Castelloza, una delle più note Trovatore, nacque intorno al 1200 e fu originaria dell’Alvernia. La vida dice: «La signora Castelloza fu dell’Alvernia, una nobile signora, moglie di Truc di Mairona. Amò Arman di Brion e compose le sue canzoni per lui. Era una signora molto allegra, assai istruita e bellissima. E qui sono riportate alcune delle sue canzoni» (Margarita Egan, Les vies des troubadours, Union Générale d’Editions, Paris, 1958, pp.64-65).
La personalità di Castelloza è molto diversa da quella della Contessa di Dia: nei suoi versi esuberanti e rigogliosi, nella scioltezza e abbondanza del suo canto Castelloza gioca a tutto campo la propria libertà e signoria. La canzone Amico, se vi trovassi cortese è una lunga e rabbiosa requisitoria poetica, non priva di insulti, contro l’uomo amato, nella quale si alternano suppliche a minacce, un monologo-dialogo conflittuale con l’uomo, in cui i moti interiori e l’interlocuzione sono strettamente intrecciati; il procedere dell’esplicitazione dei sentimenti contrastanti segue un moto apparente, un avanti e indietro che ha l’andamento delle onde del mare e, nelle sue ricorrenti contraddizioni, ha le caratteristiche dell’odi et amo.
Castelloza, col suo comportamento, sa d’essere controcorrente e lo afferma fieramente: non le importa di incorrere nella disapprovazione sociale, ma di affermare il proprio volere e piacere. Nel cantare di Castelloza c’è la profonda consapevolezza, propria di molte altre Trovatore, che l’amore è sempre impregnato di sofferenza e che il sollievo si trova solo nel sonno o nella morte.
Non dovrei più desiderar cantare è una canzone dolente, nella quale la poetessa, abbandonato l’accento aggressivo, si effonde nel lamento per la trascuratezza dell’amato, nel rammarico per la propria inferiorità, nel tormento della gelosia. Al termine vi sono due commiati: Castelloza, nel primo si rivolge a una donna, Madonna Migliore, nella quale ripone fiducia, per confessarle, forse domandando un giudizio, che lei ama sempre chi le procura dolore e un altro a Bel Nome, l’amato, per dirgli che non si pente affatto di amarlo, anche se è indegno, perché lei è comunque cosciente del proprio valore.
Anche Siete stato a lungo lontano è una canzone accorata, dove Castelloza, con toni dolci e appassionati, si duole della lontananza da lei del suo bene, nonostante la propria fedeltà e costanza; viceversa, anche se si è comportato male, il cavaliere, al suo ritorno, troverà sempre buona accoglienza. Sono le incongruenze dell’amore.
Per quante gioie Amor mi possa dare esala il respiro dell’anima; la poetessa dipinge alla perfezione gli stati d’animo contrastanti che caratterizzano l’amore, qualunque amore, di cui lei è conoscitrice indiscussa; qui la passione amorosa di Castelloza trascolora da un estremo all’altro: vuole lasciare l’amato, ma contemporaneamente vuole che le stia vicino, vuole morire, ma prega il cavaliere di tenerla in vita con il suo sguardo! Tanto immenso è il suo amore che accetta che il cavaliere ami anche un’altra, purché non faccia mancare a lei del tutto la sua presenza. Gli ultimi versi prorompono in un grido di passione e si sciolgono in accenti di rara intensità e bellezza.
«Oh Dio voglia che tra le mie braccia posiate,
che solo voi mi potete far ricca.
…
Ricca sarei, sol che ricordaste
di raggiungermi
laddove io possa baciarvi e stringervi,
e possa rinascere
il cuor mio..»
Voce pubblicata nel: 2012
Ultimo aggiornamento: 2023