Inizio oggi, io, Cecilia Cesi a scrivere le mie memorie, è un po' tardi però ho già scritto molti episodi della mia vita che inserirò in questa raccolta presa nel miglior modo possibile nelle molte domeniche della mia esistenza, può sembrare un modo assurdo stravagante però molti avvenimenti importanti lieti e tristi sono annotati di domenica scriverò anche di domeniche scialbe e piatte; perché in esse ritroverò una scintilla lucente a un frammento opaco e tormentato della mia vita.

È così che inizia, il 12 agosto 1979, la pianista Cecilia Cesi, all’epoca 78enne, a scrivere le sue memorie; fa poi rilegare queste pagine e le regala alle persone più care. Alla fine della sua vita, trova così il modo per raccontare, a sé stessa e agli altri, la sua vita iniziata “alla grande” e poi costellata da tante contrarietà che hanno buttato il suo futuro, che si presagiva radioso, dietro le spalle. Suo padre era il compositore e pianista napoletano Napoleone Cesi (Napoli, 1867- Napoli, 1961), primogenito di Beniamino Cesi (Napoli, 1845 – Napoli, 1907) a sua volta allievo del pianista Sigismund Thalberg (Paquis, 1812 – Napoli 1871), virtuoso della tastiera, rivale di Liszt, fondatore della Scuola pianistica napoletana.

Cecilia si rivelò presto un enfant prodige. Il debutto avvenne nel 1908, nella Sala Romaniello del circolo musicale fondato nel 1889 dal pianista Vincenzo Romaniello, allievo di Ernesto Coop e di Paolo Serrao, che aveva sede nel Rione Amedeo, nuovo quartiere della Napoli-bene. Cecilia aveva solo 6 anni e suonò in modo sublime il Concerto in re di Mozart per pianoforte e Orchestra ad archi. A 8 anni, la piccola si esibì alla più impegnativa Sala Maddaloni, la Sala della Musica per eccellenza della Napoli dello scorso secolo, con musiche di Händel, Scarlatti, Beethoven, Martucci, Napoleone Cesi, Palumbo, Esposito. Il competente pubblico applaudì, incredulo che quelle manine fossero già così veloci e sciolte nei passaggi più arditi come quelle di un artista con molti anni di tecnica e di studio. Il palcoscenico di Napoli era prestigioso e la fama della piccola si diffuse in un attimo: concerti al Conservatorio Verdi di Milano, al Conservatorio Bellini di Palermo e inviti ad esibirsi nelle ville della più importante e colta aristocrazia, tra cui quello della nobildonna e mecenate Donna Francesca Florio. Di lì a Roma fu un passo.

A dodici anni Cecilia suonò al Teatro Costanzi di Roma, oggi Teatro dell'Opera. Il programma: Bach, Händel, Chopin, Liszt e due composizioni inedite del padre Napoleone Cesi. Un trionfo di cui parlò tutta la città. Cecilia, acclamata e con un cognome famoso, raccolse omaggi e inviti per averla come ospite nelle più importanti dimore romane. La principessa Nadine Helbig, pianista di origini russe, allieva di Clara Schumann, amica personale di Franz Liszt, Richard Wagner, Edward Grieg, Lev Tolstoj, Anton Rubinštein e Gabriele D'Annunzio, volle che Cecilia si esibisse nella sua sontuosa villa Lante sul Gianicolo e che fosse l’artista principale di uno dei suoi salotti musicali. La nobildonna, al termine della esibizione, propose a Napoleone Cesi di organizzare per Cecilia una serie di concerti in Russia, ma la dolorosa esperienza russa del padre Beniamino, indusse Napoleone a declinare l’invito. Nel modo di suonare della bambina si riconosceva lo stile del nonno come ebbe modo di notare l’anziana Baronessa Beatrice Polverosi, amante di Beniamino Cesi in epoca giovanile. Nella dimora di Giuseppe Napoleone Primoli, discendente di Bonaparte, Cecilia si esibì per un pubblico composto soprattutto dall’alta politica e dal fior fiore della diplomazia; tra questi anche Matilde Serao, amica del conte. Il successo ottenuto fece arrivare alla piccola numerosi inviti per esibirsi oltralpe e si ventilò anche una esibizione in America. Era il 1914: gli eventi bellici mandarono all’aria i programmi, e la trasferta in America fu annullata per il timore dei viaggi oltreoceano della madre di Cecilia, Carla Garruffo, motivato dal recente naufragio del transatlantico Titanic avvenuto nella notte del 14 aprile 1914. Il talento musicale della giovane pianista si consolidò sotto la guida esperta del padre, e questo contribuì all’instaurarsi di un legame speciale tra loro che li aiutò a sostenersi a vicenda nell’affrontare la grave depressione che colpì la madre di Cecilia.

Ad un certo punto la vita di Cecilia Cesi cambiò in modo repentino: il matrimonio con l’agronomo Ettore Lamberti fu felice per troppo poco tempo; la gioia della nascita delle due figlie, Pia, nel 1937, e Diana, nel 1939, entrambe con precoci doti pianistiche, fu funestata dal dolore per la perdita, all’alba del 1949, della primogenita, a soli 11 anni, per ileotifo; le continue difficoltà economiche a cui dover far fronte; l’orrore per la violenza subìta; lo strazio per le conseguenze; il rimpianto di non aver potuto seguire la sua carriera concertistica. Cecilia però seppe affrontare le avversità. Nell’immediato dopoguerra, in tempi che definire duri è riduttivo, soprattutto per una donna, si separa dal marito. Fa fronte con le sue sole forze persino alla costruzione di una tomba per la primogenita: Cecilia non se lo può permettere, non ha i soldi, e allora organizza un concerto con il dichiarato intento, senza imbarazzo e con una fermezza che solo una madre può avere, di raccogliere fondi per erigere alla figlia una piccola ma decorosa tomba nel cimitero di Napoli. 400 lire il prezzo del biglietto per il concerto, e Napoli accorse. La tomba fu eretta ed è a pochi passi dal mausoleo di Sigismund Thalberg, maestro di suo nonno, da cui tutto era cominciato: la vita ha strani intrecci e inaspettate topografie.

La dignità e il senso dell’impegno che le aveva inculcato il padre Napoleone la spinse a non mollare mai e così a scoprirsi e a inventarsi maestra di pianoforte, soprattutto per i bambini che si affacciavano alla musica. La buona borghesia napoletana affidò a Cecilia Cesi i propri pargoli per instradarli ad una educazione musicale che rientrava in quello che un tempo era la “preparazione” generale per “stare al mondo” tipico dell’ ‘800 e di una parte del ‘900.

Cecilia chiude per sempre gli occhi il 30 ottobre 1984, ma la musica è passata1 ... e il gene della musica da Cecilia è “filtrato” a sua figlia Diana Lamberti Causa, brillante pianista e docente di piano, e da lei ai suoi tre figli, Pasquale Luigi (Palù), pianista dilettante, Ettore, noto violista, uno dei più talentuosi strumentisti ad arco del nostro tempo che insegna alla Yale School of Music, e Carlo, docente di violoncello.

Note


1 "La mia banda suona il rock", brano di Ivano Fossatii


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Cecilia Cesi

Cecilia Cesi, Memorie inedite, dattiloscritto.




Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024