Carla è una bella ragazza dallo sguardo vivace e dal carattere deciso, proveniente da una famiglia colta e antifascista. Il 23 marzo 1944, con il nome di battaglia di Elena, è in via Rasella insieme a un gruppo di gappisti. Rosario Bentivegna, suo compagno di lotta e di vita, travestito da spazzino ha portato in un carretto la bomba, confezionata per attaccare la colonna di polizia tedesca che ogni giorno passa di lì. L’esplosione è terrificante. Molti militari cadono a terra dilaniati, altri sono assaltati dai partigiani con bombe a mano. Rimangono uccisi trentadue appartenenti all’11° Polizei Regiment Bozen, un altro spira in ospedale. Perdono la vita anche due passanti che i gappisti non sono riusciti a portare fuori dal teatro dell’azione, mentre alcuni civili muoiono, nei dintorni, colpiti da proiettili nazisti.

La rappresaglia è feroce e immediata. Nel pomeriggio del 24 marzo, sotto il controllo del generale Kappler, vengono fucilate alle Fosse Ardeatine 335 persone, prelevate in buona parte dalle prigioni romane. Il Comando tedesco ne dà notizia, con un agghiacciante comunicato, solo a strage avvenuta.

Oggetto di aspre polemiche e di interminabili strascichi giudiziari, l’azione di via Rasella, la più clamorosa della Resistenza romana, è stata definitivamente riconosciuta, nel 1999, come legittimo atto di guerra rivolto contro un esercito straniero occupante e diretto a colpire unicamente dei militari.

Diplomata al liceo Visconti, studentessa in giurisprudenza, dopo l’8 settembre Carla non ha un attimo di esitazione. Già durante la difesa di Roma si prodiga ad aiutare i combattenti, riuscendo a salvare un carrista a Porta San Paolo. Poi, il lavoro con le organizzazioni femminili della Resistenza e l’ufficio informazioni del Partito comunista. La sua casa signorile nel palazzo Roccagiovine, al Foro Traiano, diviene un punto di riferimento per l’attività clandestina.

Ma tutto questo, che pure non è poco, a Carla non basta. Sente che per abbattere definitivamente il nazifascismo c’è bisogno di un impegno totale. Decide così di abbandonare famiglia, affetti, sicurezze per entrare in clandestinità. Insieme a Marisa Musu, Lucia Ottobrini e Maria Teresa Regard, è una delle quattro ragazze dei Gap romani, i Gruppi di azione patriottica guidati da Antonello Trombadori, Carlo Salinari e Franco Calamandrei.

Consapevole di rischiare ogni giorno la propria vita in una guerra impari nei mezzi militari ma forte negli obiettivi. Anche nei Gap non è tipo da accettare un ruolo subalterno. Per rifiutare la funzione di semplice appoggio in cui inizialmente l’organizzazione confina le donne, si procura di propria iniziativa una pistola, sottraendola su un autobus a un milite della Guardia nazionale repubblicana (GNR), la polizia militare della Repubblica sociale italiana. Per la sua partecipazione in prima persona, armi in pugno, a numerose azioni contro fascisti e tedeschi la coraggiosa “inglesina” avrà la Medaglia d’oro al Valor militare. Il 9 marzo, in via Claudia, incendia da sola un camion tedesco carico di fusti di benzina. Poi, per non essere riconosciuta, decide di tingersi i capelli di nero.

Sul campo di battaglia Carla dimostra sempre la determinazione di chi sa con chiarezza da che parte stare, però il coraggio non attenua il peso di un drammatico tormento interiore che la accompagna nella lotta. Non è facile, per chi è dalla parte della vita e dei diritti umani, infliggere la morte. Ma non c’è scelta, in una città devastata dal fascismo, dai bombardamenti, dall’occupazione nazista. Scampata con una rocambolesca fuga all’arresto, viene inviata nella zona di Palestrina, dove diviene, fino alla liberazione di Roma, vice comandante di una formazione partigiana che pratica la guerriglia nelle retrovie tedesche. Nonostante i diversi anni trascorsi in sanatorio, a causa di una malattia provocata dalla fame, dal freddo, dagli stenti e dalle vicissitudini della guerra e della vita clandestina, Carla Capponi non ha mai pensato di adagiarsi sugli allori del proprio passato da partigiana. Così, fino agli ultimi anni, trascorsi nella casa della figlia a Zagarolo, prosegue un intenso impegno politico e sociale. Consigliere comunale e parlamentare del PCI, a lungo si dedica, con impegno e passione, al risanamento delle borgate, coordinando l’impegno delle donne nelle periferie romane.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Carla Capponi (detta Elena)

Marina Addis Aaba, Partigiane. Le donne della Resistenza, Milano, Mursia 1998

Carla Capponi, Con cuore di donna, Milano, Il Saggiatore 2000

 

Enzo Piscitelli, Storia della Resistenza romana, Bari, Laterza 1965

Referenze iconografiche: Carla Capponi nel 1970. Fonte: dati.camera.it  Creative Commons Attribution 4.0 International license.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023