Nasce il 22 aprile 1906 a Saulxures-sur-Muselotte, un paese vicino a Strasburgo in Francia, da Ernesto e Giuseppina Mathieu.

In una data imprecisata sposa Angelo Bassis e dalla coppia nascono due figli: Angelina (1927) e Pietro (1928). Con la famiglia risiede a Milano, in via Odazio al civico 6, in zona Giambellino. Di professione tessitrice, dal 24 aprile 1941 lavora alla Fratelli Borletti di Milano in via Washington. Viene licenziata il 29 marzo 1943 in seguito agli scioperi che agitano il mondo operaio, nei quali è coinvolta come sabotatrice ed esponente della propaganda antifascista tra le compagne di lavoro.

Alle Officine Borletti lo sciopero era, infatti, iniziato il 25 marzo alle ore 10. A dare il “via” erano state le donne del reparto spoletteria. Non si accontentavano di cessare di lavorare: esse manifestavano rumorosamente i motivi del loro sciopero “Basta con la miseria! Scioperiamo tutti! Vogliamo vivere in pace! Vogliamo il caro-vita! – si riferisce a un sussidio relativo al carovita ndr – Vogliamo l’aumento delle razioni base di viveri”. Fatta arrestare, trascorre il mese di aprile di quell’anno a San Vittore, prima di essere liberata a maggio 1943.

Dopo l’Armistizio resta in contatto con il mondo operaio antifascista, specialmente femminile, della Borletti, dove le operaie sono organizzate nei Gruppi di difesa della Donna, gruppi di donne sorti spontaneamente allo scopo di creare un movimento di massa trasversale, cui donne di ogni ceto sociale, fede religiosa e tendenza politica potessero unirsi, sempre nei limiti della clandestinità, per combattere il nazifascismo. Un suo collega di lavoro la ricorda così:

“E poi ricordo bene la Thomas Carlotta che, purtroppo, non ce la fece. Era una delle figure determinanti del settore macchine automatiche. La Thomas Carlotta era un’impiegata che con molta abilità riusciva a giustificare l’assenza di alcune figure uomo o donna che fossero (le donne spesso dovevano uscire dalla fabbrica per stampare i volantini, distribuire la stampa): loro risultavano sempre presenti in fabbrica; questo è il grande merito che ha avuto questa donna nell’ambito delle formazioni partigiane”

Tra febbraio e marzo 1944 viene inquadrata formalmente dal Comitato Lombardo nella Formazione Clandestina del Corpo Volontari della Libertà. È nuovamente protagonista, questa volta dall’esterno della fabbrica, dei grandi scioperi del marzo 1944. Le donne partecipano in massa e molte di loro vengono organizzate proprio dai Gruppi di Difesa della Donna. Alla Borletti, dove le maestranze sono prevalentemente femminili, lo sciopero è riuscito, ma Carlotta, insieme ad altre 15/16 operaie della Borletti, viene arrestata. Per ottenere il loro rilascio viene organizzato un altro sciopero di protesta. Molte sono liberate, ma Carlotta resterà in carcere. Ricorda Enrichetta Bartesaghi, operaia al reparto spolette della Borletti:

“Ricordo che, durante lo sciopero del ’44, sono arrivati i fascisti in fabbrica, ci hanno caricato sulle camionette e ci hanno portate a San Vittore. Siamo scese e li abbiamo visti con i mitra, che ci urlavano perché avevamo fatto sciopero”.

Da San Vittore il gruppo di donne viene trasferito alla caserma San Fedele, essendo San Vittore al completo per via delle retate seguite agli scioperi. Poi di nuovo a San Vittore e quindi trasferite al carcere di Brescia, dove, probabilmente con il trasporto n.33 del 4 marzo 1944, le donne non rilasciate sono deportate a Mauthausen, via Innsbruck.

Ricorda sempre la Bartesaghi:

“Con un camion siamo andate alla stazione e lì c’era un treno pieno di vacche e noi siamo salite dopo che avevano fatto scendere le vacche. Non siamo andate subito a Mauthausen, ma prima siamo andate a Innsbruck. Dopo siamo andate a Mauthausen. Ci hanno messe in una cella, ci hanno portato via tutto e ci hanno tagliato i capelli e ci hanno portato via i vestiti e non potevamo dire niente perché ci bastonavano. E lì abbiamo cominciato a piangere. Ci hanno messo un vestito rigato e ci hanno messo in una cella, 7 o 8 persone e ci hanno messo il numero sul braccio”.

Non c’è traccia della registrazione della Thomas a Mauthausen, ma risulta invece Enrica Bartesaghi, registrata in ingresso il 13 aprile del 1944, nella categoria “politici”. Le prigioniere vengono quindi trasferite ad Auschwitz e qui viene assegnato loro anche il numero, tatuato sull’avambraccio sinistro: Carlotta avrà il n.78985.

Verso la fine del 1944, con l’avanzata dei carri armati sovietici da est, il campo di Auschwitz viene evacuato. Carlotta Thomas è inviata a Bergen Belsen, in Germania, dove, secondo la testimonianza di un’altra sua compagna della Borletti, Teresa Pellicciari, muore di tifo il 10 aprile del 1945. Il nome di Thomas Carlotta Regina è inserito nella lapide collettiva dei caduti in Piazza Tirana, Milano. Era inserito anche nella lapide collettiva dei lavoratori e lavoratrici caduti della Borletti in Via Washington 60 a Milano, dove c’era lo stabilimento.

Dal 7 marzo 2024 è inciso nella pietra di inciampo posta davanti al numero 6 di via Odazio a Milano, dove lei abitava.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Carlotta Regina Thomas Bassis

Annali: studi e strumenti di storia metropolitana milanese, volume 4, p. 345, Milano, Franco Angeli, 1995 

Giovanna Gulli, Tommaso Lana, Le lavoratrici e i lavoratori della Borletti: storie di vita,  2005 

Ricompart
, fondo Archivio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani, che conserva la documentazione prodotta dalle Commissioni istituite nell’immediato dopoguerra (1945 e 1948) e dalla Commissione unica nazionale istituita nel 1968. Il fondo archivistico era conservato presso il Ministero della Difesa, che lo ha versato all’Archivio Centrale dello Stato negli anni 2009-2012


Marco Pirina,
1943-1945: donne nella guerra civile italiana, Centro Studi e Ricerche Storiche Silentes Loquimur, 2008 


Sito ANPI Provinciale di Milano, Memoria - i partigiani caduti di Milano e Provincia, link

https://anpimilano.com/memoria/



Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024