triennale di Milano, 19.11.98, Oltremano 03, collana della Triennale di Milano, distribuzione Edizioni Charta, Milano, 2000
Sul sito del Museo del Design di Londra
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Charlotte Perriand, gennaio 1991. Autore Robert Doisneau. Immagine in pubblico dominio. Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication
Seconda immagine: Chaise longue basculante (detta Tokyo) di Charlotte Perriand, 1940. Foto di Jean Pierre Dalbéra, fonte Flickr. CC BY 2.0
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023