Carla Melazzini nasce nel 1944 a Sondrio, in Valtellina, in una famiglia di impronta cattolica e antifascista. È l’ultima dei cinque figli di Michele Stefano Melazzini e di Anna Fabbri. Il padre, giornalista e banchiere, è uomo impegnato negli studi teologici e nell’attività sindacale e politica, ricoprendo anche il ruolo di segretario provinciale della Democrazia Cristiana; la madre, Anna Fabbri, è maestra elementare.
Due delle sorelle di Carla lasciano la Valtellina per seguire progetti di solidarietà: Giovanna, che fa parte di della comunità delle Piccole sorelle di Gesù, si stabilisce in Giappone per aiutare i più poveri e gli emarginati; Luisa parte per il Perù con una missione dove si occupa degli indios quechua.

Sono i primi anni Sessanta quando anche Carla se ne va da Sondrio: ha superato il concorso di ammissione, estremamente selettivo, per frequentare il corso di Filosofia alla scuola Normale di Pisa.
La didattica è estremamente tradizionale, molto distante dalle trasformazioni politiche e sociali di quel periodo. Nonostante il prestigio della Normale, Carla si scopre insofferente nei confronti di un’istituzione così poco permeabile alle istanze del mondo e sceglie, come pochi altri prima di lei, di proseguire altrove la propria formazione.

Carla rimane a Pisa fino ai primi anni Settanta. Qui respira e vive le contraddizioni di una città universitaria e operaia, pulsante di cultura e di tensioni politiche. Le disuguaglianze economiche e sociali sono evidenti. Ed è qui che gli interessi e le passioni di Carla trovano il loro sbocco naturale nella militanza attiva, prima nei movimenti studenteschi e poi in Lotta Continua dove, con Marco Boato, Cesare Moreno, Adriano Sofri e altri, fa parte del direttivo.
L’impegno politico e sociale di Carla si esprime con azioni volte a garantire una maggior partecipazione democratica, a contrastare la visione culturale esclusiva del sistema accademico tradizionale, a condividere le lotte operaie del territorio e a creare inclusione sociale.

Nel 1971 Carla e suo marito Cesare Moreno lasciano Pisa e si trasferiscono a San Giovanni a Teduccio, un quartiere della periferia est di Napoli. Qui nasceranno i due figli della coppia: Giuseppe, il primogenito, e Lucia.

Vivono in una casa semplice e bella, proprio sul corso San Giovanni a Teduccio. Una casa antica (…) con un giardino sul retro dove Carla passa gran parte del tempo, e senza il quale, dice, non si sarebbe mai rassegnata a vivere in città, perché lei è una ragazza di campagna. Quando è arrivata qui, con quella figuretta sottile, i pantaloni e i capelli corti, si è guadagnata un soprannome che usano perfino i suoi alunni, ‘a Svezzesa, contaminatio napoletana fra “svizzera” e “svedese”, che qui si dice “svedesa”.
(Paola Tavella, Gli ultimi della classe, Mondadori)

A Napoli impegno e pratica politica di Carla si concretizzano in molte iniziative indirizzate ad ascoltare i bisogni di chi vive e cresce ai margini. A Montesanto, nel centro storico di Napoli, con altri attivisti di Lotta Continua organizza e gestisce la Mensa dei Bambini Proletari. Oltre a fornire pasti caldi ai bambini e alle bambine dei rioni dove è forte la presenza criminale, la mensa propone laboratori pedagogici. Qui si mangia e si fa musica, si cucina e si dipinge, si imparano le regole della condivisione e della fotografia. L’esperimento attira l’interesse di molti intellettuali e artisti dell’epoca, nei locali della mensa a vico Cappuccinelle passano Carlo Cecchi, Goffredo Fofi, Elsa Morante e Fabrizia Ramondino. La Mensa dei Bambini Proletari è uno dei primi esperimenti di scuola senza pareti, un luogo dove la fame di cibo e la fame di sapere si curano insieme. Qualcuno parlando di questa storia l’ha paragonata alle storie di Dickens, aggiungendo che «Il progetto politico era chiaro: tamponare l'emergenza cibo e aiutare i piccoli a vivere la loro infanzia».

Come insegnante Carla sceglie di lavorare in contesti dove l’abbandono scolastico è altissimo, i bienni degli istituti professionali di periferia. Proprio per contrastare dispersione e povertà educativa, nel 1998 diventa una delle principali artefici del progetto “Chance” dei "maestri di strada”, nato per offrire un’altra opportunità a chi è stato espulso dalla scuola dell’obbligo, aiutandolo a riprendere il percorso scolastico. Negli spazi “Chance” i ragazzi e le ragazze affrontano percorsi personalizzati, si cimentano in attività di gruppo e in laboratori artistici, fanno escursioni sul territorio, vengono coinvolti in progetti di orientamento e imparano a riconoscere e a riscoprire quelle risorse che la scuola tradizionale aveva cancellato.

Primavera 2000, Napoli. Intorno al cratere del Vesuvio, l’attenzione di alcuni turisti è attratta da una ventina di ragazze e ragazzi, accompagnati da adulti.
I ragazzi parlano con voce sguaiata, fanno scherzi volgari, pericolosi.
Un turista si avvicina a uno degli adulti e, con atteggiamento comprensivo, gli chiede se si tratti di uno «psychiatric asylum».
«No, sir» risponde flemmatico l’altro «it is an experimental school».
«I see, I see».

(Carla Melazzini, Insegnare al principe di Danimarca, Sellerio)

L’esperienza “Chance” dura 11 anni, durante i quali centinaia di ragazze e ragazzi si preparano per la licenza media. Adolescenti e pre-adolescenti che vengono da situazioni disastrate e che vivono in quartieri in cui si respira paura e disagio in questa “scuola” trovano rifugio, ascolto, accoglienza, protezione. Il progetto “Chance” viene disattivato nel 2009 senza una spiegazione, ma a raccoglierne l’eredità è già pronta l’Associazione Maestri di Strada onlus, nata nel 2003 grazie a una donazione del Presidente della Repubblica Ciampi.

Le storie, gli scritti, le riflessioni che accompagnano gli anni del progetto “Chance” sono raccolte nel libro “Insegnare al principe di Danimarca” pubblicato nel 2011 da Sellerio e curato da Cesare Moreno.

Un insegnante di media cultura e umanità è presumibilmente disponibile a commuoversi sul dramma del giovane principe di Danimarca, e a riconoscere le ragioni dei suoi atti, anche i più estremi. Ma quanti insegnanti sarebbero disposti a riconoscere la stessa legittimità ai sentimenti di un adolescente di periferia che vive il tradimento della propria madre con l’intensità e la consequenzialità del principe Amleto? Si racconta qui l’apprendistato di un gruppo di insegnanti di media cultura ed umanità per conoscere le periferie della città e le periferie dell’animo degli adolescenti, cercando di stabilire con loro un dialogo educativo e di vita.
(Carla Melazzini, Insegnare al principe di Danimarca)

Dal 1994 al 2008, Carla Melazzini collabora con la rivista mensile di interviste “Una città”, nata nel 1991 a Forlì dall’intenzione di discutere senza pregiudizi di temi politici, sociali, culturali e ambientali. La anima quell’impegno a domandare che per Carla era cominciato, come ricorda il suo compagno Cesare Moreno, negli anni in cui erano emerse le contraddizioni tra sogni e pratiche, che avevano portato al tramonto della lotta politica e del sogno rivoluzionario.
Articoli e interviste di Carla sono tutti accessibili sul sito di “Una città”.

Il 14 dicembre 2009, Carla muore a Napoli dopo una lunga malattia. Cesare Moreno, poche ore dopo, scrive un ritratto di Carla:

Carla, maestra di strada e nostra maestra se ne è andata. Abbiamo fatto il nostro ultimo bagno di mare il 28 agosto, al mattino presto perché non poteva prendere il sole forte a causa della chemioterapia, quando la spiaggia è deserta, il cielo pallido, il mare piatto appena increspato da onde minute che si infrangono in silenzio. Bastava questo a farla stare bene, a farle dimenticare preoccupazioni e fatiche, la malattia. (…) La morte di Carla è come la morte di una pianta millenaria, muta e immobile testimone di avvenimenti che nella sua prospettiva sono effimeri e insieme nutrita da quanto le accade intorno, dal passare delle stagioni, dal calore del sole, dalla forza della terra. Quando muore una simile pianta per molto tempo niente cresce nei solchi un tempo occupati da radici vitali, ma col tempo tutto si trasforma in nuova linfa vitale. Io spero per noi che questo accada e che quanti le hanno voluto bene possano continuare a nutrirsi della sua forza.

Cesare

Nel 2017 a Sondrio viene intitolata a Carla Melazzini la scuola dell’infanzia dell’Istituto Comprensivo Sondrio Centro. Nel 2022 le viene intitolata la scuola di formazione “Maestri di strada onlus”.

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Fonti, risorse bibliografiche, siti su Carla Melazzini

Carla Melazzini, Insegnare al principe di Danimarca, Sellerio, 2011.

Paola Tavella, Gli ultimi della classe. Un anno con i ragazzi e i maestri in una scuola di strada a Napoli, Mondadori, 2007.

Aldo Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione. 1968-1978: storia di Lotta Continua, Mondadori,1998.

Sito del mensile «Una città»

Sito della Fondazione Melazzini

Sito dell'Associazione Maestri di Strada

Adriano Sofri, I Maestri di strada che curano le ferite di chi vive nelle periferie di Napoli, in «Il Foglio», 2023, disponibile qui.

Claudio Giunta, Insegnare in contesti difficili: il ruolo della scuola secondo Carla Melazzini, in «Il Foglio», 2022, disponibile qui.

Alessandro Chetta, La Mensa di Montesanto? Storie da Dickens, in «Corriere Napoli», 2013, disponibile qui.




Voce pubblicata nel: 2025

Ultimo aggiornamento: 2025